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ITALO VALENT

Verso la Festa
In ricordo di Italo Valent


L'amico Apollodoro.

"Ehi! Apollodoro, non aspetti?". "Io mi fermai e l'aspettai" [172, a].

Riconosciuto e richiamato Apollodoro arresta il passo. Si ferma: accetta di farsi raggiungere, accondiscende a un incontro imprevisto. E aspetta. Si ferma per attendere; cioè, sta fermo per tendere a... Tendere alla curiosità altrui reclama fermezza. Apollodoro, imminente narratore di narrazioni che rievocano le più ardenti ubriacature filosofiche, si lascia raggiungere dalla chiacchiera di strada.

Il convegno.

"Ti stavo cercando per domandarti di quel convegno di Agatone, Socrate, Alcibiade... e per sapere quali furono i loro discorsi sull'amore" [172, a-b].

L'oggetto della curiosità dell' amico di Apollodoro è un "convegno". In greco, qui: "synousia". Il termine, reiteratamente impiegato come sinonimo di "symposion" o "syndeipnon", insiste come gli altri due sull'idea del "con", "insieme"(syn-). Allude tuttavia a un più ampio ambito e genere del condividere: quello universale dell' "essere". Synousia, alla lettera: "con-essere", "con-essenza", "con-sostanza". Ovvero: una consustanzialità che si rivela nella commensalità; e una commensalità che, a sua volta, compendia al meglio la consustanzialità. Se il banchetto appare visibilmente un'espressione eccellente dell'esser-'insieme' (tant'e che vi si svelerà il segreto prodigio dell'amore, della verità come amore), l'esser-'insieme' nel mangiare e bere appare di soppiatto l'espressione eccellente dell' "essere". Intanto, tra i convenevoli e le curiosità, anche Apollodoro e gli amici hanno cominciato a stare insieme. Ci si risolve a stare insieme per domandare e rispondere di un altro stare insieme. La synousia è già all'opera in tutta la sua potenza, nel suo avvitamento più silenzioso.E' una potenza improduttiva (alcuni convengono per rappresentare nient'altro che occasioni del convenire altrui, nelle quali si discute di nient'altro che del convenire: e il convenire e il metaconvenire convengono tra loro, si confondono).

La distanza.

"Quando sento certi altri discorsi di filosofia e specialmente i vostri, di voi danarosi e affaristi, mi adiro e vi compiango, voi amici, perchè credete di fare qualcosa e non fate nulla" [172 c].

Strano. Dietro la professione d'amicizia ('voi, amici'), che è forma eminente dell'esser-insieme, spunta subito la distanza. E' la denunciata differenza tra l'ambito di chi nella meraviglia indugia e di chi, invece, procede di meraviglia in meraviglia. Qualcuno accumula meraviglia come accumula denaro, e viceversa. Ma nel denaro, come nella brama che lo muove, s'insinua già lo scarto, il conflitto. Gli avidi amici di Apollodoro credono di fare ma non fanno nulla, (Come si può 'fare'? Che cosa si potrebbe 'fare' senza cadere nel 'credere' di fare? E che cosa si potrebbe volere e voler 'fare' che non ricada nel nulla?).

La complicazione.

"E' forse voi, a vostra volta, mi giudicate un disgraziato e credo che voi crediate il vero: però di voi io non lo credo, ma lo so con certezza" [172 c-d].

Un piccolo sorso speculativo da quel torbido magico che e l' "esser-insiemc". C'è qualcosa che Apollodoro dice di "sapere" (l'infelicità degli amici), e sapere secondo verità, al di la di ogni incertezza, di ogni apparenza o credenza; invece, in qualcosa d'altro "crede" (nell'infelicità che gli amici credendovi, gli attribuiscono). Il colmo è che sembra possibile "credere il vero" (ciò che di lui credono gli amici, cioè che è infelice), e dunque riconciliare, dentro l'apparenza, con la verità. Ma il nodo si stringe: e se, come scappa detto ad Apollodoro, in questa riconciliazione non si potrà che "credere" ("credo che voi crediate il vero")? Prima una lacerazione, poi un raggiro. Verità e opinione prima si oppongono, poi si rimescolano. Il sapere di Apollodoro si è spezzato in due, si è mutilato, si è confuso. Eppure, insieme, resta. Anzi, dovrà anche già sapere che, insieme, sa e non sa. (Intanto lui e gli amici, pur così distanti, appaiono insieme infelici).

La pazzia.

"Sei sempre lo stesso, Apollodoro... Capisco dove hai preso questo soprannome di pazzo" [172-173].

Si scopre che Apollodoro si è da tempo guadagnato la nomea di pazzo. Pazzo perchè non fa che parlare male di sé e degli altri, a parte Socrate. Non a caso Apollodoro a questo punto socrateggia: accoglie volentieri l'accusa, le dà ragione, e infine la volatilizza. Risponde che è vero, che egli è proprio pazzo a pensare in quel modo di sè e degli altri - dunque sta continuando a parlare di sé e degli altri - dunque non potrà, anche in questo frangente, che parlarne male, confermando la propria pazzia - dunque è pazzo anche a consentire circa la propria pazzia e ad ammettere che gli diano del pazzo. Così, in realtà, questa follia non ha luogo, è una falsa vertigine, uno spettro; nel dileguare essa lascia indovinare ben altre immagini di follia, finora passate inosservate. Per esempio: "credere di credere", "credere il vero", "credere di fare", "fare qualcosa". Di questi e simili spettri, "con cui pure hanno consuetudine piu che con altro" (avrebbe commentato Eraclito), gli amici sembrano non sapere ancora nulla. Adesso Apollodoro è pronto a raccontare del banchetto.

La festa.

"La mia sapienza non è che di poco conto e anche un pò irreale" [175e].

La festa ormai sta per cominciare. Ma il preambolo di stravaganze continua. Socrate si tira dietro Aristodemo recalcitrante perche non è stato invitato. Aristodemo, una volta giunto, scopre di essere il più desiderato tra i non invitati. Agatone, il padrone di casa, gli chiede come mai non abbia portato con se Socrate. Socrate, il più atteso tra gli invitati, intanto è scomparso appena arrivato. Prima di entrare nella compagnia, si apparta a lungo nell'irreale, come folle. Inizio della festa e festa si toccano, si saldano. Gli infiniti e minuti zigzag della synousia si sono carezzevolmente fatti gioco dei prima e del poi, del qui e del lì, degli uni e degli altri.


 

Italo Valent, Verso la festa. (Variazioni sul preambolo del Simposio), in "XÁOS. Giornale di confine", Anno II, N.1 Marzo-Giugno 2003,
URL: http://www.giornalediconfine.net/anno_2/n_1/2.htm

 
   
 
     

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