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MICHELE CUCCU, "PER UN PRIMO GIORNO DI SCUOLA. LETTERA A UNA PROFESSORESSA di A. Pigliaru"

 

M. Cuccu, Per un primo giorno di scuola. Lettera a una professoressa di Antonio Pigliaru, in "XÁOS. Giornale di confine", Anno II, N.1 Marzo-Giugno 2003, URL: http://www.giornalediconfine.net/anno_2/n_1/22.htm

 

Antonio Pigliaru, Professore Ordinario alla cattedra di Dottrina dello Stato presso la facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Sassari, fino al 1969, anno della sua morte prematura. Attorno a lui si raccoglievano un gruppo di discepoli e colleghi che costituivano un cenacolo di cultura e di vita. Tra i discepoli vi era Angiolina A. destinataria della "Lunga lettera", che qui viene presentata, scritta in occasione del suo primo incarico dell'insegnamento di Storia e filosofia in un liceo cittadino. Da una semplice intenzione augurale, d'incoraggiamento con qualche utile consiglio, il biglietto si snoda in vari e diversi momenti che esprimono una intensa riflessione su cosa è la filosofia, ma più ancora, che cosa è la scuola e cosa vuol dire insegnare. La lettera si articola attraverso 26 punti, che non vogliono essere assolutamente concludenti, sono il frutto spontaneo del "comporsi dei pensieri". Questo scritto, di indubbio valore didattico, è significativo della fine sensibilità pedagogica del nostro autore. In questa edizione a stampa la piccola modifica del titolo originale, con l'aggiunta di quel "lettera a una professoressa" che fa da sottotitolo, vogliono essere un omaggio neppure mimetizzato a uno dei maestri che Pigliaru volle scegliersi nel corso della sua vita e del suo magistero.
La "lunga lettera" si apre così "La scuola, come comunicazione di verità e di pensiero all'altra anima è un vero conforto. Il conforto vero è sempre nella vita che si dà e si riceve dalle altre persone. Questa deve essere la radice del conforto che dà la scuola".
La lettera è un esempio di semplicità, comunicativa, allo stesso tempo, di temi di grande attualità e complessità.
Il rischio di facili giochi intellettualistici, facili retoriche sono rischi che Pigliaru è conscio di incorrere. Per lui vale la pena correrli. Il risultato, per chi ha avuto modo di leggere le sue opere e conoscere il suo concreto operare, è senz'altro al di là di ogni semplicistica retorica. Non si tratta di uno scritto destinato al pubblico, si tratta di un messaggio diretto da un'anima verso un'altra anima, nella privatezza del loro rapporto, con tutto ciò che questo massimamente comporta. Di un docente ad una discente che sta per diventare docente. Siamo, quasi proiettati, nel vivo del processo educativo. E' l'esempio concreto di quanto il suo dire sia un dire che è già un fare. Un fare pienamente operativo. Non siamo di fronte ad un'astratta riflessione, ma ad una proficua esperienza riflessiva su argomenti di non facile e semplice trattazione, ma più ancora, di un non facile cimento, come quello della scuola e del rapporto docente-discente. Modello di una concreta testimonianza educativa.
Il dialogo di Pigliaru con l'altro è un dialogo sempre aperto verso l'altro, per l'altro. Aperto alla sua critica, alla sua libera riflessione, anzi vivo stimolo di riflessione per l'altro. Non è un dialogo concludente, conclusivo, non è un insieme di ricette preconfezionate e preordinate. E' "indicare" un percorso, una via. Compito del filosofo è "indicare", proporre, non imporre.
Lasciare che l'altro, nella sua completa libertà e autonomia, scelga e arricchisca quel percorso in quanto suo. Il proporsi di Pigliaru è un proporsi con umiltà, da intendersi come coscienza e consapevolezza dei propri limiti in quanto uomo. Consapevolezza propria di un'autentica onestà intellettuale. Un atteggiamento mentale la cui posizione verso l'altro è sempre non di un più ad un meno, ma di un meno ad un di più.
Sua profonda convinzione è che la monedina dell'alma se pierde si no se da.
L'altro è responsabilità e impegno nel dovere, impegno come responsabilità, responsabilità che è dovere all'impegno.
Queste impostazioni di pensiero, di pensiero in quanto vita, vita operante che è pensiero sono presenti in ogni riga.

L'invito che Pigliaru rivolge, di cui è stato sempre esempio - questa lettera ne è testimonianza - è quello a una costruzione della scuola sempre più a misura d'uomo. Non di un uomo semplicisticamente e naturalisticamente posto, ma di un uomo, di una persona come attività, che è atto partecipativo verso l'altro. Nel contesto della lettera il luogo dove s'incontra l'altro (l'altro nei termini sopra spiegati) è la scuola. La scuola che è e non può non essere che dello scolaro, per lo scolaro. Lo scolaro è attesa che ci attende… perché è da attendere.
Centrale nella scuola è il rapporto tra docente e discente, un rapporto dialetticamente inteso.
L'antiteticità dei ruoli è solo apparente, anzi un rapporto basato sull'antiteticità dei ruoli è propria dell'inautenticità del rapporto. Un rapporto auspicabilmente basato sull'apertura.
L'insegnante, dalla sua iniziale posizione privilegiata, deve essere dono, donarsi all'altro, votarsi all'altro, questo, attraverso un metodo, oltre che di studio, attuato principalmente con l'esempio, esempio come esemplarità dell'azione, propria dell'arte d'un fare che non deve essere, solo un dire (magari un bel dire).
"La scuola siamo noi stessi: è quale noi la facciamo, anzi quale noi ci facciamo". La scuola come luogo dell'amore. L'insegnante come amante che ama ma che non pretende d'essere amato, deve solo amare. L'insegnamento principale da impartire all'alunno è quello d'esser amato, per amare. Amare la vita, amare il prossimo, amare la verità. Un amore non retoricamente inteso, ma inteso come impegno e disciplina, che è impegno per il prossimo. L'esempio fattivo è l'insegnamento come atto d'amore, come offerta di un amore.
Nonostante ciò che s'insegna, spesso, appaia lontano dalla realtà della vita, realtà che è lo scolaro, oltre a ciò che si insegna conta come lo si insegna, il modo come lo si insegna. Senz'altro un modo è quello all'insegna dell'amore. E' un buon modo che dà uno strumento potente per acquisire ciò che si studia… nell'amare ciò che si studia.
Pigliaru sottolinea la necessità di una didattica critica, apertamente e criticamente concreta, contro quella "presupposta, in quanto astratta e meccanica". "Disciplina" e "sorveglianza" contro l'improvvisazione e la ricerca di facili parole volte solo a strappare un applauso.
Tutto ciò che per lo scolaro appare obbligo in realtà è diritto, un diritto a cui deve assolvere il dovere dell'insegnante. L'insegnante, in una scuola burocraticamente organizzata, deve fare il primo gesto, quel gesto, la prima mossa. Lui indirizza il gioco, il gioco che è il gioco della vita, con delle vite, vite che sono vita iniziale da vivere.
L'insegnante non deve essere altro che l'"umilissimo" "servitor" del suo scolaro. L'insegnante deve essere comprensione, comprensione di un fanciullo che è attività, attività creativa e creatrice.
Il suo è un invito ad un impegno nella vita. Vita che è impegno, dovere, responsabilità, prima che verso la nostra, oltre a questa s'intende, verso il nostro prossimo.
La filosofia? La filosofia è vita e pensiero, è vita di pensiero che riflette su se stessa, per meglio comprendersi. Per "capire e guarire" la vita. La filosofia come impegno alla verità, impegno di verità, per la verità, verità che è la vita come verità, nella verità della vita. In questo "sforzo epico" il filosofo ha una sola ambizione, quella "d'esser uomo".
Queste devono essere direttive in base alle quali l'insegnante deve guidarsi per guidare, deve insegnare e imparare esso stesso, deve dare che è un donarsi, per insegnare a dare e donarsi. Tutto questo all'insegna, appunto, sempre dell'amore, della disciplina, dell'impegno, del dovere, della verità, della responsabilità, della vigilanza, dell'apertura critica e autocritica, della fatica. Siamo di fronte ad un circolo? solo in apparenza vizioso, è un circolo che è a spirale, perché è crescita, progresso e arricchimento.
Ma è in quest'ottica che la dualità apparente maestro-scolaro si unifica, i due si fanno uno, e la scuola diviene così realmente scuola d'entrambi. Il contrasto apparente è destinato a svanire, quando il maestro si fa vero maestro, e lo scolaro vero scolaro.
Attenzione questa unificazione non è da intendersi in una omologante unificazione, ma l'unificazione è unificazione di un processo, quello educativo. Le differenze permangono, ma non in quanto maestro e scolaro, ma in quanto persone, attività creative e creatrici.

Questa lettera sarà senz'altro di grande stimolo, che è anche un incoraggiamento, per tutti coloro, che si sono cimentati, che vorranno cimentarsi nella non facile via dell'insegnamento. Certo non sarà disutile anche per noi discenti (tutti, comunque, lo siamo) partecipi di tale esperienza, al fine d'esserne pienamente e consapevolmente partecipativi. In quanto discenti primi protagonisti della scuola, primariamente interessati a ciò che si dice e si fa nella scuola.
Le riflessioni di Pigliaru sulla scuola non si lasciano senz'altro limitare e non si limitano ad un discorso esclusivo per la scuola. E' una riflessione che s'inscrive in quella più ampia dell'uomo, della persona, che è impegno di costruzione e partecipazione attiva di un vero regnum hominis, che è perenne edificazione, edificazione in meglio, come progressivo arricchimento del cuore e conquista di sé, come attività, pensiero, come libertà e buona volontà.
La scuola, come processo educativo, è indubbiamente momento preminente, costitutivo e istitutivo di tale sviluppo integrale dell'umanità stessa dell'uomo.

Che cos'è la filosofia? che cos'è insegnarla? chi è il filosofo? Che cos'è la scuola? Rispondere a tali domande, quindi, è riflettere sull'uomo, sull'uomo come persona. Per una puntuale e precisa spiegazione di ciò che ci suggerisce il nostro autore rimando alla viva lettura delle sue parole.
Quel che ho fin qua scritto è senz'altro limitativo e non esaustivo di ciò che la lettera ha da dirci, e principalmente lascia dire.

Da porre in particolare rilievo non solo gli aspetti contenutistici, anche quelli grafici del presente libro. Viene pubblicata, a fronte del dattiloscritto in forma digitale, la lettera scritta di pugno da Antonio Pigliaru.
Questa veste grafica ci dà la possibilità di cogliere dal vivo della sua scrittura un altro aspetto della figura del nostro autore, non solo ciò che scrive, ma come lo scrive. Aspetti ormai sempre meno presenti in una scrittura maggiormente legata ad una tastiera… sempre più spersonalizzante.

Antonio Pigliaru, Per un primo giorno di scuola. Lettera a una professoressa, Iniziative culturali, Sassari 2002