"Polo, il buco con la menta
intorno" recitava così, qualche lustro fa, uno
spot pubblicitario che sottolineava, come qualità
principale della mercanzia, qualcosa che non c'era e che
veniva esaltato dal prodotto in vendita. Passano gli anni
e cambiano le circostanze ma il lavoro di Giovanni Ferrario
richiama alla mente, disseppellito da una memoria formattata
su schemi da "Blob", proprio l'antefatto citato.
Nella sua serie di lavori dal titolo "Corpi Vegetali"
si vedono immagini, estremamente realistiche, di belle verdure
'Ceci n'est pas une pipe', Magritte docet?
.....
Ferrario sembra sublimare, se
non esasperare, l'aspetto della veridicità dell'immagine.
Scansiona a contatto dello scanner i suoi soggetti e il
prodotto è perfettamente speculare al vero; ma portatrice
della realtà del soggetto è l'essenza organica,
ottenuta tramite la bollitura dell'elemento vegetale in
questione che impregnata sull'immagine riprodotta è
più vera dell'immagine visibile. E' questa la procedura
usata in " " del 1999, dove una serie di sezioni
dell'epidermide di un corpo stampate su carta assorbente
sono state segnate, tramite contatto, col sudore del corpo
della modella stessa.
Nel
ciclo di disegni "Zoo", Ferrario produce una serie
di animali cui manca qualcosa: un coniglio senza un orecchio
ed una zampa, uno squalo senza denti, uno stambecco senza
un corno, un picchio senza il becco. In questi lavori l'elemento
omesso è più evidente di quello rappresentato,
è come guardare dei cerchi prodotti in un specchio
d'acqua e sapere che sono stati prodotti dal lancio di un
sasso: la causa è più presente dell'effetto.
"In
Glup!", serie di grandi scansioni stampate su metallo,
l'immagine di contenitori vuoti di pastiglie è legata
al titolo onomatopeico che richiama il verso del deglutire,
rafforzato dall'assenza delle pillole: il soggetto principale
è quindi spostato rispetto all'immagine visibile.
I farmaci ritornano anche nella
serie di "Oggetti simulati", nelle quali Ferrario
riproduce il contenitore dei rimedi farmaceutici usati dalla
sua famiglia e dai suoi conoscenti. Anche
in questo caso il prodotto è speculare rispetto agli
originali, mutano solo le dimensioni che si fanno minute,
quasi non maneggiabili; unito a questo c'è ovviamente
la mancanza del contenuto: Ferrario agisce qui non come
un autentico falsario ma, meglio, come un grafico il quale,
riproducendo un'immagine veritiera di una banconota su carta
palesemente falsa, omette la scritta fac-simile. A questo
lavoro mancano i principi attivi ma anche gli effetti collaterali,
così questo armamentario farmaceutico e affettivo
è un po' come un miraggio con effetto placebo.
Nella
serie di Effetti personali troviamo ingigantiti oggetti
per la cura e l'igiene della persona: uno spazzolino, fiocchi
di cotone che in una visione pop sarebbero icona della vita
moderna e consumistica ma che per Ferrario entrano nella
logica di un nuovo umanismo sintetico ed asettico.
Nel tessere una trama composita che leghi tutti i lavori
di Giovanni Ferrario, partoriti da un coerente impulso metodologico,
ma eclettici nelle forme, si trova una senso comune nell'obiettivo
che pare essere la costruzione di un diario postorganico:
un lindo corredo privo di pulviscolo sentimentale ma intriso
di sensi e pronto all'uso visivo.
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