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Vilma Torselli, Arte visiva e tecnologie digitali

 

Vilma Torselli, Arte visiva e tecnologie digitali, in "XÁOS. Giornale di confine", Anno II, N.2 Luglio-Ottobre 2003, URL: http://www.giornalediconfine.net/anno_2/n_2/21.htm

 

"In questo periodo storico, nell'arte, è forse più importante la trasmissione extrasensoriale, mentale, perché viaggia al di sopra, e con più significati, della trasmissione sensoriale. Perché è un veicolo di conoscenza, di creatività, di opportunità" (Antonella Sbrilli (1), "Storia dell'arte in codice binario")

L'arte visiva attraversa oggi una profonda crisi di identità che mette alle corde un concetto già di per sé ambiguo, metamorfico, racchiudente una pluralità di significati non necessariamente concordanti, un concetto che muta in continuazione sfuggendo ad una definizione univoca, come l'araba fenice morto e risorto dalle sue ceneri parecchie volte, nel secolo scorso, sotto la spinta innovatrice delle avanguardie europee.
E' una crisi che ha radici lontane, nel concettualismo, nell'arte comportamentale, nella land art, la body art ed in altri movimenti internazionali (ad esempio Hard Edge Abstraction, Pattern Painting, Post Paintery Abstraction o Astrattismo post-pittorico) di impronta intellettualistica marcatamente elitaria, che si diffondono a partire dagli anni '60, quando pare che lo sperimentalismo abbia sfondato ogni limite e l'Astrattismo, portato alle conseguenze estreme, si sia svuotato di ogni significato.
Si è andata da allora progressivamente definendo una frattura tra individui che parlano linguaggi incomprensibili l'uno all'altro, gli artisti ed il loro pubblico, con uno scollamento tra mondo dell'arte e realtà sociale che oggi, sotto molti aspetti, rende l'arte estranea all'uomo al quale non è più in grado di dare risposte, o "almeno non nella lingua che egli è disposto a capire".
Eppure mai come oggi l'arte ha avuto libertà di esprimersi e mezzi per farsi conoscere, mai come oggi l'arte è stata tanto presente nelle nostre vite, almeno quantitativamente, e mai come oggi è stata inutile: probabilmente ha ragione Alessandro Tempi (2) quando dice che "L'arte è come la tecnologia: oltre un certo limite, essa si impadronisce dei bisogni che l'hanno fatta nascere e non li serve più, ma al contrario se ne serve per continuare ad esistere solo per se stessa." (All that art - Le soglie dell'arte).
Pur nella confusione linguistica che ci circonda, è facile capire che in realtà ciò che oggi va messo in discussione non è l'arte, ma il criterio di giudizio con il quale affrontarla, che necessita di una revisione radicale anche alla luce dei mutamenti introdotti dall'avvento delle tecnologie digitali, che hanno prodotto nuovi linguaggi artistici ed operato una rivoluzione dei mezzi espressivi di portata epocale.
L'elettronica è infatti in grado di produrre, attraverso la creazione e la manipolazione delle immagini digitali, una sorta di "pensiero visivo", così lo definisce Paolo Rosa (3), straordinariamente flessibile, capace di spaziare entro limiti incredibilmente vasti, amplificando a dismisura l'area dell'invenzione e della creatività, che è quella entro la quale nasce l'opera d'arte.
Poiché in arte l'importanza di ogni risultato si conosce a posteriori, ogni giudizio attuale sull'arte digitale è necessariamente indeterminato e prematuro, non si sbaglia, comunque, affermando che il fenomeno è destinato a creare una nuova estetica con forti e profonde innovazioni in campo figurativo.
Le tecnologie digitali, infatti, non costituiscono una semplice sostituzione di mezzi attualmente superati per svolgere determinati compiti, ma hanno un tale potenziale innovativo da produrre un sostanziale mutamento di ciò che verrà prodotto, modificando non solo il mezzo, ma anche la sostanza dell'arte.
La differenza fondamentale fra strumenti tradizionali (il pennello, il carboncino o la matita), frutto di una tecnologia molto semplice ad impronta artigianale, e i nuovi mezzi digitali, è costituita sostanzialmente dal fatto che questi ultimi possiedono una loro "intelligenza", che si attiva attraverso l'applicazione di programmi di funzionamento anche molto complessi, con i quali l'utente, in questo caso l'artista digitale, si deve relazionare: non è necessario "conoscere" i segreti del programma, basta saperlo "usare".
Questo comportamento, la capacità di utilizzare la tecnologia e mettersi in relazione con lo strumento tecnologico, esprimono un nuovo modo di vedere il mondo, un nuovo modo di parametrarsi con la realtà, che è tipico della moderna società e non coinvolge solo l'arte visiva: come dice Paolo Rosa: " Credo che i nuovi mezzi a nostra disposizione costituiscano proprio un sistema di pensiero in grado di indicare gli attuali modi utilizzati dagli uomini per vedere il mondo: oggi vediamo in una nuova maniera. Probabilmente è proprio per tale motivo che risulta giusto ed utile coniugare l'esperienza artistica con le nuove tecnologie: l'arte e la poesia possono trarre numerosi orientamenti dal suddetto "sistema di pensiero".
Lo sperimentalismo che ha caratterizzato tutte le avanguardie del '900 pare quindi destinato ad esasperarsi oltre ogni limite dal momento che la tecnica computerizzata consente di attuare con estrema facilità contaminazioni culturali e formali tra linguaggi diversi, di produrre un'arte di frontiera, sempre al limite tra finzione e realtà, in un immenso spazio telematico in cui la mente sconfina facilmente tra passato e futuro ed attinge a sensazioni ed emozioni mai sperimentate prima.
Una delle caratteristiche principali delle nuove tecnologie digitali è la loro base visiva, poiché esse pongono al centro della comunicazione e della elaborazione l'immagine (come fanno il cinema o la televisione), e non il testo, così come l'arte visiva pone alla base della sua comunicazione il guardare ed quindi percepire ed elaborare l'immagine attraverso la vista.
In realtà la visione è una percezione del mondo che va ben oltre l'esperienza sensoriale, visto che la fisiologia e la neurologia moderne hanno dimostrato che, inteso come fenomeno fisiologico concernente la struttura anatomico-funzionale dell'occhio, l'atto della visione è molto più complesso di quanto non lo sia il funzionamento dello strumento deputato, risultato di un processo neuro-fisiologico che coinvolge in maniera massiccia estese strutture cerebrali (particolarmente significativi sul tema sono gli studi del neurobiologo Semir Zeki (4)e le sue teorie sulla neuroestetica).
La visione è quindi un processo attivo nel quale si producono costruzioni mentali collegate alle sensazioni visive anatomiche e costituisce una complessa forma di apprendimento nella quale è possibile mettere in atto uno dei metodi cognitivi a cui l'uomo ricorre più volentieri, perché innato e poco difficoltoso, il metodo senso-motorio, secondo il quale, sulla scorta delle informazioni visive, si interagisce con la realtà adattandola e modulandola, in un processo combinato con la percezione sensoriale al di fuori della presa di coscienza.
E' il metodo che ognuno di noi ha messo in atto nella prima infanzia, è quello che istintivamente tenteremo di usare tutte le volte che ci sarà possibile farlo.
Le nuove tecnologie, proprio in virtù della loro base visiva, non fanno altro che facilitare ed ampliare le possibilità di applicazione del metodo senso-motorio, estendendo la percezione visiva ad oggetti non fisici e neanche necessariamente esistenti, in tutti i campi della conoscenza e, a maggior ragione, in quel campo in cui la percezione e l'elaborazione visiva giocano un ruolo fondamentale ed imprescindibile, l'arte visiva.
Se le nuove tecnologie, quindi, si appoggiano ad una base cognitiva primaria ed immediata che siamo portati ad utilizzare elettivamente (il metodo senso-motorio), se sono in grado di riprodurre il "sistema di pensiero" attraverso il quale l'uomo moderno si relaziona con il mondo, è lecito ritenere che possano coadiuvare in modo ottimale anche l'esplicitazione del "pensiero artistico", addirittura favorendo l'espressione e le comprensione dell'opera d'arte visiva: in tal modo non decreterebbero la fine dell'arte, ma semplicemente la fine del concetto di arte al quale sino ad oggi abbiamo fatto riferimento e, nel nome di un comune, nuovo sistema di pensiero, opererebbero una riconnessione tra arte e società, che finalmente ritornerebbero a parlare lo stesso linguaggio .
Un discorso a parte, più limitatamente tecnico, si potrebbe fare sulla stampa digitale, sull'applicazione, cioè, delle nuove tecnologie alla riproduzione di opere d'arte (digitali e non).
Kevin Haas (5)che si occupa specificamente dell'argomento tecniche di stampa e digital imaging, in un suo articolo ("Stampe, immagini e tecnologia") le definisce due aree distinte e contrastanti, " l'una è tattile e fisicamente laboriosa, l'altro immobile e spesso immateriale" espresso nel gergo asettico del computer, competenze di due ambiti diversi nei quali si scorge riflesso lo stesso rapporto dicotomico che attualmente esiste tra arte tradizionale ed arte digitale.
Ma è possibile un'arte digitale?
Nella misura in cui le nuove tecnologie ci spingono a mutare la nostra indagine nei confronti della realtà e a pensare il mondo e l'arte in un modo nuovo, prendendo coscienza dei mutamenti senza costruire a priori inesistenti conflittualità tra forme diverse di rappresentazione, sì, un'arte digitale è possibile, anche se può voler dire addentrarsi in un territorio sconosciuto del quale non possediamo la mappa
In tal caso è facile il ricorso allo stereotipo, all'espediente retorico come rassicurante sostitutivo di una conoscenza ancora carente: questo spiegherebbe, per citare due soli esempi di una casistica piuttosto ampia, la tendenza non giustificata ad identificare la tecnica digitale con l'opera d'arte astratta, aniconica, facendo coincidere concetto e tecnica per un'arte che diventa contenuto ed espressione di se stessa, e spiegherebbe anche il preconcetto secondo il quale l'enorme potenziamento del potere comunicazionale dell'opera d'arte prodotta digitalmente dovrebbe necessariamente abbassarne il valore culturale.
La indispensabile maturazione linguistica dei nuovi mezzi digitali è la via per attenuarne quella componente eversiva che ha posto in discussione le certezze estetiche dell'arte senza sostituirle con criteri certi, e allora l'arte digitale potrà divenire il segno privilegiato di una contemporaneità che nulla ha di certo.
Non so se o quando le pareti delle case o delle gallerie ospiteranno, invece di quadri, monitor su cui i collezionisti alterneranno la propria raccolta di files, se e come si possa attribuire un valore commerciale ad un'opera di net-art, che altro non è che codice informatico, come può essere conservata, come se ne può fruire, che fine farà il concetto di esclusività per qualcosa che può essere copiato molto facilmente, il concetto di proprietà per qualcosa di astratto e dematerializzato, ma la modernità è tensione, curiosità, aspirazione in grado di trasformare un momento di cambiamento in un momento di crescita e di rinnovamento, è, per citare Bruno Zevi (6), una coscienza che "fa della crisi un valore". Prima o poi anche l'arte digitale avrà il suo?

 


[1] Antonella Sbrilli
http://w3.uniroma1.it/dsa/LF/Sbrilli/WebCattedraSbrilli/antonella.html

[2] Alessandro Tempi
http://web.tiscali.it/no-redirect-tiscali/alepat/Index.htm

[3] Paolo Rosa
http://www.emsf.rai.it/biografie/anagrafico.asp?d=447

[4] Semir Zeki
http://www.icn.ucl.ac.uk/members/Zeki89/

[5] Kevin Haas
http://www-db.stanford.edu/~haas/resume.html

[6] Bruno Zevi
http://www.vitruvio.ch/arc/historians/zevi.htm


Vilma Torselli è nata a Genova, città in cui ha vissuto fino al conseguimento
della maturità classica.Trasferitasi a Milano, ha frequentato la facoltà di architettura del Politecnico, dove si è laureata, sotto la docenza di nomi storici dell'architettura italiana, quali Ernesto N. Rogers e Ludovico Barbiano di Belgioioso, dello studio B.B.P.R., Franco Albini, Franca Helg, Vittorio Gregotti, Vittoriano Viganò. Ha scelto la libera professione occupandosi di urbanistica e progettazione architettonica, con particolare predilezione per l'edilizia residenziale e l'architettura d'interni. Da sempre appassionata d'arte, attualmente si occupa dell'Associazione Culturale Arte&Arte e di Artonweb, galleria virtuale d'arte visiva. Sempre sul web si occupa di architettura con la rubrica "De re aedificatoria", raccolta di Studi e Saggi dedicati al mondo Architettura. E' presente su Antithesi, Giornale di Critica dell'Architettura diretto da Sandro Lazier e Paolo G.L. Ferrara, con diversi commenti ai testi di P. Ferrara e S. Lazier. Su SuperEva cura la rubrica di Arte Moderna