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Uno si mette a scrivere perché non sa tirare di boxe
e non ha fegato, perché ha i denti storti e non può
sorridere come vorrebbe, perché per gli impotenti
di ogni sorta non c'è altra strada, perché
tutti i brutti sono scrittori o assassini e lui non è
capace di far del male ad una mosca, perché scrivere
lo fa sentire importante, perché per essere chiamati
scrittori non c'è bisogno di scrivere bene e per
essere chiamati figli di puttana fa lo stesso se si ha una
madre che è una santa, perché ha paura di
andare alla deriva senza far nulla, perché non può
bere ogni sera, perché ama dio ma odia le associazioni
senza scopo di lucro, perché non ha una ragazza,
perché non ci sono emozioni ma insulti, perché
a casa sua non c'è la televisione e la radio si è
rotta, perché la moglie del vicino è un bonbon,
perché ha paura di diventare calvo e per questo evita
gli specchi. Uno si mette a scrivere perché non osa
rapinare un supermercato, perché ama una donna e
lei è la fidanzata del gallo del quartiere, perché
non ci sono abbastanza riviste porno, perché vuol
fare qualcos'altro oltre a cagare e masturbarsi, perché
non è il gallo del quartiere e non è neanche
il più forte o il più spiritoso, perché
non è niente di niente, perché non vale un
cazzo, perché se esce di casa lo fanno a pezzi, perché
sua madre urla tutto il tempo, perché non ci sono
illusioni né luce alla fine del tunnel, perché
la sua mente vola basso e non sarà mai un altro Cioran,
perché non ha il coraggio di saltare, perché
non vuole la moglie brutta che si merita, perché
ha paura di morire senza aver assaggiato un bel culetto,
perché non ha padre né amici né fortuna,
perché non sa sputare come Clint Eastwood, perché
rimane impantanato tra un'intenzione e l'altra, perché
c'era una volta l'amore ma ho dovuto ammazzarlo.
Il bello è che scrivere non serve a nulla di ciò
che uno vuole. Scrivere è un limite, un dolore, un
difetto in più. Il bello che dopo averlo fatto stai
malissimo. Niente è cambiato, tutto rimane al suo
posto (tranne i tuoi fottuti capelli), Pelè non torna
in campo. Il brutto è che scrivi e Pambelè
va al tappeto steso da un gringo, un gringo maledetto che
è stato dentro per aver picchiato sua madre. Il brutto
è che Pambelè non è la madre del gringo
e - per quanto tu scriva - rimane al tappeto. Il bello è
che scrivi e continui a sognare la moglie del vicino, sogni
di afferrarla per le orecchie e darle una bella ripassata.
Il brutto è che scrivere non ti guarisce dagli impulsi
assassini, che rapinare un supermercato rimane il tuo obiettivo
impossibile. Il brutto è che desideri ancora un amore
indimenticabile. Il bello è che scrivere è
un altro modo di cagare e masturbarsi. Il brutto è
che leggi grandi autori ma solo Bukowski ti rimane. Il brutto
è che un giorno la ragazza carina viene a sapere
che scrivi e lo stesso non si lascia scopare a morte. Il
brutto e che scrivere serve a tutto quello che tu non vuoi.
"Ciao mamma."
"OH, MIO DIO, Rep, hai le scarpe SPORCHE DI CACCA."
"Non urlare, pulisco il pavimento."
"TOGLITI DI LI', TORNA DA DOVE SEI VENUTO"
"Va bene, mamma, ma non urlare."
"NON STO URLANDO."
Efraim Medina Reyes,
C'era una volta l'amore ma ho dovuto ammazzarlo
Che la relazione tra desiderio
ed appagamento riguardi la sfera delle pulsioni non v'era
dubbio persino prima di Freud, il quale ha forse avuto il
demerito sociale di aver messo in piazza i panni sporchi
che, se non proprio lavati in famiglia, venivano almeno
riposti con cura in fondo allo scantinato.
Avverto lo sfregolio tipico delle membrane cellulari dell'epidermide
che vengono costrette una addosso all'altra dall'improvviso
arricciarsi di un naso. Certo, dire castronerie può
fungere da surrogato all'aver qualcosa da dire.
Dopo più d'un secolo di alberi sacrificati al nobile
scopo di arredare gli studi di terapeuti dell'anima, o della
psiche, il che riesce alla medesima cosa, anche se con l'alibi
che la moderna transizione di pensieri via cavo e satellite
rende il blaterare meno nocivo per il nostro fabbisogno
di ossigeno, mi sembra alquanto inutile approcciare il buon
Sigmund dal punto di vista della valenza teoretica delle
sue elucubrazioni, innovative a guardarne la deriva antropologica
e sociale, banalmente pan-sessuali a sentire epigoni e detrattori,
alimento indispensabile della moderna Videoletteratura,
essendosi esaurite già da qualche millennio le possibilità
di concatenazione di trame innovative.
Anch'egli sembrò stupito che la letteratura in materia
di sogni non riportasse conclusioni che sembravano addirittura
banali nella loro semplicità: " Nessuno ha avuto
il più lieve sospetto che i sogni non siano senza
senso, bensì appagamenti di desideri..." . Più
tardi, nello scritto che Freud elaborò per la prefazione
alla seconda edizione dell'Interpretazione dei sogni, ancora
lo stupore pervade il suo animo: "
I miei colleghi
psichiatri non sembrano essersi data alcuna pena per superare
la sorpresa iniziale che la mia nuova concezione del sogno
poteva far sorgere, mentre i filosofi di professione, ormai
soliti sbrigare in poche frasi - perlopiù sempre
le stesse - i problemi della vita onirica, intendendola
come un'appendice degli stati di coscienza, non hanno evidentemente
notato che proprio da questo nuovo punto di vista era possibile
dedurre considerazioni tali da condurre a un radicale mutamento
delle nostre teorie psicologiche. . ."
C'è il rischio però di sembrare eccessivamente
freudiani, o eccessivamente filosofi, a dare per scontato
che le imperfezioni di funzionamento della nostra volontà
siano semplicemente riconducibili a questioni di interferenze
gerarchiche tra sfere diverse della nostra personalità.
A ben vedere sono notevoli le somiglianze tra la tripartizione
freudiana in ES, IO e Super-IO, e la "triade morale"
Dio, uomo e il diavolo.
Si potrebbe riassumere: "IO non volevo farlo, mi ha
convinto ES, vedrai che ora arriva Super-IO a punirmi!".Quando
compiamo il bene è merito nostro, quando compiamo
il male è colpa di qualcosa di esterno\interno a
noi. In fondo niente di molto diverso dalla vecchia morale
cristiana, se non fosse che bene o male il più delle
volte dipende dal doverne rendere conto a qualcuno, la differenza
stà nella comodità della posizione durante
la confessione. Senza contare che gli psicanalisti hanno
sarti decisamente più alla moda.
Non desiderare la donna d'altri sembra così una questione
esclusivamente morale e legata alle scariche ormonali del
basso ventre dei maschietti libidinosi, o indemoniati, o
sessualmente frustrati dall'iniezione di una gigantesca
infermiera teutonica. Una volta tenute sotto bromuro le
pulsioni, la nostra razionalità può tornare
a primeggiare ed a condurci verso i traguardi più
ambiti. Ma si può veramente non desiderare la donna
d'altri se si ha la moglie brutta che ci si merita? O si
può rifiutare la donna d'altri se ha il marito brutto
che non si merita?
Già, perché se la frustrazione nasce da desiderio
inappagato, se la malattia nasce da frustrazione repressa,
come mai miliardi di cristiani giocoforza osservanti succedutisi
nella storia non hanno portato alla nascita della psicanalisi
almeno un millennio prima? Forse perché quello che
veniva proposto in cambio era la Verità assoluta?
In fondo se andiamo a vedere il senso della verità,
si potrebbe dire che soddisfa una curiosità, più
la verità è universale più universale
sarà la curiosità soddisfatta dalla conoscenza
di tale verità. E così, se la curiosità
nasce dal non essere appagati, e se la curiosità
è il combustibile della conoscenza, e soprattutto
se la conoscenza ci appare come un processo ad infinitum
e non come uno scrigno nascosto che basterebbe ritrovare
perché nessuno ne reclami il possesso, appare chiaro
come la relazione tra desiderio ed appagamento che nel campo
delle pulsioni sembrava intima e monogama, in quello della
razionalità sembra essere una passione malata ed
autodistruttiva, con i due amanti che cercano di mutare
l'altro in una copia obbediente di se stessi.
Già, perché finchè la passione rimane
dalle parti dell'osso pelvico ha sempre a disposizione un
paio di uscite di servizio, mentre quando, risalendo od
elevandosi come si usa dire in Filosofia, supera il cervelletto
è destinata a girare in eterno nei solchi corticali.
Davvero il pensiero è mosso dalle strane ed impalpabili
leggi della logica, esiste il ragionamento libero ed inutile,
distaccato, obiettivo ? Davvero arriveremmo alle conclusioni
nostre e non a quelle del nostro oppositore, se avessimo
le sue stesse pulsioni e motivazioni? Davvero si scrive
perchè si pensa di poter dire qualcosa di nuovo,
o si spera che nessuno abbia visto quello che è stato
detto prima? Sentiamo a questo proposito il pensiero di
Nietzsche:
"Dopo aver letto abbastanza a lungo i filosofi ed averli
tenuti d'occhio mi dico che dobbiamo considerare ancora
come attività dell'istinto la gran parte del pensiero
cosciente, persino nel caso del pensiero filosofico; dobbiamo
trasformare qui il nostro modo di vedere, come si è
fatto a proposito dell'ereditarietà e dell'innatismo.
Come l'atto della nascita ha poca importanza nel processo
e nel progresso dell'ereditarietà, altrettanto poco
l' "essere cosciente" può essere contrapposto,
in qualche modo decisivo, all'elemento istintivo, - la parte
cosciente del pensiero di un filosofo è guidata segretamente
dai sui istinti e costretta in binari fissi. Anche dietro
ogni logica e l'apparente dispotismo dei suoi movimenti
stanno giudizi di valore, detto con maggiore chiarezza,
esigenze fisiologiche per il mantenimento di un determinato
tipo di vita. Per esempio che il determinato abbia più
valore dell'indeterminato, che l'apparenza abbia meno valore
della "verità": tali valutazioni, pur con
tutta l'importanza normativa che hanno per noi, potrebbero
essere tuttavia soltanto valutazioni pregiudiziali, un determinato
tipo di niaiserie, quale può essere appunto necessaria
per la conservazione di esseri come noi. Ammesso, cioè,
che non proprio l'uomo sia la "misura delle cose"
"
Viste così le cose la valenza del divieto di desiderare
non risiede più nel non desiderare stesso, cosa impossibile
credo anche ai tempi dei compilatori di libri in pietra.
L'esistenza di un substrato morale come cemento della socialità
passa attraverso l'eludere la domanda su come la donna d'altri
sia stata "acquistata" da altri, per puntare sul
fatto che non la si debba desiderare, che ciò che
non trova spiegazione razionale né appagamento emotivo
possa essere comunque fonte di guadagno nell'aldilà,
ma alla fine per non ricorrere allo "psicanalista"
si è costretti a crederci nell'aldilà.
Pensare che si possa non desiderare la "donna d'altri"
ha in fondo la stessa valenza del pensare che si possa discutere
per arrivare a convincere qualcuno del suo torto, In fondo
è apprezzabile il tentativo di mantenere la calma
ed i buoni rapporti, peccato che proprio in nome del possesso
di donne e della verità si siano consumate alcune
delle più orribili carneficine della storia, e che
tuttora il fine settimana si origino risse fuori da locali
notturni le cui cause scatenanti sono spesso questioni amorose
o di idee contrastanti, quelle che la stampa chiama futili
motivi.
In realtà oggi sarebbero maturi i tempi per sostituire
le "donne d'altri" con esseri umani autodeterminanti
, ma cosa si potrebbe più usare come ultimo tentativo
disperato di ricatto morale da parte di un fidanzato mollato,
se ti amo diventa non più uno scambio di reciproco
possesso? Che siano queste le conseguenze della morte di
Dio? Che tutti abbiamo pensato che con la liberalizzazione
della morale potessimo finalmente accoppiarci con le fidanzate
altrui e non abbiamo pensato che questo prima o poi avrebbe
portato la nostra su altre vie? Che evoluzione rappresenta
sostituire una verità con un'altra verità,
magari più universale, più moderna, ma in
fondo sempre l'affermazione dei bisogni di qualcuno ma non
di tutti, perchè che non vi sia una soluzione universale
appare oggi quantomai chiaro, anzi, il proliferare di quella
che sembrava la via verso la conquista definitiva della
verità, l'informazione, porta la verità sempre
più verso una questione di energia a disposizione.
Pensare che si possa non desiderare la donna del vicino
se è più verde e come pensare che si possa
convincere un premier di uno stato occidentale che nessuno
è in malafede se vuole convincerlo ad espiare i peccati
che ha commesso prima di diventare premier, visto che egli
pensa veramente che per essere un premier si debba essere
come lui, peccati compresi. E in realtà come dargli
torto, nessun messo divino lo ha fulminato,e se agli occhi
di Dio non ha commesso peccati come può un altro
uomo esserne così sicuro?
Ma questo è il segno tangibile che Dio è morto,
che dobbiamo prenderci la responsabilità del nostro
comportamento razionalizzante e democraticizzante, che la
verità somiglia molto alla precedenza ad uno stop,
nonostante sia disseminato di cartelli alla fine è
di chi se la prende, e se a prendersela è un camionista
di 130 tonnellate con rimorchio è inutile sperare
nella presenza di un vigile, a meno che non sia di 130 tonnellate
con rimorchio ed oltretutto disposto a frapporsi fra noi
ed il camionista, altrimenti non rimane che spostarsi.
Avete mai chiesto ad un rimorchio se ha veramente desiderato
bruciare uno stop?
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