L'evoluzione della ragione moderna,
secolarizzata rispetto ad ogni ambizione metafisica, è
scandita dai progressi tecnico-scientifici fondati sul rapporto
referenziale tra conoscenza e realtà, e dalla complementare
diffusione di un senso comune liberal-democratico che insterilisce
ogni idealità politica e affida al primato del diritto
e dell'economia le ragioni della coappartenenza politica.
Tale assetto largamente dominante nella sfera pubblica dei
rapporti, si accompagna, nella sfera privata, essendone
in parte la causa, ad una moltiplicazione di atteggiamenti
conoscitivi, inclinazioni spirituali e tendenze culturali,
profondamente distanti dal paradigma gnoseologico scientifico
e dai ritmi geometrico-matematici dettati dai dispositivi
giuridico-economici. Il fenomeno più rilevante è
rappresentato dalla rinascita, in ambiente occidentale,
dell'attenzione per le religioni orientali, considerate
capaci di creare "fenditure e varchi, via via aperti
verso i possibili" (E. Zolla 1992, p.15.) fughe dal
mondo quotidiano e dalla sua insopportabile tridimensionalità
temporale e limitatezza spaziale. Si tratta di percorsi
che hanno come carattere fondamentale l'attingimento di
una realtà ulteriore, attraverso energie spirituali
che dissolvendo l'ancoraggio all'io consentono il contatto
con un tutto eterno, attraverso l'istituzione di un particolare
equilibrio tra istanze mentali e corporee, indispensabile
al trascendimento del presente. Le esperienze spirituali
che maturano in tal modo rispondono alla doppia esigenza,
diffusa nelle società occidentali, di liberazione
dalle maglie di una soggettività cooptata da dinamiche
spersonalizzanti, e di congiunzione con dimensioni totalizzanti,
in grado di sopperire al vuoto di senso derivante dalla
recente secolarizzazione ideologica, attraverso l'offerta
di orizzonti di senso rinnovati e complessivi.
La cultura laica, filosofica e non, è capace di offrire
risposte alternative alle problematiche che sempre più
da vicino assediano l'uomo contemporaneo?
Appare importante chiedersi se vi siano esperienze intellettuali
che possano costituire modelli alternativi al duopolio di
moderno e postmoderno, paradigmi dominanti nella cultura
occidentale, e che sfidino le esperienze spirituali di matrice
orientale sul terreno della liberazione dall'io attraverso
la sinergia di mente e corpo, e nell'offrire una risposta
complessiva alle domande di senso.
In tale direzione proveremo ad analizzare tre esperienze
intellettuali, non appartenenti né all'ambito razionalista
né a quello postmoderno, maturate nel contesto occidentale
in periodi storici diversi.
SPINOZA
Baruch Spinoza, ha costruito
un impianto razional geometrico, percorso da un irresistibile
vento, la potenza delle affezioni, che incarnando l'anima
del suo sistema, lo caratterizza in termini di spontaneità
e funge da punto di conversione dalla speculazione alla
pratica, offrendo la possibilità agli individui di
costituire la tramatura dell'Essere e profilare una modulazione
alternativa del reale non soggetta ad alcuna statica logica,
ma affidata ai corpi, alle passioni, alla loro forza desiderante
e ai loro incontri.
L'incremento del tessuto ontologico dell'Essere, infatti,
è affidato alla positività degli incontri
tra i corpi, per cui l'eventuale compatibilità di
due corpi protagonisti di un incontro determinerà
la loro composizione e l'assemblaggio che, se accompagnato
dall'elaborazione della nozione comune, ovvero dell'idea
chiara e distinta di ciò che di comune esiste tra
i corpi poiché "un affetto cessa d'essere una
passione non appena ce ne formiamo una nozione chiara e
distinta" (B.Spinoza, Etica, parte V, prop.III), consentirà
una forma di produzione ontologica, legata all'azione della
loro potenza d'essere affetti. Un incontro negativo è
viceversa destinato a depotenziare l' Essere e potrebbe
condurre alla decomposizione dei protagonisti e alla reciproca
perdita di potenza.
Il mutuo rapporto tra la ragione che elabora la nozione
comune e la potenza d'affezione che conduce all'incontro,
costituisce l'alimento dinamico del sistema spinoziano che
si configura in modo del tutto distante dal puro intellettualismo
che di consueto gli si attribuisce, offrendo un ruolo centrale
alle forze della passione e del desiderio (Cfr. G.Deleuze
1999.). Inoltre, sebbene accanto ad un'indubbia valorizzazione
degli aspetti pratici e "passionali" nella costituzione
ontologica del reale, permanga l'elemento razionale rappresentato
dalla nozione comune, che esercita un forte potere individuante,
tale da irrigidire e in qualche modo limitare le possibilità
creative degli assemblaggi tra corpi, aspetto questo sottovalutato
da Deleuze, l'orizzonte spinoziano si caratterizza per il
notevole potenziale prospettico e per il modo non gerarchico
di concepire il rapporto tra i singoli ed il tutto, laddove
la sostanza ha nei modi delle fonti creative indispensabili.
Diluita nel tutto che si dice univocamente e spossessata
del primato della ragione, la soggettività fibrilla,
sentendosi parte integrante di un mondo non gerarchico,
che non offre diritti di priorità ontologica alla
ragione teoretica, ma investe il corpo di una capacità
creativa che dissolve i tradizionali confini interindividuali,
per favorire concatenamenti con altre individualità
all'interno dell'orizzonte comune rappresentato dalla sostanza.
JUNG
Gli studi che Jung condusse
sull'inconscio collettivo e gli archetipi, lo portarono
a modificare il modo freudiano di concepire la psiche, infatti
se egli poteva condividere l'idea che la coscienza non potesse
essere realtà esclusiva della psiche, allo stesso
tempo riteneva che affiancare l'inconscio personale alla
coscienza non costituisse una risposta esauriente agli interrogativi
sulla natura umana. La psicanalisi di Freud è "la
psicologia del romanzo familiare: la relazione dei figli
coi genitori, del fanciullo colla madre della fanciulla
col padre" (C.G. Jung 1967, p. 235), e nel modo di
intendere la sessualità in termini pienamente materiale
rischia di rigettare la psiche nella cornice familiare,
nel quod erat demonstrandum del mondo edipico, precludendo
all'individuo le sfere di esperienza sovrapersonale.
Per Jung l'unico modo che possa consentire all'individuo
di muovere passi verso la salvezza, è legato al simbolo
non alla concretezza materiale, alla sovrapersonalità
non alla parzialità di un inconscio inchiodato e
ridotto ad un'asfittica specularità rispetto alla
coscienza.
Interviene allora la nozione di inconscio collettivo, per
cui ciò che di incosciente esiste a livello personale
è solo uno strato superficiale , sotto il quale esiste
un incosciente assoluto , che non ha nulla a che fare con
la nostra personale esperienza. Tale inconscio è
composto di realtà archetipe, dal complesso di realtà
mitologiche che affondano le radici nei primordi dell'umanità,
immagini primordiali che ciascuno di noi eredita e nelle
quali ognuno è immerso dalla nascita.
L'inconscio collettivo è allora una realtà
sovraindividuale, più profonda di ogni personalità
conscia e non , un tutto in grado di rapprendere ciascuno
con la forza cogente di un mondo "in cui le pulsazioni
del tempo battono con infinita lentezza, in cui la nascita
e la morte degli individui conta ben poco" (C.G. Jung
1980, p.278). Dominare tale mondo è impresa impossibile,
gli stessi maestri orientali di tale arte, gli yogin, secondo
Jung cercano di raggiungere uno stato di coscienza universale,
ma in realtà sono assorbiti dal tutto inconscio.
Per Jung l'inconscio collettivo ha un volto bifronte, da
un lato i suoi contenuti rimandano al passato, d'altro lato
sono in grado di preordinare il futuro, di anticiparne e
generarne le sequenze, per cui si può dire che ciò
che vivremo è in noi molto prima che accada.
La sostanza in cui ogni individuo si trova immerso, ha la
capacità di plasmarlo e proiettarlo vertiginosamente
nell'oscillazione di passato primordiale e futuro. Si presenta
allora per l'uomo l'esigenza di indagare le tracce che portano
a tale realtà, cercando una forma di ricongiunzione
che passa per le vie luminose della simbologia mitologica,
utili a scoprire le radici di un'appartenenza necessaria.
L'individuo in tal modo cessa d'essere soggettività
forte, fattore ordinante del cosmo, per intraprendere la
via della guarigione, che è anche percorso di destituzione
della propria autonomia e centralità cosmica razionale,
in nome delle forze irrazionali e primordiali inconscie
che ricongiungono alle maglie del Tutto di cui è
parte.
Sacrificare l'io dunque, rinunciare al dominio della razionalità
per vivere una nuova individuazione all'insegna dell'inconscio
sovrapersonale, raggiungendo il contatto con la dimensione
che accomuna tutti gli uomini.
DELEUZE
Gilles Deleuze, condivide con
altri importanti filosofi francesi, un autentico percorso
di liberazione diretto a minare le categorie del pensiero
tradizionale, mutando il senso costrittivo da esse assunto
lungo i secoli. Concetti come Divenire, Differenza, Identità,
definitivamente addomesticate dall'interpretazione hegeliana
avevano assunto un profilo del tutto innocuo, immerse nella
griglia sistematica incentrata sulla Negazione che ne isteriliva
ogni potenzialità dinamica e creativa.
Deleuze, nelle prime opere filosofiche, attraverso le grandi
letture di Bergson, Nietzsche e Spinoza, sostiene l'idea
che si possa concepire l'individuazione facendo a meno della
soggettività, considerando l'individuo come teatro
del darsi della differenza, alimentata dal divenire.
Si tratta di una grande ricollocazione concettuale in grado
di esprimere nuove virtualità, che però, agli
occhi del filosofo francese, rischiavano di depotenziarsi
se non sostenute da un dispositivo pratico, in grado di
incarnare ed esemplificare i termini di tale rivolgimento
concettuale. Si spiega in tal modo gran parte della collaborazione
con Felix Guattari, e l'elaborazione della celebre nozione
di corpo senz'organi. Il CsO è per Deleuze il punto
d'approdo cui giungere una volta presa la decisione di abbandonare
l'io, "dove la psicanalisi dice: fermatevi, ritrovate
il vostro io, bisognerebbe dire: andiamo ancora più
lontano, non abbiamo ancora trovato il nostro CsO, non abbiamo
ancora disfatto abbastanza il nostro io. Sostituite l'anamnesi
con l'oblio, l'interpretazione con la sperimentazione. Trovate
il vostro corpo senz'organi, sappiatelo fare, è una
questione di vita o di morte, di giovinezza e di vecchiaia,
di tristezza e di allegria. Ed è qui che tutto si
gioca " (G. Deleuze 1996, p.7).
Creare un corpo senz'organi significa trasformare se stessi
da realtà signoreggiata dall'io, gerarchicamente
suddivisa, in orizzonte piano, geografico, percorso da intensità,
differenze, aggregato di intensità soggette a continuo
divenire. Individuazione senza soggetto dunque, per avere
dei confini ed essere individui senza la mediazione dell'io,
divenendo aggregazione di differenze in divenire, perché
"il CsO fa passare delle intensità, le produce
e le distribuisce in uno spatium anch'esso intensivo, inesteso"
(G. Deleuze 1996, p.10). In che modo è possibile
attivare la trasformazione e divenire CsO? Attraverso il
desiderio.
Il desiderio è una forza positiva, da non interrompere
attraverso lo svilimento che porta a considerarlo mancanza,
bisogno, né da saturare attraverso l'appagamento,
perché il piacere " è già una
maniera di interromperlo, di scaricarlo all'istante, di
liberarsi di esso" (G. Deleuze 1996, p.12).
Per Deleuze il desiderio possiede una gioia immanente, un'energia
che trae alimento dall'inappagamento e dalla mancata estrinsecazione
in un piacere, e attraverso tale permanenza in una condizione
desiderante si può accedere al corpo senz'organi,
infatti la forza che da tale condizione promana dovrebbe
condurre alla rottura di ogni confine organico e alla destituzione
della soggettività , sostituita da un individuo concepito
come insieme d'aree d'intensità fluidificate dal
desiderio.
Il filosofo francese non concepisce il CsO come dimensione
solipsistica, ma elabora il concetto di piano di consistenza
, da intendersi come insieme di tutti i CsO, una molteplicità
che va a comporre un tutto, un piano tenuto insieme da attrazioni
e intensità, che moltiplichi a livello interindividuale
la forza del divenire singolare.
Appaiono definite in tal modo le tappe del percorso che
Deleuze propone, dalla perdita dell'io, attraverso le forze
del corpo e del desiderio, verso una trasmutazione che ci
renda liberi dalla soggettività e disponibili ad
entrare a far parte di una dimensione totalizzante, un tutto
non gerarchico ma in continuo divenire all'insegna della
differenza.
CONCLUSIONE
Nei tre momenti analizzati,
il tramonto della soggettività come sistema di categorizzazione
del reale, attraverso un capovolgimento che offre priorità
al corpo, alla potenza d'essere affetti, al desiderio, all'inconscio,
consente una trasmutazione che porta in dono il contatto
con un tutto sovrapersonale, metafisico, inconscio, collettivo
e indica una via laica che cerca di rischiarare la lunga
notte senz'alba dell'uomo contemporaneo.
Riferimenti bibliografici
- G. Deleuze, Millepiani, sez.2, Castelvecchi, Roma
1996.
- G.Deleuze, Spinoza e il problema dell'espressione,
Quodlibet, Macerata, 1999.
- C.G. Jung, Coscienza inconscio e individuazione,
in Gli archetipi e l'inconscio collettivo, Boringhieri,
Torino, 1980.
- C.G. Jung, Il problema dell'inconscio nella psicologia
moderna, Einaudi, Torino, 1967.
- B.Spinoza, Etica, Tea, Milano 1991.
- Elemire Zolla, Uscite dal mondo, Adelphi, Milano,
1992.
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