Non
è raro, nella produzione cinematografica di Pier
Paolo Pasolini, incontrare sequenze in cui è quasi
o addirittura totalmente assente l'uso dei dialoghi, e gli
effetti di senso sono, nel contesto, affidati alla pura
suggestione visiva. (1) In ogni caso, se si considera la
natura del mezzo cinematografico, il fatto che un film possa
fare a meno del supporto dialogico non dovrebbe stupire
in modo particolare. La base del linguaggio cinematografico
è in primo luogo costituita dalla successione delle
immagini, dal montaggio. (2) La vista, quel senso della
opsis proprio del teatro, secondo Aristotele, (3) è
referente fondamentale, a volte unico, nella comprensione
di un film. Il silenzio dei personaggi in scena dunque,
alle condizioni che da qui in avanti si cercherà
di mettere in luce, è un dato assolutamente significativo
nell'ambito della colonna sonora, al pari dei dialoghi,
delle musiche e dei suoni in generale.
Il primo "silenzio" significativo lo troviamo
in Accattone, precisamente nella sequenza del sogno, una
delle più riuscite dell'intero film. (4) Nella rappresentazione
del sogno del protagonista regna un silenzio irreale, spettrale,
che anticipa il finale tragico, facendo da pendent con il
Coro finale (n. 68) della Matthäus Passion di Johann
Sebastian Bach, che accompagna le inquadrature di Accattone
che dorme nella misera stanzetta, introducendo alla visione
del sogno vero e proprio. Scrive a proposito Serafino Murri:
Ma
fra tutte vi è una scena che merita senz'altro di
essere ricordata per la sconvolgente efficacia della sua
essenzialità: quella del sogno di Accattone. La scena
sovraesposta e polverosa in cui si aggirano, tra detriti
e calcinacci, vestiti a lutto [
] gli amici di Accattone
che vanno al suo funerale, il senso di morte emanato dai
mariuoli napoletani, l'angoscia di vedersi scavare la propria
fossa all'ombra anziché al sole, sono sottolineati
in maniera superlativa da un silenzio sordo, dall'assenza
di qualsiasi rumore, un silenzio senza ampiezza, senza respiro,
senza spazio. (5)
Con
un lungo salto si giunge a Medea, dove si trovano intere
sequenze in cui la parte dialogica è quasi del tutto
assente, ma la drammaticità delle immagini e la suggestività
del sonoro costituiscono un piano semantico assolutamente
compiuto. È il caso della lunga sequenza del sacrificio
in Colchide (che va dall'inquadratura 27 alla 180), nella
quale le uniche parole sono pronunciate da Medea (nello
spazio di una sola inquadratura). (6) Ma è soprattutto
il caso, eccezionalmente importante per come affronta il
problema del rapporto fra cinema, realtà e sogno
e di quello fra cinema, realtà e visione (o delirio),
(7) della doppia sequenza della vendetta di Medea: doppia
perché essa viene proposta per due volte nel film
(caso assai raro, almeno per quanto riguarda la mia esperienza
di spettatore), con variazioni quasi impercettibili. Il
fatto che le due sequenze rappresentino realtà e
sogno oppure realtà e visione (o delirio) non è
qui, per quanto molto interessante, motivo di discussione.
Ciò che ci interessa notare, al fine di questa analisi,
è come il cinema di Pasolini riesca a riportare sullo
schermo due sequenze, anche uguali e diegeticamente contigue,
e a dar loro vita mediante la pura espressione visiva, che
è uno dei sensi della realtà e che in questi
momenti diviene per lo spettatore il referente principale
per la comprensione dell'esperienza cinematografica (ed
è anche il mezzo più efficace per tradurre
nel cinema l'esperienza onirica, nei limiti del verosimile).
La sfiducia nella razionalità, nel logos da parte
di Pasolini, che si manifesta pienamente in Medea, (8) è
uno dei temi principali in tutto il ciclo del cinema d'élite,
e spesso si traduce in astrazione e silenzio. Se già
in Edipo re e Teorema prendono forma lunghi tratti di angosciante
afasia, il film in cui questa strategia di sottrazione si
manifesta pienamente è sicuramente Porcile. Nell'episodio
del cannibalismo, infatti, non viene pronunciata dai protagonisti
neanche una parola; si ottiene così la contrapposizione
violenta fra un mondo arcaico, mitico-realistico e a-storico
e la degenerazione della moderna borghesia, in cui i discorsi
non legati alle logiche di potere e profitto si sciolgono
in un vacuo nichilismo.
I
silenzi di Maria: note su Il Vangelo secondo Matteo
È
nota la straordinaria abbondanza di presenze musicali nella
colonna sonora de Il Vangelo secondo Matteo. Qui Pasolini,
dando sfoggio di grande sensibilità musicale, accosta
i generi più disparati (da Bach e Mozart ai repertori
di musica popolare russa, statunitense o africana), secondo
il principio "auerbachiano" della contaminazione
degli stili a lui tanto caro. Gianni Rondolino, nella sua
monografia sulla musica nel cinema, accenna alla componente
sonora del film, definendola "orgia musicale",
(9) con un'espressione che non rende certo giustizia alla
qualità dei brani utilizzati e alla cultura musicale
dell'autore, ma dà tuttavia l'idea della strategia
espressiva utilizzata. Uno dei miracoli di equilibrio che
prendono vita ne Il Vangelo secondo Matteo, del quale molti
critici parvero non accorgersi, è la sintesi espressiva
raggiunta fra le diverse forme linguistiche e comunicative
nel film: parlo soprattutto del perfetto contrasto fra la
strategia di accumulo delle presenze musicali, contrapposta,
o per meglio dire, accordata con quella di sottrazione a
livello di comunicazione verbale, alla quale concorrono
i vari elementi tipici del linguaggio pasoliniano, come
il gusto estetico, i richiami pittorici, l'espressività
in funzione della drammaticità. Tutti fattori che
si caricano ancor più di significati e chiavi di
lettura; qui il "silenzio cinematografico" (10)
costituisce per lunghi tratti l'elemento predominante dell'azione
filmica. Non è un caso che le sequenze più
significative da questo punto di vista abbiano quasi tutte
per protagonista Maria. Già la prima costituisce
forse l'esempio più rilevante dell'intera pellicola;
in essa si racconta di come Maria, promessa sposa di Giuseppe,
si sia trovata a essere incinta per opera dello Spirito
Santo e di come Giuseppe sia stato convinto da un Angelo
del Signore a tenerla con sé e a dare al bambino
il nome di Gesù. (11) Come si può già
chiaramente intuire il film inizia seguendo quella che sarà
una regola nel corso del suo svolgimento, cioè la
fedeltà al Vangelo di Matteo. Infatti nella sequenza
i personaggi non proferiscono una sola parola, come avviene
in Matteo (fatta eccezione per ciò che dice l'Angelo
a Giuseppe (12) e per la voce fuori campo che riporta le
parole del profeta). (13) Si ha così modo di vedere
come Pasolini sia in grado di far "parlare" le
facce, i visi mediante le loro espressioni: accade in questo
caso che la colonna visiva ci sveli e ci descriva, nello
stesso momento, gli stati d'animo dei personaggi, descrizione
che rispecchia, a mio avviso, quella dei Vangeli Apocrifi.
(14) Vediamo, di seguito, come tutto ciò possa accadere.
Inq.
1: PP di Maria che tace, non guarda in macchina (si direbbe
quasi che cerchi negli occhi di chi ha davanti aiuto, comprensione).
(15)
Inq. 2: in controcampo PP di Giuseppe tace, non guarda in
macchina (guarda certamente Maria che sta di fronte a lui,
l'espressione del viso denota uno stato d'animo profondamente
combattuto, incerto, (16) sembra quasi celare un distante
moto di indignazione, forse un atto d'accusa, forse un rimprovero).
(17)
Inq. 3: la MDP stacca e torna su Maria in PP, tace sempre
ma ora abbassa gli occhi (come se non riuscisse più
a sostenere lo sguardo di Giuseppe o come se non riuscisse
a sopportare che la sua buona fede venga messa in discussione).
Inq. 4: la MDP torna in PP su Giuseppe.
Inq. 5: in CM appare Maria inquadrata in FI (è in
piedi, guarda per terra, sempre in silenzio. Solo ora si
scorge che è incinta. Sullo sfondo si alza un muro
di mattoni con un arco romanico a tutto sesto, che è
stato murato ma lascia comunque intravedere una porzione
di cielo, che fa quasi da cornice alla figura). (18)
Inq. 6: Giuseppe in CM si allontana e varca una porta (è
la prima inq. in cui notiamo un movimento di macchina, panoramico
verso destra).
Inq. 7: in CM la MDP mostra frontalmente Maria che si avvicina,
avanzando lentamente dall'uscio della casa che sta sullo
sfondo. Sull'uscio si affacciano alcune donne (una tiene
in braccio un bambino) per vedere. Maria si ferma, inquadrata
in PA. Si intuisce che guarda Giuseppe mentre si allontana.
Inq. 8: in CM Giuseppe viene inquadrato di spalle mentre
va via per una stradina.
Inq. 9: PP di Maria, defilata sulla destra dell'inquadratura;
sulla sinistra, senza profondità di campo, si intravede
lo sfondo, sfocato, con l'uscio della casa e le persone
che vi sono affacciate per assistere alla scena (19)
Inq. 10: ancora Giuseppe in CM, di spalle, che cammina.
Inq. 11: PPP di Maria (si intuisce che in un primo momento
guarda Giuseppe andare via, poi abbassa gli occhi, tace)
(C'è
ora un cambiamento di scena. Inizia la sequenza 2). (20)
Inq.
12: la macchina da presa segue Giuseppe. Si scorge in CL
un villaggio arroccato su un colle (è la Palestina
di duemila anni fa ricostruita nell'Appennino meridionale,
fra i Sassi di Matera e le brulle campagne del Mezzogiorno).
Inq. 13: la MDP, con una panoramica prima verso destra,
poi verso sinistra, ci mostra il villaggio e si sofferma
su un gruppo di bambini che giocano.
Inq. 14: Giuseppe guarda i bambini e si appoggia a una pietra,
dove si assopisce.
Inq. 15: si vedono ancora i bambini.
Inq. 16: Giuseppe, appoggiato alla pietra, dorme.
Inq. 17: ancora i bambini.
Inq. 18: PP di Giuseppe che dorme. Il vociare dei bambini,
che finora si sentiva, cessa di colpo e Giuseppe apre improvvisamente
gli occhi. (21)
Inq. 19: in controcampo appare l'Angelo in FI, in piedi
sopra una roccia, che pronuncia le parole cui si è
già accennato (è un'immagine che colpisce
per la sacralità, ottenuta grazie all'uso della luce,
e per l'impatto emozionale che causa nello spettatore).
Inq. 20: PPP di Giuseppe.
(Nuovo
cambio di scena con Giuseppe che fa ritorno verso casa).
Inq.
21: la MDP stringe l'inquadratura verso la casa dove sta
Maria.
Inq. 22: Giuseppe, ora inquadrato frontalmente, fa ritorno
verso casa.
Inq. 23: la MDP segue Giuseppe. (Queste inquadrature sono
accompagnate dal "Gloria" dalla Missa luba, il
motivo di gioia, che accompagna diversi momenti del film.
È l'unico intervento musicale nella sequenza descritta).
(La
scena torna al di fuori della casa, dove la sequenza ha
avuto inizio: seq. 3).
Inq.
24: Maria esce di casa per andare incontro a Giuseppe. È
inquadrata obliquamente, in FI.
Inq. 25: PP di Maria.
Inq. 26: Giuseppe entra nel cortile e si ferma (ecco che
si ripresenta la situazione iniziale).
Inq. 27: PP di Maria (sorride).
Inq. 28: PP di Giuseppe (anche lui, in segno d'intesa, sorride
dolcemente).
Inq. 29: PP di Maria (sorride).
La
sequenza è costruita in modo tale che già
la consequenzialità delle immagini costituisca di
per sé un piano semantico compiuto e che non ci sia
bisogno di dialoghi per afferrarne il senso. È possibile
individuare al suo interno quattro parti ben distinte, che
chiameremo:
A) incontro Maria - Giuseppe (inqq. 1-11);
B) "sogno" di Giuseppe (inqq. 12-20);
C) ritorno a casa di Giuseppe (inqq. 21-23);
D) nuovo incontro tra Maria e Giuseppe (perdono, inqq. 24-29).
Di queste quattro parti, A e D appaiono come un blocco unico,
attraversato da B e C che costituiscono una sorta di parentesi,
esplicativa all'interno del contesto, o meglio risolutiva
ai fini dell'intreccio: grazie alle parole dell'Angelo,
infatti, Giuseppe scaccia da sé ogni dubbio e si
viene a creare una nuova intesa con Maria. Il costante uso
del sintagma alternante in A e D è l'elemento che
ci dà l'idea di come queste due parti costituiscano
un tratto unico, in cui convergono B e C per dare compimento
all'azione. (22) Al di là del discorso diegetico
unitario, che ricalca fedelmente, come ho già detto,
il Vangelo di Matteo (con un occhio anche al testo degli
Apocrifi), (23) non si può non tenere conto dell'unicità
e della significazione profonda che in sé e per sé
producono le parti A e D, del plus-valore di senso che si
viene ad aggiungere sul piano connotativo; già dalla
trascrizione appare chiaro il modo della comunicazione fra
i due personaggi, fatto essenzialmente di sguardi, impressioni
ed espressioni, in cui il silenzio gioca un ruolo primario.
Ma è anche importante sottolineare il fatto che esso
coinvolge non solo i due protagonisti, ma anche il fruitore
del film, lo spettatore: si crea così una sorta di
triangolo, in cui il silenzio costituisce i lati che uniscono
i tre vertici, cioè il modo di comunicazione fra
i personaggi e il mezzo di comprensione (insieme - ovviamente
- a quello visivo) per lo spettatore. Questa forma di comunicazione
è descritta con elementi denotativi di tipo puramente
visivo e il silenzio è un dato di fatto, ma è
evidente che non è una mancanza, bensì un
elemento portatore di senso, carico di significato a livello
connotativo, (24) un dato aggiuntivo ancora più pregnante
della parola, che qui non trova spazio, né per esprimere
ciò che già è chiaro, né per
tentare di spiegarlo.
In questo modo, utilizzando un linguaggio del tutto personale,
Pasolini ricollega la sua opera a un topos religioso (e
filosofico), quello del silenzio. Lo spettatore si trova
così in mano una chiave di lettura aggiuntiva, che
rimanda a un'analisi specifica.
Il
silenzio, in qualsiasi religione, sta a significare, o meglio
accompagna, nella maggior parte dei casi, il momento di
raccoglimento, di riflessione, di preghiera dei fedeli.
Nella Bibbia (come nella vita degli uomini ) esiste un silenzio
sensato e un silenzio imprudente, (25) e ciò dipende
dalla situazione, dalla circostanza particolare. (26) La
reticenza e il silenzio erano una regola per gli orfici
e per i pitagorici. Ancora in ambito biblico, troviamo nel
Vecchio Testamento il silenzio di Dio che significa un mancato
intervento nella vita dell'uomo, e può essere tragico
o benevolo per gli uomini stessi. (27) Con la rivelazione
di Cristo nel Nuovo Testamento cessa per sempre il silenzio
divino. (28) Nel libro dell' Apocalisse tutto tace per circa
mezz'ora dopo l'apertura del settimo sigillo, poco prima
che le sventure si abbattano sulla Terra; (29) si tratta,
in questo caso, di silenzio del creato (e, ovviamente, delle
creature) al cospetto di Dio, tema che troviamo anche nel
libro del profeta Zaccaria, dove egli invita gli uomini
a tacere di fronte a Dio, " poiché egli si è
destato dalla sua santa dimora ". (30)
Molti
altri sono i passi delle Scritture in cui è presente
questo tema, ma quello che più degli altri coinvolge
la nostra analisi, contenuto nel libro del profeta Daniele,
(31) è senz'altro l'episodio di Susanna, (32) moglie
di un membro della comunità ebraica di Israele, che
viene ingiustamente condannata a morte con l'accusa di adulterio
da parte di due anziani, senza avere neanche la possibilità
di difendersi rispondendo alle accuse che le vengono rivolte.
Solo l'intervento del profeta riuscirà a salvarla
e a convincere la comunità della reale innocenza
della giovane donna.
È molto interessante notare che Susanna, nel momento
in cui si sente accusata di quei fatti che pure non ha commesso,
rimanga totalmente in silenzio: (33) al di là della
ragione contingente di tale silenzio, (34) esiste certamente
una spiegazione ermeneutica più profonda che possiamo
trovare in Ambrogio. Egli accosta in diverse opere il silenzio
di Susanna a quello di Cristo, che, tacendo di fronte alle
calunnie che gli venivano mosse contro, andò incontro
alla morte per redimere il mondo dai propri peccati, (35)
e ignorando le accuse rivoltegli dal tribunale tolse ad
esse ogni validità. (36) Perciò quello di
Susanna è certamente il tipo di silenzio che Ambrogio,
in opposizione a quello otiosum (inerte), definisce, nel
De officiis, negotiosum (attivo, sensato), per spiegare
al lettore i casi in cui tacere è più conveniente,
più utile e persino più significativo che
parlare:
Quid
igitur? Mutos nos esse oportet? Minime. Est enim tempus
tacendi et tempus loquendi. Deinde, si pro otioso verbo
reddimus rationem, videamus ne reddamus et pro otioso silentio.
Est enim et negotiosum silentium, ut erat Susannae, quae
plus egit tacendo quamsi esset locuta. (37)
Susanna
dunque, col suo silenzio, dice, secondo Ambrogio, più
di quanto avrebbe detto con le parole, e, pur non parlando
con gli uomini, riesce in se stessa a comunicare con Dio:
Tacendo
enim apud homines locuta est deo nec ullum maius iudicium
suae castitatis invenit quam silentium. Conscientia loquebatur,
ubi vox non audiebatur, nec quaerebat pro se hominum iudicium
quae habebat domini testimonium. (38)
Alla
luce di quanto detto finora, è interessante notare
le affinità che emergono fra Susanna e il personaggio
di Maria (così come appare nellla prima sequenza
del film, sulla quale ci siamo finora soffermati). Abbiamo
già detto di come la comunicazione per mezzo del
silenzio sia rappresentata denotativamente attraverso la
colonna visiva; si è anche già detto come
Pasolini abbia volutamente fatto riferimento a un luogo
topico religioso-letterario che contribuisce ad allargare
ulteriormente i vari livelli di significazione della sua
opera. (39) Maria si trova in una situazione simile a quella
di Susanna: Giuseppe, nel vederla incinta, è molto
dubbioso sulla sua buona fede, ma lei non ritiene di doversi
discolpare con le parole e perciò rimane in silenzio;
(40) tuttavia il suo è un silenzio assai eloquente,
sa dentro di sé di non aver commesso alcuna colpa
e lo comunica a Giuseppe attraverso gli occhi e a Dio attraverso
la propria mente, tacendo; e, proprio come accadeva a Susanna,
salvata grazie al provvidenziale intervento del profeta,
ecco che un Angelo del Signore appare in sogno a Giuseppe,
rivelandogli la verità, fugando così ogni
dubbio dalla sua coscienza.
Altre
sequenze che coinvolgono il personaggio di Maria sono assai
significative dal "punto d'ascolto" del silenzio.
Si può parlare, ad esempio, della scena della seconda
apparizione dell'Angelo, che in sogno annuncia a Giuseppe
che può fare ritorno in Israele (41). È un
momento assai toccante del film, in cui la comunicazione
fra Giuseppe e Maria avviene per sguardi, espressioni, negli
stessi modi descritti nell'analisi della prima sequenza.
La giovane Maria, interpretata da Margherita Caruso, continua
a comunicare per mezzo del suo viso, i cui enormi occhi
dallo sguardo dolce e malinconico riempiono lo schermo,
segnando in modo indelebile la memoria visiva dello spettatore.
La sequenza è accompagnata dalla musica di Bach (Adagio
dal Concerto BWV 1060), che, in mancanza dell'evento sonoro
verbale, assume una funzione ancora più evidente
di connotazione dello stato emotivo delle immagini. Lo stesso
accade in un'altra sequenza "muta", quella della
visita dei Magi, in cui lo "spiritual" Sometimes
I Feel Like a Motherless Child riempie lo spazio acustico,
fungendo da cornice sonora alle splendide immagini che scorrono
sullo schermo.
Un'altra sequenza - per concludere - che colpisce per il
silenzio di Maria (che, conformemente alla fonte evangelica,
non pronuncia una sola parola in tutto il film) è
quella della predica in cui Cristo pronuncia le note parole:
"Chi è la mia madre, chi sono i miei fratelli?".
Il silenzio sta qui a sottolineare il dolore di Maria (ormai
vecchia, interpretata dalla madre del regista) nel sentire
pronunciare quelle parole, e successivamente nel vedere
andare via il proprio figlio. Dolore accompagnato dalle
strazianti note del motivo "di morte" di Johann
Sebastian Bach, l' Adagio dal Concerto BWV 1042.
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(1) Questo non
ci stupisce, già sapendo che il gusto cinematografico
di Pasolini trae origine dall'arte figurativa ancor prima
che dal cinema stesso. Sui rapporti fra il regista e le
arti figurative v. GALLUZZI 1994.
(2) Cfr. METZ 1989: 78 e ss. Metz, ripercorrendo attraverso
un'analisi semiologica le principali tappe dello sviluppo
del linguaggio cinematografico, insiste particolarmente
sul "paradosso" del cinema sonoro, e sul fatto
che l'avvento, intorno al 1930, del sonoro nei film abbia
rivoluzionato il concetto stesso di linguaggio cinematografico
(o, se così vogliamo intendere, di espressività
delle immagini), e che molti autori del muto pensavano che
questo potesse costituire la rovina del cinema stesso. Alla
luce di questa analisi, è innegabile che il linguaggio
cinematografico abbia subito un'importante evoluzione (ma
è un'evoluzione naturale e tuttora in atto), ma è
anche vero che, in un panorama in cui la parola assume un
effetto drammatico determinante, spesso tendente a un'eccessiva
verbosità, la pura espressività delle immagini,
in quanto di per sé rara, diviene ancor più
notevole e significante.
(3) Cfr. Aristot. Poet. 6
(4) Questa sequenza riporta alla mente quella del sogno
iniziale de Il posto delle fragole di Bergman.
(5) MURRI 1994: 28.
(6) "Dai vita al seme, rinasci dal seme": sono
le parole pronunciate dall'eroina. Sull'argomento cfr. FUSILLO
1996: 127-179 e RIVOLTELLA: 1991.
(7) Problema che ci riporta a tematiche del cinema più
recente, molto care a un autore come David Lynch, che insiste
molto sulla percezione sensibile del delirio "surreale"
contrapposta alla percezione visiva in dimensione spesso
iper-reale del fatto reale. E a proposito di Lynch vorrei
qui aprire una breve parentesi, dato che il tema del silenzio,
alla base di questa analisi, può fornire spunti di
riflessione molto interessanti anche a partire dall'opera
del regista statunitense. Citerò due esempi: il primo
è Una storia vera, e mi riferisco alla sequenza finale,
quella dell'incontro dei due fratelli Straight, al modo
della comunicazione fra i due, fatto di sguardi, di gesti,
di silenzio, che può essere paragonabile a quello
che vedremo ne Il Vangelo secondo Matteo. Il secondo, un
caso certo differente, è il recente Mulholland Drive;
si ricordi la frase ricorrente (che rimane indelebilmente
impressa, e rimbomba nella mente dello spettatore): "no
hay banda, no hay orquesta
silencio
". Silencio,
una parola che è certamente una delle possibili chiavi
di lettura del film, cfr. a proposito CENSI 2002: 11.
(8) Come nota FUSILLO 1996: 127-132.
(9) RONDOLINO 1991: 109.
(10) Così felicemente definito in MURRI 1994: 54.
(11) Cfr. Mt I, 18-25.
(12) Nel film il discorso pronunciato dall'Angelo è
ripreso fedelmente da Mt I, 20-21: "Giuseppe, figlio
di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa,
perché quel che è generato in lei viene dallo
Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai
Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai
suoi peccati." V. inqq. 19-20.
(13) Anche qui si segue fedelmente il testo evangelico,
che a sua volta si riferisce a un passo biblico (cfr. Is
7, 14); Mt I, 23: "ecco, la vergine concepirà
e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele,
che significa Dio con noi." V. inqq. 21-22.
(14) Cfr.Protovangelo di Giacomo, XIII-XIV, e Ps.-Mt, X-XI.
(15) Fuori dalle parentesi è presente una sintetica
descrizione degli elementi denotativi della colonna visiva
della sequenza; fra parentesi ho inserito elementi più
spiccatamente personali, passibili di interpretazione, senza
alcuna pretesa di oggettività.
(16) Cfr. Protovangelo di Giacomo, XIV, 1.
(17) Cfr. Protovangelo di Giacomo, XIII, 2
(18) Con un evidente richiamo figurativo a Piero della Francesca,
come ci dice l'autore stesso nella sceneggiatura del film,
VSM: 487. In tutta la sequenza notiamo comunque un senso
della misura estremamente simmetrico che denota un'ispirazione
alla più alta tradizione pittorica italiana; cfr.
anche PPC 1: 672-673: "La mescolanza, nel testo sacro,
di violenza mitica [
] e di cultura pratica [
]
proiettava nella mia immaginazione una doppia serie di mondi
figurativi, spesso connessi fra loro: quello fisiologico,
brutalmente vivente, del tempo biblico [
], e quello
ricostruito dalla cultura figurativa del Rinascimento italiano,
da Masaccio ai manieristi neri".
(19) È la prima inquadratura da cui traspare quello
che sarà il modulo linguistico predominante nel Vangelo,
casualità e asimmetria vs frontalità e rigore
geometrico, cfr. CT.
(20) VSM: 488-489.
(21) Si tratta di una rappresentazione del sogno assai essenziale.
I rumori di fondo e le voci indistinte dei bambini cessano
tutto a un tratto e un silenzio improvviso che si crea ci
riporta all'atmosfera indefinita tipica del ricordo che
si ha di un sogno avuto. A questo proposito mi sembra interessante
notare le affinità con la scena del sogno in Accattone,
rappresentato in modo assai più articolato, ma con
modi sostanzialmente simili: inquadratura sul protagonista
che dorme, sostenuta dalla musica di Bach, stacco della
MDP e inizio del sogno, e contemporaneamente stacco della
musica e immersione in un silenzio irreale, con assenza
di rumori di fondo.
(22) Nel linguaggio filmico esistono tre tipi di sintagma
alternante: il sintagma alternativo, che mostrando di seguito
due immagini cronologicamente consecutive, presuppone da
parte dello spettatore un'operazione intellettiva basata
su un nesso analogico, il sintagma alternato, costituito
da immagini contemporanee montate arbitrariamente (è
il caso della nostra sequenza) e il sintagma parallelo,
che mostra di seguito due immagini apparentemente senza
alcun nesso analogico o temporale che le leghi. Sull'argomento
cfr METZ 1989: 146-148.
(23) Il film e la sequenza in questione ci riportano all'atmosfera
di un'opera, liberamente ispirata ai Vangeli Apocrifi, apparsa
a distanza di pochi anni e appartenente a un comune tessuto
culturale, pervasa da un tipo di religiosità se non
simile, almeno paragonabile a quella di Pasolini: parlo
dell'album La Buona Novella di Fabrizio De André.
Basti pensare, a proposito, ai versi della canzone Il Sogno
di Maria: "e la parola ormai sfinita \ si sciolse in
pianto, \ ma la paura dalle labbra \ si raccolse negli occhi
";
sull'argomento sono presenti alcuni accenni in GIUFFRIDA
- BIGONI 1997: 62-66.
(24) Sul rapporto fra cinema e linguistica, in particolare
sui concetti di denotazione e connotazione cfr. METZ 1989:
138-141.
(25) Cfr. Eccle 3, 7.
(26) Cfr. WAU 1971.
(27) Cfr. Is 64, 11, Gb 30, 20, Ab 1,13. Il tema del silenzio
di Dio, per rimanere in ambito cinematografico, ha ispirato,
in modo molto particolare, il grande maestro svedese Ingmar
Bergman. Partendo daI Il Settimo Sigillo per arrivare ai
film della "presunta" trilogia sul silenzio di
Dio (Come in uno specchio, Luci d'inverno, Il silenzio),
Bergman dimostra una grande sensibilità e un'impostazione
del tutto personale nell'affrontare il tema, v. TRASATTI
1993: 33-36 e 67-79.
(28) Cfr. Rm 16, 25 : "a colui che ha il potere di
confermarvi secondo il vangelo che io annunzio e il messaggio
di Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero
taciuto per secoli eterni, ma rivelato ora
"
(29) Cfr. Ap 8, 1 : "Quando l'Agnello aperse il settimo
sigillo si fece silenzio in cielo per circa mezzora."
(30) Zc 17,2.
(31) Dn 13.
(32) Sul motivo del silenzio in questo episodio biblico
v. PIREDDA 1991.
(33) Cfr. Dn 13, 36-42. Le uniche parole che Susanna pronuncia
in tutto l'episodio non sono finalizzate alla difesa della
propria innocenza, ma sono un ulteriore atto di fede nei
confronti di Dio (Dn 13,42).
(34) La situazione di inferiorità della donna nella
società ebraica non le permetteva di parlare a propria
discolpa in un processo, PIREDDA 1991: 170.
(35) Cfr. Ambr. expos. ps. CXIII 20,35.
(36) Cfr. Ambr. expos. Luc. X 97.
(37) Ambr. Off. I 3, 9: "e che dunque? È necessario
tacere? No davvero. C'è un tempo giusto per tacere
e uno per parlare. E poi, se rendiamo conto di un parlare
inerte, cerchiamo di non dover rendere conto anche di un
silenzio inerte. Esiste infatti un silenzio sensato, come
quello di Susanna, che ottenne tacendo più di quanto
avrebbe ottenuto con le parole."
(38) Ambr. Off. I 3, 9: "tacendo infatti davanti agli
uomini, ella parlò con Dio, e non trovò per
la sua castità giustificazione più grande
del silenzio. Era la coscienza a parlare, laddove la voce
non poteva essere udita, e non chiedeva per sé il
giudizio umano, lei che aveva la testimonianza di Dio".
(39) Oltre all'istanza espressa (connotata, che a grandi
linee corrisponde, in linguistica, al significante) e a
quella rappresentata (denotata, ovvero il significato) si
viene ad aggiungere al piano semantico un legame con fonti
precedenti non propriamente attinenti al tema trattato dal
film (o dalla sequenza in questione). Cfr. METZ 1989: 140.
(40) Sappiamo che anche Giuseppe non pronuncia alcuna parola
nell'arco di tutta la sequenza, tuttavia sembra più
giusto soffermarsi sul silenzio di Maria, che, proprio per
il confronto con Susanna, si carica maggiormente di significato.
(41) Bisogna notare che anche in questa sequenza, come nella
prima, si sente l'influenza dell'atmosfera degli Apocrifi,
soprattutto nella bellissima immagine di Cristo fanciullo
che gioca in maniera gioiosa, come un bambino qualsiasi.
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NOTA
BIBLIOGRAFICA
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