Se
per Sartre l'Assurdo è la gratuità dell'esistenza,
alla quale si può reagire solo con l'auto-inganno
della malafede (A.Pigliaru, "Il
Teatro dell'Assurdo. Huis Clos di J. P. Sartre ",
XÁOS.
Giornale di confine, n.1 2002, URL: http://www.giornalediconfine.net/n_precedente/art_8.htm),
per Camus l'Assurdo è uno stare sempre presenti a
se stessi. La presenza dell'uomo a se stesso comporta che
il sentimento dell'Assurdo nasca nello spirito umano in
tensione perenne con la sua stessa vita: la frattura dell'uomo
con la sua vita è l'essenza della rivolta esistenziale
dell'uomo assurdo, rappresentato scenicamente nel dramma
camusiano Caligula.
Mentre per J.P. Sartre l'Assurdo
è un punto d'arrivo e una realtà da cui fuggire,
per Albert Camus l'Assurdo si configura come un punto di
partenza. Ne Il Mito di Sisifo Camus rimprovera a tutte
le filosofie esistenzialiste di proporre l'evasione: "Con
un singolare ragionamento, costoro, partiti dall'assurdo
sulle rovine della ragione, in un universo chiuso e limitato
all'umano, divinizzano ciò che li schiaccia e trovano
una ragione di sperare in ciò che li spoglia"[1].
Per Camus di contro, l'Assurdo sorge nel momento in cui
"gli si dà vita", nel momento in cui si
mantiene la tensione, straziante e necessaria ad un tempo,
tra l'uomo e la sua stessa vita; questa tensione che Camus
definisce come "divorzio" lo pone decisamente
in antitesi con quanto detto da Sartre[2].
Pur tuttavia Camus si radica nello stesso panorama culturale
di Sartre ed erige la sua "struttura di pensiero"
su sabbie mobili; mentre però l'uomo sartriano[3]
si raggomitola su se stesso, sprofondando nell'abisso di
una ragione inconsistente, l'uomo camusiano è teso
a ri-trovare se stesso. La nostalgia di unità, la
brama d'impossibile è ciò che spinge l'uomo
assurdo a valicare i limiti del mondo stesso verso qualcosa
di cui neanche egli può dare spiegazione: il "bisogno
di senso". Il bisogno di senso trascende il quotidiano
e non fa dell'uomo camusiano un rinunciatario.
L'uomo assurdo è ben rappresentato da Caligula, protagonista
dell'omonimo dramma camusiano del 1944, rappresentato un
anno più tardi dal teatro Hèbertot[4].
Il dramma inizia quando Caligula, caduto in disperazione
per la morte di Drusilla, la sua amata, torna a Roma dopo
tre giorni di assenza.
"Questo mondo così com'è non è
sopportabile. Gli uomini muoiono e non sono felici"[5].
E' la "costante eccezione che è la morte"
a porre fine all'Assurdo, quando però si tratta della
propria morte; quando invece si tratta della morte degli
Altri, noi non possiamo che esserne spettatori. La morte
per Camus non è una "possibilità esistenziale"
e non dà autenticità alla vita. "Alla
luce del destino mortale, appare l'inutilità. Nessuna
morale, nessuno sforzo sono giustificabili a priori davanti
alla sanguinante matematica che regola la nostra condizione"[6].
Pur tuttavia è di fronte all'automatismo di una vita
e di un mondo che "perdono di familiarità"
che d'improvviso si manifesta il senso dell'Assurdo. La
coscienza dell'Assurdo in Caligula è destata proprio
dalla morte dell'Altro. Dall'orrore che "viene dal
lato matematico dell'avvenimento"[7]
si inaugura un nuovo "movimento della coscienza"
attraverso il quale Caligula "fonda" quel conflitto
perpetuo tra sé e la sua stessa vita.
"
Come si può continuare a vivere con le
mani vuote quando prima stringevano l'intera speranza del
mondo?
Mettersi d'accordo con la vita. Darsi delle
ragioni, scegliersi un'esistenza tranquilla, consolarsi.
Non è per Caligola."[8]
L'intera speranza del mondo, rappresentata dall'amore per
Drusilla, si sfalda e la riconciliazione col mondo non può
più esistere; l'uomo assurdo accetta la lotta fra
sé e la propria vita, fra sé e il mondo, accetta
"la rivolta della carne"; vivere l'Assurdo non
è dare un nuovo significato alle cose del mondo ma
badare solo alle conseguenze di ciò che accade; ciò
che accade si "scioglie" dalle possibili qualificazioni
per "immergersi" nell'equivalenza del tutto. Al
punto in cui l'Assurdo "prende corpo", Caligula
non può più darsi delle ragioni: darsi delle
ragioni significherebbe "comprendere il mondo"
ma "comprendere il mondo, per un uomo, significa ridurre
quello all'umano, imprimergli il proprio suggello"[9].
Con la coscienza dell'Assurdo, il mondo non è più
familiare, l'Assurdo non può risolversi e l'uomo
non trova più conciliazione col mondo. Il mondo "è
messo in dubbio" continuamente. Come si configura la
lotta tra l'uomo e la sua vita? "
Tale lotta suppone
la totale assenza di speranza (che non ha nulla a che vedere
con la disperazione), il rifiuto continuo (che non deve
essere confuso con la rinuncia) e l'insoddisfazione cosciente
(che non dev'essere assimilata all'inquietudine giovanile)
L'assurdo
ha senso solo nella misura in cui gli venga negato il consenso"[10].
E' nel terzo atto del dramma (Divinità di Caligola)
che attraverso la preghiera-consacrata a Caligola-Venere,
momento centrale della festa, i "mortali" invocano:
CESONIA. "Insegnaci l'indifferenza che fa rinascere
gli amori
"[11]
SENATORI. "Svelaci che la verità di questo mondo
è di non possedere alcuna verità
"[12]
CESONIA. "
Dacci le tue passioni senza scopo,
i tuoi dolori senza ragione. Le tue gioie senza futuro"[13].
La fedeltà di Caligula all'Assurdo è totale:
si trova scampo alla infelicità solo accettandone
i termini; "dare vita all'assurdo" allora significa
accettare la propria situazione, consapevoli del proprio
destino senza speranze. Il destino dell'uomo non è
"apertura-verso" ma è "attimalità",
un po' come la vita di Dongiovanni o di Meursault in cui
tutto si equivale. Ciò che conta non è la
"qualità" ma la "quantità":
si deve cercare di vivere "il più possibile".
Vivere dunque non è ricerca di un senso profondo
delle cose (almeno apparentemente) ma "un perpetuo
confronto dell'uomo e della sua oscurità"[14].
Caligula però è come se superasse il confronto
con la sua oscurità e, proteso verso il tentativo
di mediare fra la "brama di assoluto" e la "mancanza
di un senso che trascende il mondo", esclama:
CALIGOLA. (con voce seria e stanca) Voglio la luna
(poi
dirigendosi verso allospecchio) L'impossibile diventerebbe
possibile, e qualsiasi cosa cambierebbe, così, d'un
colpo[15].
La brama di assoluto, di quella verità caduta in
frantumi, è il desiderio di possedere la luna, simbolo
del notturno e dell' "envers". E' importante sottolineare
come la luna, rappresentata dalla Dea Iside, discenda dal
cielo quando il Lucio apuleiano la invochi come salvatrice[16].
Il culto di Iside, insieme a quello di Osiride, è
un culto Egiziano che Caligula (come imperatore storicamente
vissuto) aveva, insieme ad altri, promosso nel suo regno[17];
Iside, nel mito, ri-dà vita ad Osiride, il suo sposo,
ri-componendo il suo corpo fatto a pezzi. Caligula invocando
la luna, invoca quindi il "potere guaritore di Iside",
il potere di ri-comporre l'Assoluto frantumatosi (il suo
amore, forse?). Ma Caligula non è un dio, e senza
essere diventato un dio Caligula "morrà in una
notte pesante come il dolore umano"[18]
[1]
A. Camus, Il Mito di Sisifo, Bompiani,
Milano 1996, p. 32
[2]
Vedi A.Pigliaru,
"Il Teatro dell'Assurdo. Huis Clos di J. P.
Sartre ", XÁOS.
Giornale di confine, n.1 2002, URL: http://www.giornalediconfine.net/n_precedente/art_8.htm.
E' importante sottolineare la posizione diametralmente opposta
di Camus nei confronti di Sartre, ed è Camus stesso
che nel 1945 precisa: "No, non sono un esistenzialista.
Sartre ed io ci stupiamo sempre nel vedere associati i nostri
due nomi
Sartre ed io abbiamo pubblicato tutti i nostri
libri prima di incontrarci, tutti senza eccezione...Sartre
è esistenzialista, e il solo libro di pensiero che
io abbia pubblicato, Il Mito di Sisifo, è diretto
contro i filosofi esistenzialisti". In S. Zoppi, Invito
alla lettura di Camus, Mursia, Milano 1980, pp. 28,29.
[3]
Precisiamo: quando ci si riferisce all'uomo
sartriano, lo si fa utilizzando le categorie dell' Essere
e il nulla.
[4]
Si prenderà in considerazione
la seconda stesura del dramma, quella del 1944 appunto;
per la storia della stesura di Caligula si rimanda a A.
Camus, Théâtre, récits, nouvelles, pref.
di J. Grenier, a cura di R. Quillot, Gallimard, Paris.
[5]
A. Camus, Caligula in Tutto il teatrto,
cit. p. 56.
[6]
A. Camus, Il Mito di Sisifo, cit. p.
18.
[7]
Ivi
[8]
A. Camus, Tutto il teatro, cit. pp.
56, 57.
[9]
A. Camus, Il Mito di Sisifo, cit. p.
20.
[10]
Ibidem, pp. 31, 32.
[11]
Ne Il Mito di Sisifo Camus si domanda
se si debba accettare la scommessa straziante e meravigliosa
dell'assurdo e risponde: "Il corpo, la tenerezza, la
creazione, l'azione, la nobiltà umana riprenderanno
allora il proprio posto in questo mondo insensato. L'uomo
vi ritroverà infine il vino dell'assurdo e il pane
dell'indiffernza, di cui nutre la sua grandezza"; cit.
p. 49. E ancora:"Per l'uomo assurdo
tutto comincia
dall'indifferenza perspicace"; cit. p. 92.
[12]
D'accordo con Nietzsche "
Le
verità sono illusioni, di cui si è dimenticato
che sono tali"; F. Nietzsche, Su verità e menzogna
fuori dal senso morale, ed. Filema, cit., p.45. Per quanto
riguarda il rapporto Camus-Nietzsche, si veda R. Siena,
Nietzsche, Camus e il problema del superamento del nichilismo,
sta in "Sapienza", Vol. XXVIII, 1975.
[13]
"Che cos'è ifatti l'uomo
assurdo? Colui che, senza negarlo, nulla fa per l'eterno";
A. Camus, Il Mito di Sisifo, cit. p.
[14]
A. Camus, il Mito di Sisifo, cit. p.
50.
[15]
A. Camus, Tutto il teatro, cit. pp.
91, 93.
[16]
Cfr. Apuleio, Le Metamorfosi o L'asino
d'oro, Zanichelli, Bologna 1963, Libro XI, pp. 231 e sgg.
Sulle fonti antiche del Caligula di Camus si veda M. Seita,
le fonti antiche del Caligula di Camus, sta in "Il
Castello di Elsinore", anno XI, 31, 1998; si fa riferimento
ad uno studioso, A. J. Clayton, che interpreta il tema dell'astro
come "simbolo di profondo rinnovamento"; cit.
p. 61.
[17]
Cfr. Svetonio, Vita di Caligola, a cura
di G. Guastalla, Roma, 1992; pp. 48-50.
[18]
M. A. Aimo, Assurdo e rivolta nel teatro
di Albert Camus, sta in "Memorie del seminario di Storia
della filosofia della facoltà di Magistero",
Università di Sassari, 1981.
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