"C'è una sola cosa
assoluta oggi ed è il mutamento. Non ci sono regole,
assolutamente, non si danno certezze, in nessuna delle arti.
C'è solo la sensazione di una meravigliosa libertà
di possibilità illimitate da esplorare
"
P. Jhonson.
Non c'è una ragione sufficiente che spieghi perché
così e non altrimenti.
E' preferibile cadere miseri all'apparire del Vero che illudersi
sul Vero.
La negazione del valore universale della realtà fa
della nostra l'epoca, l'epoca dell'ansietà.
Il post-moderno non sostituisce parametri alternativi a
quelli del moderno: si limita a dichiararne il non senso.
Alle 15:32, il 15 luglio del
1972, in un quartiere di S. Louis, alcuni palazzi degli
anni '50 vengono fatti saltare in aria.
Una data di inizio del post-moderno
lo scinderebbe analiticamente dalla temperie che lo nutre
e che muove gli ingranaggi dei tempi di Chaplin. Nella misura
in cui è autoconfutazione del moderno attraverso
i suoi stessi strumenti, il post-moderno è tardo
moderno. La creatività libera del divenire non è
posta in questione, ma accettati in quanto fenomeno, imprevedibile,
nel suo carattere di potenzialità non necessariamente
attualizzantesi; divengono anche gli immutabili della Trascendenza
pre-moderna e dell'Immanenza moderna. "In questo relativo
Caos risiedono le nostre speranze di emancipazione"
(G. Vattimo). "Soggiornare nel presente" riduce
gli orizzonti d'attesa, ma apre nuovi spazi possibili. In
una Crisi, che è conditio di nuove Aperture, alla
Libertà è connesso il Nulla. Il relativismo,
nell'età del post-dovere, che rifiuta la fondazione
normativa, attende al varco il Pluralismo. L'inquietudine
erra nella ricerca senza approdare a stili, rischiando di
arenarsi nella stravaganza fine a se stessa. La crisi del
senso si riverbera nell'assenza di relazioni logiche che
dà luogo ad una composizione-scomposizione sconquassata,
abbandonata all' assurdo del caso: la descrizione della
vita non può che essere la registrazione delle sue
contraddizioni più proprie. Già nelle Demoiselles
d' Avignon, il movimento, nella quarta dimensione (sincopata
nella simultaneità) è possibile per la assenza
del punto di vista privilegiato: la destrutturazione della
figura (del soggetto, della persona, dell'io, lacerato in
Uno Nessuno e Centomila) è la frantumazione dello
sguardo sul mondo in quanto non orientato.
La rivendicazione della libertà fuori da orizzonti
predefiniti apre l'arte a possibilità inedite, come
l'obbiettivo dell' apparecchio cinematografico gettato in
aria da Man Ray.
Per l'anarchia estetica, che anticipa il fallibilismo delle
scienze, l'unicità dell'opera si moltiplica in una
pluralità di interpretazioni.
L'arte ha scambiato la sudditanza al Bello con la sudditanza
al Mercato.
E' la transvalutazione dei valori operata da Duchamp (artistico
= vero, vero = artistico) con i baffi alla Gioconda e col
ready made a varare il tardomoderno, distruggendo l'opera
in quanto sopramondo.
Arte e realtà si con-fondono pur senza fondarsi vicendevolmente!
Anche la deperibilità dei sacchi accetta l'esistenza
lontano dai valori positivi della vita.
La video e computer art investono la tecnologia avanzata
(dello specialismo cui sono ridotte le scienze europee)
dell' aura che all'arte è stata sottratta dalla riproducibilità
tecnica.
La forma cede alla materia, alla percezione visivo-psicologica,
alla spontanea energia del gesto;o, nell'Evento, al Concetto-Intenzione
che accade irripetibilmente. L'artisticità trasla
dall'opera alla emozionalità del fruitore, il cui
shock davanti alla trasgressione dissolve il proprio thaumazein
nella iterazione sterile del processo. L'anonimato non necessita
dell'intervento personale dell'artista o addirittura lo
fa coincidere con l'opera.
Già nell'astrattismo geometrico dell'ars combinatoria
il valore del pezzo unico moriva nella serie ottenuta industrialmnente,
nelle poetiche dello stereotipo, l'ossimoro di elementi
banali avvia conciliazioni post-dialettiche, nelle quali
l'immagine ripetuta, vuota ormai di contenuto, è
solo segno. Autoreferenziale è anche lo zoom sulla
condizione dell'individuo nella società di massa
che ci viene restituita dal falso retino tipografico. La
Pop art respira il design decorativo industriale della cartellonistica
pubblicitaria delle strade della metropoli, per il quale
l' estetico,il bello, il tecnico e l'utile coincidono.
L'intenzione satirica e dissacrante, che le nega la categoria
del realismo, non è tale da opporla al sistema che
si limita ad assecondare. L'ulteriore passo verso il non-valore
è la caduta anche dell'ultimo mito: quello della
civiltà dei consumi. Il riscatto del Secondario è
del secondario in quanto tale, constatato nella sua strumentalità
banale. E' l'espressione del risultato esasperato dell'impianto
moderno: il circolo vizioso essere-avere, soggetto - oggetto,
a cui "l'homo faber" ha ridotto se stesso.
Appendice dell'estetismo di massa, esperito quotidianamente,
la nuova icona è ormai logora; eppure nonostante
il linguaggio gergale, la scelta dei motivi popolari è
èlitaria ed èlitaria resta la fruizione.
Nella sperimentazione fine a se stessa, il nuovo è
tallonato sino all'effimero (attimo del presente nudo della
propria consistenza storica) nel quale l'abolizione della
prospettiva ha cristallizzato il tempo. Abbandonata la serietà
della ricerca, l'arte è diventata un gioco-divertissement
che, negando il raccoglimento, ci getta contro un'opera
priva di anelito all'altro e all'oltre. Manca un riferimento
sovraordinante e totalizzante: è solo un mutamento
di giudizio a designare l'opera, il valore estetico dipende
dall'interpretazione ed è scisso dal bello, dalla
creatività, dalla originalità. Sembra mancare
un paradigma sul quale misurare progresso o regresso, forse
occorrerebbe un'istanza di giudizio che delinei ora il confine
arte-non arte.
Da Las Vegas impariamo l'architettura del linguaggio commerciale
cui non è opposto quello alto: l'effetto ludico è
senza telos: uno scherzo che sorride della nostra subordinazione
alla macchina, negando il trionfo titanico della tecnica,
facendo della società dei consumi la coscienza del
moderno nel senso oggettivo del genitivo. L'affrancamento
dalla dogmatica dell' impostazione progettuale funzionalista
è il rifiuto del logos normativista del razionalismo
classico categorizzante. "Il Razionalismo sano nei
periodi di mutazioni radicali si dimostra inadeguato"
(R. Venturi). L'iper-spazio dell'edificio post-moderno,
proposto come mondo in sé, riflette il vuoto dell'annullamento
di profondità nel quale, spaesati, siamo immersi.
Mentre il fabbricato di Le Corbusier voleva essere riscattato
dalla metropoli, quello post-moderno vi aderisce interagendovi,
senza contrapporsi allo spazio già esistente, che
è occasione-substrato della fusione di orizzonti.
L'abitare, in quanto fatto culturale che ha valore umano,
non può essere ridotto a funzione: è il citazionismo
(anche ironico del pastiche), che non sintetizza l'altro
nell'identico, a rincorrere inclusivamente e per frammenti
la plurivoca varietà inafferrabile dei modi di vita
dei quotidiani. Il progressismo è esaurito nell'ecclettismo
che crea il nuovo scegliendo il vecchio, attraverso una
ripetizione differente che è rivisitazione libera,
cui è aperto il nomadismo teorico nella geografia
della tradizione (oltre i limiti del purismo riduzionista):
la constatazione della assenza del radicamento non conduce
qui al dolore del ritorno ma alla liberatio. Nella interazione
simultanea e democratica, stili e linguaggi si differenziano
in libertà, fuori da principi normativi innescando
un dialogo fecondo di nuove aperture, che, oltre la fissità
sistematica dell'ipse dixit oscilla nell'ermeneutica di
una epistemologia decentrata e pluralista che ai rècits
ha sostituito i giochi di un discorso immer wieder inesauribile.
Il post-moderno che nega il Grund (Dio, il Soggetto o il
logocentrismo antiumanista) mira ad una edificazione oggettiva
e non cattiva, come quella moderna che si autocentrava aspirando
ad una costruzione arrestata dall'autogodimento estetico.
Il rifiuto della logica definitiva, porto negato al vagabondaggio,
nel villaggio globale dalla polifonia della metropoli all'uomo
del mio tempo anche nella letteratura dis-eroicizzata ed
orfana dell'autore, ci "fa" aperti, come la potenzialità
sempre in fieri della musica.
Senza che si dia criterio di giudizio, questa differenza,
per la quale un'opzione vale l'altra, che rischia la partenogenesi
dell'indifferenza del valore, è giudicata libertà
di pulsioni.
Un naufragio, seppure consapevole, nella Krisis è
autentico superamento della Krisis?
Bibliografia al testo
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R.Venturi, Complessità e contraddizione in architettura,
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1985.
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