giornalediconfine.net

 

 

 

GIUSY NIEDDU, "Naufragare nella Krisis"

 

G. Nieddu, "Naufragare nella Krisis", in "XÁOS. Giornale di confine", Anno I, n.2 luglio-ottobre 2002, URL: http://www.giornalediconfine.net/n_2/art_5.htm

 

"C'è una sola cosa assoluta oggi ed è il mutamento. Non ci sono regole, assolutamente, non si danno certezze, in nessuna delle arti. C'è solo la sensazione di una meravigliosa libertà di possibilità illimitate da esplorare…" P. Jhonson.

Non c'è una ragione sufficiente che spieghi perché così e non altrimenti.
E' preferibile cadere miseri all'apparire del Vero che illudersi sul Vero.
La negazione del valore universale della realtà fa della nostra l'epoca, l'epoca dell'ansietà.
Il post-moderno non sostituisce parametri alternativi a quelli del moderno: si limita a dichiararne il non senso.

Alle 15:32, il 15 luglio del 1972, in un quartiere di S. Louis, alcuni palazzi degli anni '50 vengono fatti saltare in aria.

Una data di inizio del post-moderno lo scinderebbe analiticamente dalla temperie che lo nutre e che muove gli ingranaggi dei tempi di Chaplin. Nella misura in cui è autoconfutazione del moderno attraverso i suoi stessi strumenti, il post-moderno è tardo moderno. La creatività libera del divenire non è posta in questione, ma accettati in quanto fenomeno, imprevedibile, nel suo carattere di potenzialità non necessariamente attualizzantesi; divengono anche gli immutabili della Trascendenza pre-moderna e dell'Immanenza moderna. "In questo relativo Caos risiedono le nostre speranze di emancipazione" (G. Vattimo). "Soggiornare nel presente" riduce gli orizzonti d'attesa, ma apre nuovi spazi possibili. In una Crisi, che è conditio di nuove Aperture, alla Libertà è connesso il Nulla. Il relativismo, nell'età del post-dovere, che rifiuta la fondazione normativa, attende al varco il Pluralismo. L'inquietudine erra nella ricerca senza approdare a stili, rischiando di arenarsi nella stravaganza fine a se stessa. La crisi del senso si riverbera nell'assenza di relazioni logiche che dà luogo ad una composizione-scomposizione sconquassata, abbandonata all' assurdo del caso: la descrizione della vita non può che essere la registrazione delle sue contraddizioni più proprie. Già nelle Demoiselles d' Avignon, il movimento, nella quarta dimensione (sincopata nella simultaneità) è possibile per la assenza del punto di vista privilegiato: la destrutturazione della figura (del soggetto, della persona, dell'io, lacerato in Uno Nessuno e Centomila) è la frantumazione dello sguardo sul mondo in quanto non orientato.
La rivendicazione della libertà fuori da orizzonti predefiniti apre l'arte a possibilità inedite, come l'obbiettivo dell' apparecchio cinematografico gettato in aria da Man Ray.
Per l'anarchia estetica, che anticipa il fallibilismo delle scienze, l'unicità dell'opera si moltiplica in una pluralità di interpretazioni.
L'arte ha scambiato la sudditanza al Bello con la sudditanza al Mercato.
E' la transvalutazione dei valori operata da Duchamp (artistico = vero, vero = artistico) con i baffi alla Gioconda e col ready made a varare il tardomoderno, distruggendo l'opera in quanto sopramondo.
Arte e realtà si con-fondono pur senza fondarsi vicendevolmente!
Anche la deperibilità dei sacchi accetta l'esistenza lontano dai valori positivi della vita.
La video e computer art investono la tecnologia avanzata (dello specialismo cui sono ridotte le scienze europee) dell' aura che all'arte è stata sottratta dalla riproducibilità tecnica.
La forma cede alla materia, alla percezione visivo-psicologica, alla spontanea energia del gesto;o, nell'Evento, al Concetto-Intenzione che accade irripetibilmente. L'artisticità trasla dall'opera alla emozionalità del fruitore, il cui shock davanti alla trasgressione dissolve il proprio thaumazein nella iterazione sterile del processo. L'anonimato non necessita dell'intervento personale dell'artista o addirittura lo fa coincidere con l'opera.
Già nell'astrattismo geometrico dell'ars combinatoria il valore del pezzo unico moriva nella serie ottenuta industrialmnente, nelle poetiche dello stereotipo, l'ossimoro di elementi banali avvia conciliazioni post-dialettiche, nelle quali l'immagine ripetuta, vuota ormai di contenuto, è solo segno. Autoreferenziale è anche lo zoom sulla condizione dell'individuo nella società di massa che ci viene restituita dal falso retino tipografico. La Pop art respira il design decorativo industriale della cartellonistica pubblicitaria delle strade della metropoli, per il quale l' estetico,il bello, il tecnico e l'utile coincidono.
L'intenzione satirica e dissacrante, che le nega la categoria del realismo, non è tale da opporla al sistema che si limita ad assecondare. L'ulteriore passo verso il non-valore è la caduta anche dell'ultimo mito: quello della civiltà dei consumi. Il riscatto del Secondario è del secondario in quanto tale, constatato nella sua strumentalità banale. E' l'espressione del risultato esasperato dell'impianto moderno: il circolo vizioso essere-avere, soggetto - oggetto, a cui "l'homo faber" ha ridotto se stesso.
Appendice dell'estetismo di massa, esperito quotidianamente, la nuova icona è ormai logora; eppure nonostante il linguaggio gergale, la scelta dei motivi popolari è èlitaria ed èlitaria resta la fruizione.
Nella sperimentazione fine a se stessa, il nuovo è tallonato sino all'effimero (attimo del presente nudo della propria consistenza storica) nel quale l'abolizione della prospettiva ha cristallizzato il tempo. Abbandonata la serietà della ricerca, l'arte è diventata un gioco-divertissement che, negando il raccoglimento, ci getta contro un'opera priva di anelito all'altro e all'oltre. Manca un riferimento sovraordinante e totalizzante: è solo un mutamento di giudizio a designare l'opera, il valore estetico dipende dall'interpretazione ed è scisso dal bello, dalla creatività, dalla originalità. Sembra mancare un paradigma sul quale misurare progresso o regresso, forse occorrerebbe un'istanza di giudizio che delinei ora il confine arte-non arte.
Da Las Vegas impariamo l'architettura del linguaggio commerciale cui non è opposto quello alto: l'effetto ludico è senza telos: uno scherzo che sorride della nostra subordinazione alla macchina, negando il trionfo titanico della tecnica, facendo della società dei consumi la coscienza del moderno nel senso oggettivo del genitivo. L'affrancamento dalla dogmatica dell' impostazione progettuale funzionalista è il rifiuto del logos normativista del razionalismo classico categorizzante. "Il Razionalismo sano nei periodi di mutazioni radicali si dimostra inadeguato" (R. Venturi). L'iper-spazio dell'edificio post-moderno, proposto come mondo in sé, riflette il vuoto dell'annullamento di profondità nel quale, spaesati, siamo immersi. Mentre il fabbricato di Le Corbusier voleva essere riscattato dalla metropoli, quello post-moderno vi aderisce interagendovi, senza contrapporsi allo spazio già esistente, che è occasione-substrato della fusione di orizzonti.
L'abitare, in quanto fatto culturale che ha valore umano, non può essere ridotto a funzione: è il citazionismo (anche ironico del pastiche), che non sintetizza l'altro nell'identico, a rincorrere inclusivamente e per frammenti la plurivoca varietà inafferrabile dei modi di vita dei quotidiani. Il progressismo è esaurito nell'ecclettismo che crea il nuovo scegliendo il vecchio, attraverso una ripetizione differente che è rivisitazione libera, cui è aperto il nomadismo teorico nella geografia della tradizione (oltre i limiti del purismo riduzionista): la constatazione della assenza del radicamento non conduce qui al dolore del ritorno ma alla liberatio. Nella interazione simultanea e democratica, stili e linguaggi si differenziano in libertà, fuori da principi normativi innescando un dialogo fecondo di nuove aperture, che, oltre la fissità sistematica dell'ipse dixit oscilla nell'ermeneutica di una epistemologia decentrata e pluralista che ai rècits ha sostituito i giochi di un discorso immer wieder inesauribile.
Il post-moderno che nega il Grund (Dio, il Soggetto o il logocentrismo antiumanista) mira ad una edificazione oggettiva e non cattiva, come quella moderna che si autocentrava aspirando ad una costruzione arrestata dall'autogodimento estetico.
Il rifiuto della logica definitiva, porto negato al vagabondaggio, nel villaggio globale dalla polifonia della metropoli all'uomo del mio tempo anche nella letteratura dis-eroicizzata ed orfana dell'autore, ci "fa" aperti, come la potenzialità sempre in fieri della musica.
Senza che si dia criterio di giudizio, questa differenza, per la quale un'opzione vale l'altra, che rischia la partenogenesi dell'indifferenza del valore, è giudicata libertà di pulsioni.
Un naufragio, seppure consapevole, nella Krisis è autentico superamento della Krisis?


Bibliografia al testo

AA.VV., "Rivista di Estetica" Le parole e le case. Architettura e Narrazione, n°28, anno XXVIII, Rosenberg & Sellier, Torino 1989.
C.G.Argan, Storia dell'arte contemporanea, Sansoni, Firenze 2001.
R.Barilli, L'arte contemporanea. Da Cezanne alle attuali tendenze, Feltrinelli, Milano 1987.
W.Benjamin, L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, Torino 1991.
G.Fornero, Postmoderno e Filosofia, in Storia della filosofia, vol. IV.2., fondata da N. Abbagnano, a cura di G.Fornero, D.Antiseri, F.Restaino, UTET, Torino 1994.
J. Habermas, Il discorso filosofico della modernità, Laterza, Roma-Bari 1997
F.Jameson, Il post-moderno e la logica culturale del tardo-capitalismo, Garzanti, Milano 1989.
J.F.Lyotard, La condizione post-moderna, Feltrinelli, Milano 1979.
J.F.Lyotard, Il dissidio, Feltrinelli, Milano 1985.
J.F.Lyotard, Peregrinazioni, Il Mulino, Bologna 1992.
M. Nacci, Il Postmoderno, in La Filosofia. Stili e modelli teorici del Novecento,
a cura di P.Rossi, vol. IV, UTET, Torino 1995.
M.Nieddu, Il principe ignoto. Tutto ciò che non avete avuto il coraggio di dire sull'arte contemporanea, L.P.Grafiche, Arezzo 2000.
G.Vattimo, La fine della modernità, Garzanti, Milano 1985.
R.Venturi, Complessità e contraddizione in architettura, Dedalo, Bari 1980.
R.Venturi, Imparando da Las Vegas, Cluvia, Venezia 1985.