Nell'ambito
delle sperimentazioni contemporanee, tra installazioni e
ricerche neoconcettuali, si è registrato un deciso
ritorno alla figurazione: una riaffermazione di uno stile
che in molti casi sembrava superato, ma oggi più
vitale che mai, come attestano anche il proliferarsi di
esposizioni e le cifre di mercato. E' indubbio che la figurazione
stia riconquistando progressivamente grande spazio nella
considerazione del pubblico di appassionati e di addetti
ai lavori grazie al suo radicale rinnovamento. Si tratta
di un fenomeno in espansione (da metà degli anni
Novanta) che ha saputo innovare sia le tematiche - ora legate
all'immaginario metropolitano e massmediale - sia le tecniche
con grande varietà di soluzioni formali. Due sono
le direzioni percorse in modo antitetico all'interno della
ricerca figurativa italiana: a una tendenza che potremmo
definire "hard" si è contrapposto
uno stile dolce e decisamente più soft, ai segni
acidi di violenza espressionista un disegno morbido con
toni visionari. La linea dura della nuova figurazione si
è ispirata al neonoir, all'efferatezza della cronaca
vera, come la percepiamo anche dai mass media. La linea
dolce della figurazione ha invece guardato al neointimismo
del cinema francese, prediligendo la figura umana - sovente
la donna - ritratta senza esasperazione o tormento. Sebbene
sia difficile isolare certe direzioni prevalenti, le sfaccettature
degli artisti della figurazione restano però molteplici.
Sempre all'interno della figurazione, ma in una ipotetica
terza via si potrebbe "collocare" la ricerca estetica
di Alessandro Chiodo,
che esplora e indaga in modo ossessivo il corpo umano attraverso
il medium pittorico declinato in modi sempre diversi. Nel
considerare i suoi lavori dal 1999 a oggi si può
misurare il distacco che lo separa dalla linea dolce della
Nuova figurazione, nonostante l'artista utilizzi lo strumento
pittorico eleggendo come protagonista della sua arte la
figura umana. Nei suoi nudi maschili, drammaticamente ostensi
come nature morte, siamo davvero lontani dal clima di oasi
felice della figurazione. Le sue figure amputate e dipinte
con pennellate tirate all'estremo denunciano la violenza
e l'orrore dell'uomo contemporaneo e portano a riflettere
sull'eterno conflitto mente-corpo. Le immagini di Alessandro
Chiodo colpiscono lo spettatore con tutta la violenza del
colore: il rosso descrive i dettagli anatomici e gli sfondi
in cui sono racchiusi. Guardando
il ciclo dei nudi rossi (Apeiron, 1999/2000) o dei corpi
in giallo-blu (David, 2000), gli unici forse che lasciano
intravedere la testa, si può intendere a pieno la
centralità del segno-colore nel suo lavoro. L'opera
di Chiodo, benchè possa definirsi figurativa, travalica
però i confini della Nuova Figurazione, sia per la
valenza espressiva attribuita al colore, che per la crudezza
dei soggetti. Il suo lavoro - a mio avviso - va per certi
versi ricollegato alla Transavanguardia per gli aspetti
formali, mentre per altri è in linea con le ricerche
sul corpo di alcuni artisti europei e americani. Con le
dovute distanze che lo separano, si deve ricordare che la
tematica corporale è presente nella riflessione di
molti artisti, che hanno iniziato a lavorare sin dagli anni
settanta, ma che solo negli anni novanta hanno raggiunto
il successo. Basti citare i casi di Matthew Barney, oppure
i cadaveri ritratti all'obitorio di Andrés Serrano
o le foto di Robert Mappelthorpe che, secondo le intenzioni
dell'artista, vogliono mettere in luce la relazione irrisolta
tra Cristianesimo e corporalità.
L'indagine
sul corpo con i suoi risvolti inquietanti percorre gran
parte della recente produzione dell'artista spezzino. La
sua riflessione sulla fisicità mutante e tormentata
conferma un'attenzione che non ha trovato molto seguito
in Italia e richiama piuttosto l'orrore per il corpo di
Francis Bacon o i nudi totalmente privi di grazia di Lucien
Freud. In tal senso risultano significativi alcuni nudi
(Nella mente del corpo, 2001), immagini sospese come rinchiuse
in gabbie di semplici linee dai colori intensi: carcasse
umane che rimandano all'iconografia di Bacon e a certi esiti
della pittura espressionista di ascendenza nordica.
Il percorso di Alessandro Chiodo - artista davvero versatile
che utilizza la china e anche altri media legati alle nuove
tecnologie - è difficilmente collocabile all'interno
di un ritorno alla pittura tout court. L'artista si serve,
infatti, di un strumento tradizionale, ma con una forte
carica eversiva e affrontando tematiche crudamente contemporanee:
l'inquietudine per una soggettività lacerata e il
conflitto mente-corpo.
L
'uomo di oggi è chiamato a fronteggiare molte sfide
di cui la prima - e forse la più importante - risiede
proprio nel rapporto e nella competizione con la macchina
fisica che lo ospita. La riflessione artistica di Alessandro
Chiodo e la sua analisi spietata della condizione umana
rappresentano efficacemente il senso dell'inquietudine dell'uomo
contemporaneo, che vive l'irrimediabile dicotomia mente-corpo.
Come sostiene Jeffrey Deitch, figura eclettica di critico,
teorico, gallerista e curatore di mostre, che nel catalogo
della rassegna itinerante "Post Human" (Losanna
1992) scrive: "L'era moderna potrebbe essere definita
come il periodo della scoperta dell'io. L'era postmoderna
nella quale viviamo può essere intesa come un periodo
transitorio di disintegrazione dell'io. Forse l'era postumana
che comincia a intravedersi all'orizzonte sarà caratterizzata
dalla ricostituzione dell'io".
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