L'intervista impossibile di Nicola Marotta
Considerazioni sul Maestro del surrealismo. Breve dialogo tra il ritratto Montagne e il suo autore Renè Magritte.
"Nello specchio del vostro testo, il testo del vostro
specchio" [1]
Sul suo viso si celano le stesse
tensioni di quelle forze che si contrastano in seno ad una
innocente nuvola estiva apparentemente quieta, vista a distanza,
mentre, nel suo ventre un'immane turbolenza molecolare ne
scuote l'anima.
Messiere Renè, io sento la coscienza femminile che
si rivela alle donne che vengono al mio cospetto; io le
trasmetto una struggente malinconia, forse a causa di quella
scritta in pieno viso.
Mai Magritte avrebbe chiarito alcun dubbio, a chi che sia,
sulla sua pittura: ne fanno testo le rigorose considerazioni
dei suoi scritti, le interviste rilasciate a giornalisti
della stampa, della radio e della televisione che sono in
perfetta sintonia con la criptica lettura della sua opera
pittorica.
Accettiamo
inconsapevolmente che la terra, materia compatta e coesa,
galleggi in uno spazio rarefatto come il cielo. Solo quando
apprendiamo dalla scienza che questi spazi infiniti sono
solcati dalla presenza di forze cosmiche, come quelle gravitazionali,
capaci di agire su tutta la materia, allora ne comprendiamo
le cause.
Queste cose accadono ai nostri confini percettivi, che,
a volte, distorcono la realtà e il nostro senso comune
ne rimane scosso.
Analogamente si comportano i nostri sensi ai confini percettivi
della visione e della comunicazione.
Vi è un'area comune intorno alla percezione dei cinque
sensi, in cui le diverse identità si scambiano le
informazioni o addirittura i ruoli.
Se vi è la congettura, secondo la quale gli uomini
amano le loro abitudini, questi ultimi opporranno un'inconscia
resistenza non accettando quelle varianti che negano un
punto di riferimento fisso.
In
un'intervista a Magritte il cronista così scrive:
"a chi gli domandava se gli ordinavano dei quadri,
dichiarò che lo avrebbe desiderato, ma che nessuno
gli proponeva di realizzare immagini del genere, ogni volta
devo ordinarmele da me"
Maestro, nell' aprile del 1965 l'ho visto nelle terme dell'isola
d'Ischia: lo conoscevo bene, come artista.
Oggi cerco di parlarle a una notevole distanza temporale,
attraverso i luoghi della memoria dove le cose presenti
si propongono, si affacciano, si intersecano muovendosi
tutto assieme a darci le risposte ai nostri dubbi.
Quegli
occhi collocati sotto le orbite scavate come anfratti, quei
capelli acconciati come una vecchia parrucca posticcia,
quel naso con il setto allungato, quella sua postura pretenziosa,
e poi quella parola comune di cosa "Montagne" collocata
al centro del viso, che si presenta obliqua, partendo dalla
guancia sinistra, (come vuole il senso della scrittura),
a raggiungere l'orecchio opposto: l'assieme ci stravolge
letteralmente il nostro sistema d'attesa.
Madame, il suo non è un vero ritratto, è una
stereotipa immagine femminile eseguita con dati generici,
e non intendo dire nulla sulla scritta, perché mi
rattrista fare queste considerazioni sulle mie composizioni.
Non credo che sia come dice lei un ritratto di maniera,
perché io sono stata attentamente osservata e studiata
come dimostra l'opera L'Espion: ancora qui sento una mia
dignità violata ma non umiliata; come è accaduto
nell'altra con la scritta in pieno viso.
Nessuna persona si scandalizza del fatto che i più
disparati esercizi pubblici si fregiano di insegne con nomi
di personaggi storici, senza che tra l'esercizio e il suo
nome referenziale vi sia una pur minima relazione. Il paradosso
qui non è avvertito.
Così io avrei creato un'infelice. Madame lei vive
solo di riflesso, vive in quanto noi le rivolgiamo dei pensieri,
la pensiamo: è una vita ritratta in una mia opera,
e non può attribuirsi una coscienza femminile, al
femminile.
Madame lei è nella nostra memoria; nel dipingerla,
le ho fermato il tempo intorno, lei è nata opera
pittorica.
Come vede sono diverse finalità di intenti.
Madame, la logica che cerca lei, non ci servirà a
chiarirci che certi corti circuiti, come nel caso dell'opera
"Le paysage fantome" non possono essere spiegati
e neppure dimostrare che l'arte non è solo ragione
e successione di tempi dalla cronaca alla storia.
L'arte è un'operazione che va oltre l'applicazione
della geometria euclidea, la quale, si occupa dello spazio
quantitativo; l'arte a questo aspetto assomma le cosiddette
implicazioni psicologiche.
Quante sono? Cosa sono ? Di che sono fatte? Dove e come
vederle?
La risposta sta nel mettersi in sintonia con l'opera, capirla
e sentirla dentro di sé, come la sa vedere l'artista
quando verifica il già compiuto, e dimentica la fase
di elaborazione fino all'ultimo atto.
Le sembra facile, ma, come?
come capire?
Magritte
aveva 12 anni, quando la madre si suicidò nelle acque
del
fiume Sambra; fu ritrovata sulla riva, supina con un lembo
della sua camicia da notte, che con delicatezza le copriva
con umana pietà il volto. Una lacerazione alla sua
anima che persisterà per una vita. Nella sua opera
affioreranno, a volte accavallandosi, sia l'inconscio metafisico
di de Chirico, che la surrealtà, come, gli accostamenti
improbabili e le metamorfosi; entrambi vicini a contatto
di quei confini dei sensi che si intersecano, o come a spazi
distinti e comunicanti.
Si
dice che le anime delle mamme conservino ancora il compito
di andare ad accogliere i propri figli nell'aldilà,
come a dimostrare di certe contiguità ultrasensoriali
a noi sconosciute.
Renè Magritte, nel 1925\26, dopo aver visto una riproduzione
dell'opera metafisica " Canto d'amore " di Giorgio
de Chirico, subisce una evoluzione radicale nella sua arte,
che condizionerà pure il suo futuro intellettuale.
Magritte,
ci tiene a puntualizzare che non fu una appropriazione indebita,
come può accadere a certuni artisti che, subendo
il fascino di un altro autore rimangono per alcune opere
fortemente influenzati; in seguito ne soffriranno il peso
e cercheranno di ricusare la fonte della loro ispirazione,
tenendo fede però ad un antico detto che recita:
"non sempre si ama chi si ammira".
Per Magritte, l'incontro con de Chirico sconvolge le sue
conoscenze di allora; non gli interessarono più i
futuristi che cercavano un nuovo modo di dipingere, mentre
de Chirico lo affascinò, perché si occupava
di cosa dipingere, come il mito e il mondo onirico, attraverso
sia la lettura dell'inconscio proprio che di quello collettivo.
In Magritte, scatta la scintilla della poetica, del mistero
nella rappresentazione ambigua dell'universo dell'uomo e
delle sue conoscenze, come gli spostamenti dei sensi, per
raggiungere una realtà superiore, appunto surrealtà-
surrealismo; questa pratica espressiva sussiste nell'automatismo
psichico, privato di qualsiasi controllo esercitato dalla
ragione, e al di fuori di ogni preoccupazione estetica e
morale.
Gli aspetti principali sono due:
I°
Accostamenti inconsueti. E' questa libera
associazione di idee che genererà un'inattesa situazione,
che, contraddicendo le nostre certezze, ci sorprende.
II° L'aspetto della superiore realtà è
rappresentata dalle metamorfosi, che consistono nella compenetrazione
chimerica di un oggetto che si evolve in un altra forma.
Le metamorfosi degli oggetti e cose (una doppia visione
realistica) a volte irriguardose o paradossali, con perdita
di identità oggettiva trasmettono un messaggio che,
evolvendosi, altera l'ordine delle nostre conoscenze e crea
lo spostamento del senso: il passaggio da un senso ad un
altro. Elio Vittorini scrive una frase sinestetica sullo
spostamento dei sensi: (cito a memoria), " Il formaggio
siciliano ha un sapore bianco."
Ciò che noi chiamiamo di solito somiglianza, non
è altro che similitudine.
Se i suddetti elementi sono il mio percorso artistico, il
mio fine non è la ricerca del bello: è fuori
dei miei obiettivi.
Le mie opere chiedono l'ammirazione: l'estetica si traduce
in sorpresa, stupore, a volte sgomento, come quando disoggettivando
il sentire, cancello il piacere, il dolore, il desiderio,
la paura: le quattro passioni principali che nego alla mia
pittura, per fare più spazio alla sorpresa.
Saul Steinberg, sostiene, che le opere di Magritte sono
troppo elaborate per una trovata spettacolo. Magritte che
io sappia non rispose mai, ma sento di fare una considerazione
personale: l'opera di Magritte è fuori dal tempo,
viceversa una vignetta è più immediata ma
porta con sé gli umori legati alla sua nascita temporale,
perciò invecchia; l'opera di Magritte è già
storia dell'uomo.
Le aggregazioni di elementi inusuali e improbabili rispetto
al senso comune creeranno visioni surreali di cui non ne
comprendiamo i confini e quindi le vediamo come misteriche,
inspiegabili.
Josè Saramago intitola un suo romanzo "L'anno
della morte di Ricardo Reis " Ricardo Reis è
uno dei diversi pseudonimi con cui Fernando Pessoa firmava
i suoi scritti.
Josè Saramago, farà diventare protagonista
del suo romanzo Ricardo Reis e lo farà continuare
a vivere al suo creatore, facendogli visitare la sua tomba
ad un anno dalla sua morte: in fine li ricongiungerà
entrambi in un'unica persona , restituendo così a
Pessoa morto l'altra parte di sé che gli era sopravvissuta.
Il grande pensiero naviga lungo la verticale del tempo.
Josè Saramago, si unisce tramite Ricardo Reis a Fernando
Pessoa, per continuare le grandi lotte sociali contro i
soprusi, che parte degli uomini perpetra contro altri uomini.
"L'arte è come la terra: brilla di suo".
Per dire che è l'arte e forse solo l'arte (la scienza
teoricamente lo ritiene possibile, ma non lo ha ancora potuto
dimostrare) sa andare avanti e indietro nel tempo, avvicinando
l'uomo a quella
grande utopia che è l'immortalità.
[1] La nota
appare a pag. 30 della monografia di R. Magritte Tutti
gli scritti a cura di A. Blavier (Feltrinelli). La citazione
è di Camille Goemans
Nicola Marotta, Considerazioni sul maestro del Surrealismo.
Breve dialogo tra il ritratto Montagne e il suo autore Renè
Magritte,
in "XÁOS. Giornale di confine", Anno I, n.3 2002-2003, URL: http://www.giornalediconfine.net/n_3/art_4.htm