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Sonia Zampini

Arte come alchimia

 

S. Zampini, Arte con Alchimia, in "XÁOS. Giornale di confine", Anno IV, N.1 Marzo -Giugno 2005/2006 URL:
http://www.giornalediconfine.net/n_4/17.htm

 

"Animali, vegetali e minerali sono insorti nel mondo dell'arte. L'artista si sente attratto dalle loro possibilità fisiche, chimiche e biologiche, e riinizia a sentire il volgersi delle cose del mondo, non solo come essere animato, ma come produttore di fatti magici e meraviglianti. L'artista-alchimista organizza le cose viventi e vegetali in fatti magici (...). Il suo lavoro non mira però a servirsi dei più semplici materiali ed elementi naturali (rame, zinco, terra, acqua, fiumi, piombo, neve, fuoco, erba, aria, pietra, elettricità, uranio, cielo, peso, gravità, calore, crescita, ecc.) per una descrizione o rappresentazione della natura; quello che lo interessa è invece la scoperta, la presentazione, l'insurrezione del valore magico e meravigliante degli elementi naturali. Come un organismo a struttura semplice, l'artista si confonde con l'ambiente, si mimetizza con esso, allarga la sua soglia di percezione; apre un rapporto nuovo con il mondo delle cose. Ciò con cui l'artista entra in rapporto non viene però rielaborato; su di esso non esprime un giudizio, non cerca un valore morale o sociale, non lo manipola: lo lascia scoperto ed appariscente, attinge alla sostanza dell'evento naturale, quale la crescita di una pianta, la reazione chimica di un minerale, il comportamento di un fiume, della neve, dell'erba del terreno, la caduta di un peso, si immedesima con essi per vivere la meravigliante organizzazione delle cose viventi. Così riscopre la magicità (delle relazioni e composizioni chimiche), l'inesorabilità (della crescita vegetale), la precarietà (della materia), la falsità (dei sensi), la violenza (dei fatti naturali-deserto, lago salato, mare, neve, foresta); l'instabilità (di una reazione biofisica), si scopre così come strumento di conoscenza in funzione di una maggiore acquisizione apprensiva della natura". Una nuova dimensione intellettuale si afferma in questo modo, grazie ad un nuovo processo di riflessione che investe le strutture delle pratiche cognitive, offrendo un nuovo approccio antropologico al mondo. Tutto ciò avviene attraverso una dimensione magico-energetica vista da Celant come percorso di conoscenza. Infatti egli afferma che l'artista al pari del biologo, dello scienziato è interessato al comportamento dell'animato e dell'inanimato, grazie ad un itinerario magico, come processo di verità nei confronti del reale. Ugualmente, Lèvi-Strauss affermava che "il pensiero magico non è un principio, uno spunto o un abbozzo, la parte di un tutto ancora in via di realizzazione, ma un sistema ben articolato, indipendente, per questo rispetto, da quell'altro sistema che la scienza sta costruendo, salvo un rapporto di analogia formale che fa del primo una sorta di espressione metaforica del secondo. Invece di contrapporre magia e scienza, meglio sarebbe metterle a raffronto come due modi di conoscenza". Gli artisti della corrente povera legano la loro arte a questa idea (Merz afferma che la comprensione dei numeri di Fibonacci si basa su di un metodo che è a metà tra la conoscenza scientifica e il pensiero magico e mitico); attraversano con le loro opere luoghi archetipi e primigeni, la magia del pensiero primitivo diventa pratica di conoscenza (esemplare è a questo proposito l'arte di Penone ricca di rimandi ad una cultura arcaica e animistica). Una conoscenza che lega la dimensione esistenziale del soggetto alla natura che lo circonda, si delinea così un esistenzialismo magico che si esplica nel valore estetico di una conoscenza poetica. Ritroviamo in tutto ciò i frammenti della tradizione estetica di Hegel: "Il bisogno universale dell'arte è dunque il bisogno razionale che l'uomo elevi alla coscienza spirituale il mondo esterno ed interno come un oggetto in cui egli riconosce il proprio io. Egli soddisfa il bisogno di questa realtà spirituale in quanto da un lato fa per sé interiore ciò che è, ma parimenti realizza esteriormente questo essere per sé e così in questo sdoppiamento di se stesso porta ad una intuizione e conoscenza per sé e per gli altri quel che è in lui". La realtà diventa campo processuale, luogo propositivo del divenire, dove confluiscono più energie, dove le opere si pongono come degli 'anti-oggetti', così definite da Achille Bonito Oliva: "l'arte nel complesso ha immaginato una serie di oggetti che di per sé non hanno modificato il reale, ma hanno innescato un procedimento di conoscenza del mondo nell'artista tanto da porsi come anti-oggetti, che accrescono il panorama spirituale dell'uomo e determinano l'esigenza di una vita in continuità con l'opera ed un'opera in intersecazione con i moti del mondo". L'arte si pone come forma di liberazione espressiva oltre qualsiasi specifico linguistico, come condizione magica e sperimentale che si apre allo spazio e alla natura come esperienza 'inglobante tutto il possibile reale'.