Il
segno sotto cui lavoro è sempre la contaminazione. Infatti se voi leggete
una pagina dei miei libri noterete che la contaminazione è il fatto stilistico
dominante, perché io, che provengo da un mondo borghese e non soltanto
borghese [
], io lettore degli scrittori decadenti più raffinati [
]
sono arrivato a questo mondo. Conseguentemente il pastiche, per forza, doveva
nascere. E infatti in una pagina dei miei romanzi sono almeno tre i piani in cui
mi muovo: cioè il discorso diretto dei personaggi che parlano in dialetto,
nel gergo più volgare, più fisico direi; poi il discorso
libero indiretto, cioè il monologo interiore dei miei personaggi e infine
la parte narrativa o didascalica che è quella mia. Ora questi tre piani
linguistici non possono vivere ognuno nella sua sfera senza incontrarsi [
]
e così avviene anche nei film [
]. Ora, mentre nella pagina di un
romanzo questa contaminazione estremamente complessa e raffinata può sfuggire,
nel cinema, il cui linguaggio è più elementare, più rozzo
di quello letterario [
] viene fuori con maggior violenza. Così che
mentre gli elementi dannunziani che possono essere in un romanzo spariscono -
soltanto un diagnostico, un critico riesce a rintracciarli - gli elementi invece
di sublime religiosità che io ho cercato di tradurre con la musica di Bach
sono immediatamente avvertibili. (1) Nel
corso di un incontro con gli studenti del C.S.C., (2) Pasolini interviene (come
spesso gli accade di fare) sulla componente stilistica della sua poetica cinematografica,
e parla dettagliatamente di quello che può a buona ragione essere considerato
l'elemento base del suo linguaggio cinematografico, cioè la contaminazione,
il pastiche.(3) Nel farlo egli ricorre a esempi tratti dal linguaggio letterario,
che ritiene più articolato di quello cinematografico, definito "più
elementare, più rozzo". Tuttavia mi pare opportuno considerare queste
valutazioni con precauzione. Pasolini, infatti, appare qui (siamo nel 1964) ancora
legato ai moduli del linguaggio letterario, rispetto al quale quello filmico viene
relegato in secondo piano. Nello stesso momento, però, inizia ad avvertire
le influenze provenienti dal mondo del cinema, (4) allora in pieno fermento, con
il propagarsi di una nuova ondata autoriale e con la nascita di nuove discipline,
come la semiologia del film. (5) Egli comincia così a elaborare le sue
teorie linguistiche e semiologiche sul mezzo cinematografico, che costituiranno
una parte fondamentale della sua produzione saggistica della maturità.
(6) Il fattore che prontamente emerge, parlando di contaminazione nel cinema,
è la verticalità immediata del meccanismo. Il cinema, con il suo
"potere di unificare", (7) grazie alle sue potenzialità sinestetiche
(la sintesi di linguaggi diversi) raggiunge istantaneamente un grado di verticalità,
in cui è possibile unire elementi linguistici di stile opposto, ma anche
appartenenti a sfere sensoriali e percettive differenti. Pasolini dunque ritiene
grossolano il linguaggio filmico poiché forse troppo diretto; in esso la
contaminazione non è raffinata, astratta più che reale, evocata
come nella letteratura. Insomma, la sua inferiorità è dovuta all'immediatezza,
al minore grado di "elitarietà". Eppure le potenzialità
espressive del cinema sono molteplici, e lo stesso Pasolini non faticava a applicare,
già nei suoi primi film, molti degli espedienti formali tratti dal suo
stile letterario, per giungere a una formulazione del pastiche ancora più
pregnante di quella sperimentata con carta e penna. I moduli nei quali
egli riconosce i principi espressivi di questo stile misto sono assai prossimi
a quelli che Erich Auerbach evidenzia in molti passi di Mimesis. (8) Il filologo
tedesco traccia una linea diacronica attraverso tutte le letterature occidentali,
antiche e moderne, individuando nella mescolanza degli stili un principio fondamentale
della rappresentazione realistica e proponendo diversi esempi, affascinanti e
convincenti. L'analisi
di Auerbach parte dalle origini della letteratura occidentale, con il raffronto
fra un brano omerico e uno biblico, individuandone i tratti caratteristici e mettendone
in risalto funzioni e finalità dello stile. (9) Egli subito nota come nei
due racconti possano coesistere stile sublime, tragico e stile umile, quotidiano:
"nel nostro episodio della cicatrice si vede come la pacifica scena familiare
della lavatura dei piedi s'intrecci con il grande, importante e sublime fatto
del ritorno" (lo stesso accade, con le dovute proporzioni, in Accattone,
dove temi più o meno apertamente ispirati al tema della Passione si uniscono
ai fatti della misera quotidianità dei protagonisti), mentre dall'altro
lato osserva che "nei racconti del Vecchio Testamento il sublime, il tragico,
il problematico prende forma nell'ambito familiare e quotidiano". (10) La
mescolanza degli stili è un elemento costitutivo dei due testi, che sfuggono
alle regole della retorica classica, dove vige invece una netta separazione. (11)
Di ciò si trova testimonianza anche in Aristotele, che fa notare come lo
stile del discorso debba essere conforme e proporzionato al soggetto trattato;
(12) è una norma che però può essere restrittiva in un tentativo
di rappresentazione realistica, poiché allontana dalla sintesi degli elementi
eterogenei da cui è formata la realtà. (13) A questo proposito Auerbach
nota, in diversi luoghi del suo saggio, come le norme della retorica classica
rappresentino un ostacolo al realismo; a modelli di classicismo sublime, come,
ad esempio, il teatro di Racine, ne contrappone altri in cui la contaminazione
degli stili è uno dei tratti costituitivi, che permette di divenire oggetto
di rappresentazione letteraria a "ogni e qualsiasi persona con tutta la sua
complessa vita giornaliera". (14) Esiste poi un filone letterario i cui principî
sono sempre stati alieni alle norme di separazione degli stili, ed è quello
che - non a caso - interessa maggiormente la nostra analisi: si parla, naturalmente,
delle Sacre Scritture e della letteratura cristiana, con i generi da esse derivati.
Immediatamente, parlando dell'episodio biblico di Abramo, Auerbach evidenzia l'essenzialità
dello stile, la semplicità della narrazione che procede, spesso in maniera
ellittica, per sottrazione. Eppure l'effetto è quello di trovarsi di fronte
a un'opera grandiosa e sublime, nella quale il vigore dello stile paratattico
emerge come una componente indispensabile, tipica delle manifestazioni del Trascendente.
(15) Egli scrive in un passo molto interessante: Il
vero fulcro della dottrina cristiana, l'Incarnazione e la Passione, fu [
]
del tutto inconciliabile col principio della separazione degli stili. Cristo era
tutt'altro che un eroe o un re, era un uomo invece uscito dall'infimo gradino
sociale, i suoi primi discepoli erano stati pescatori e artigiani, egli si muoveva
entro la vita ordinaria del popolino palestinese, parlava con pubblicani e con
prostitute, con poveri, con ammalati, con fanciulli, e tuttavia ogni suo atto
e ogni sua parola erano di somma dignità e più importanti di qualsiasi
altra cosa che mai accadesse; nello stile in cui tutto ciò veniva raccontato
non entrava la più minima sapienza oratoria nel senso antico, esso era
sermo piscatorius, e ciò nonostante oltremodo commovente e più efficace
che la più sublime opera d'arte retorico tragica; e più di tutto
commovente era in quei racconti la Passione. Il re dei re, beffeggiato, sputacchiato,
flagellato e inchiodato sulla croce come un volgare delinquente - oh il racconto
di queste cose, non appena penetra nel cuore degli uomini, annienta completamente
l'estetica della separazione degli stili, produce un nuovo stile sublime, che
non disdegna affatto il quotidiano e accoglie in sé [
] la bruttezza,
l'indecenza, la miseria fisica. (16) È
assai evidente il debito che Pasolini contrae nei confronti di questo passo, e
dell'opera di Auerbach in generale; basti pensare, a proposito, ad alcune sue
affermazioni: Cristo è
un sottoproletario, che va con i sottoproletari. Il rapporto storico fra Cristo
e il proletariato esiste, egli non avrebbe fatto nulla se non fosse stato seguito
dai proletari [
]. E il proletario sarebbe rimasto immerso nelle tenebre
della sordità, se non fosse intervenuta la predica rivoluzionaria di Cristo.
(17) E ancora la definizione di
stile piscatorius, che Pasolini adotta per definire i modi in cui prende forma
il pastiche nel Vangelo, è un altro tratto comune alle analisi stilistiche
del filologo tedesco. (18) Altri spunti di riflessione nascono dai temi finora
affrontati, e la vicinanza di Pasolini ad Auerbach si nota ulteriormente. In altri
passi di Mimesis l'autore rileva come, nei testi cristiani e nei generi da essi
derivati, un motivo ricorrente sia il fatto di elevare a protagonisti di vicende
letterarie tragiche personaggi umili, che, secondo le norme poetiche tradizionali,
mai avrebbero potuto essere oggetto di profonde osservazioni o protagonisti di
intere vicende. È l'esempio di Pietro, "che era un pescatore della
Galilea, d'umilissima origine e cultura", un personaggio che "da una
vita qualunque [
] viene chiamato a un compito enorme". (19) E ancora,
Auerbach racconta come in una sacra rappresentazione, (20) nel XII secolo in Francia,
il personaggio di Adamo fosse rappresentato da un popolano, che parlava con accenti
e modi non certo aulici; questa contaminazione era necessaria per rendere fruibile
al pubblico, che non possedeva altra cultura se non quella popolare, una materia
sublime come quella biblica. Assai evidente, questo procedimento lo ritroviamo
in Pasolini, che fa parlare molti dei personaggi del suo Vangelo con uno spiccato
accento del sud, siano essi popolani, apostoli o alti sacerdoti. Ma, ancor più,
è la scelta stessa degli attori ad assumere un significato particolare.
Franco Citti, Ettore Garofolo, ragazzi di borgata presi dalla strada e catapultati
di fronte a una macchina da presa, diventano i soggetti di inquadrature che spesso
sono vere e proprie composizioni pittoriche di ispirazione sublime, con riferimenti
(più o meno evidenti) a Giotto, Masaccio, Piero della Francesca o Pontormo;
nello stesso modo si comportava Caravaggio, i cui Santi, soggetto di molte sue
opere, erano in realtà, come brillantemente racconta Roberto Longhi, persone
normali o di basso strato sociale, umili, analfabeti, persone del popolo. (21)
Contaminazione verticale: la
sequenza della lotta in Accattone. Risulta
chiara, dunque, la profonde stima di Pasolini per Auerbach, che spesso cita nelle
sue discussioni e nei suoi saggi su argomenti stilistici e teorici. (22) Osservando
con attenzione alcuni passi dell'opera pasoliniana si ha spesso la sensazione
di rinvenire la volontà da parte dell'autore di porre in pratica i refrain
stilistici che Auerbach mette in luce. Nei romanzi romani, ad esempio, partendo
dal principio primo, tutto aristotelico, di imitazione della realtà, l'autore
interviene, a posteriori, con la propria cultura e la propria sensibilità;
emerge così un'architettura che si articola su un doppio piano linguistico,
dove il primo, umile, volgare, compie spesso incursioni nell'altro, raffinato,
di derivazione "alta", "joissiana o proustiana". (23) È
stato scritto a proposito che "lo stile di Ragazzi di vita e Una vita violenta
nasce [
] dalla nuova formula, o sintesi, tutta pasoliniana di mimesis +
contaminatio (di lingua del parlante più nuova lingua del narratore, di
mondo oggettivamente reale del parlante più mondo ricreato dal narratore)".
(24) Una formula adatta più che mai al cinema, dove il "linguaggio
scritto della realtà" si mescola con linguaggi altri, creando un impatto
sinestetico istantaneo, sintesi estrema di lingua umile (popolare) e musica sublime,
immagine (reale, mimetica) povera, ma allo stesso tempo tragica, di ispirazione
anch'essa sublime. Vediamo ora, nel dettaglio, come questo tipo di contaminazione
prenda forma nel linguaggio filmico pasoliniano, con riferimento alla celebre
sequenza della lotta col cognato in Accattone. (25) "SEQUENZA
24. Spiazzo miserabile. Esterno giorno". La
sequenza è disposta su "una triplice dislocazione": (26) A)
spiazzo delle bottiglie: Accattone aspetta la moglie che tira dritto senza degnarlo
di uno sguardo; A) Accattone cammina dietro Ascensa, cercando di parlarle,
nella speranza di essere aiutato. È un lungo piano sequenza costituito
da una carrello frontale a precedere. C) i due giungono nello spiazzo della
casa di Ascensa, che chiama in aiuto al padre e al fratello. Nasce un violento
litigio fra quest'ultimo e Accattone (la C è la sezione che prenderemo
in considerazione). La scena, a partire dal momento in cui Accattone e Ascensa
sono in prossimità dello spiazzo, si compone di 34 inquadrature, e ha una
durata di circa tre minuti e mezzo. Inq.
1 - CV (colonna visiva). La MDP inquadra Accattone e Ascensa di
spalle, ormai prossimi alla casa di lei. Lo spiazzo si riconosce dall'edificio
più alto, un rudere che ha un aspetto vagamente medievale, una sorta di
torrione romanico in rovina. - CS (colonna sonora). ASCENSA: sì,
io te credo
è stato lo sbajo della vita mia crederte! ACCATTONE: che
c'entra, un uomo può pure cambià
Inq. 2 - CV. PP di Iaio, che si alza e corre verso i genitori,
seguito dalla MDP che allarga l'inquadratura. - CS. ACCATTONE: allora,
Asce'? Decìdete prima che arrivamo a casa tua
nun lo vojo vedè
quell'ignorante de tu' padre e de tu' fratello
allora?
Inq.
3 - CV. PP di Ascensa, che si allontana, seguita da un breve movimento
laterale della MDP. - CS. ASCENSA: Levate davanti all'occhi mia
vattene!
Inq.
4 - CV. PA di Accattone (ha un'espressione preoccupata per le parole
della moglie) che, chinatosi per prendere in braccio il figlio, e continua a seguire
Ascensa. Cammina parlando al figlio, fra le sue braccia. - CS. ASCENSA:
(FC, urlando) Ah Giovanni, ah papà! ACCATTONE: 'A regazzì, (a Iaio)
an vedi quant'è acida tu madre
manco un po' de coscienza cià
quella te vò proprio fà cresce senza padre. Inq.
5 - CV. CM, davanti alla bicocca di Ascensa. Escono il padre e il
fratello, Giovanni, inquadrati in FI, lateralmente. È da notare la composizione
dell'inquadratura: le due figure stanno in piedi, sul primo livello. Dietro di
loro, fa da sfondo la misera casa. La bassezza dell'edificio e la prospettiva
falsata rendono i personaggi alti quasi quanto l'elemento architettonico che fa
da sfondo. Il piano assume così un aspetto pittorico, vicino a composizioni
del periodo gotico, ad esempio di Giotto. (27) - CS. ASCENSA: (FC, urlando)
ah papà! GIOVANNI: che va cercando questo, che vole?
Inq.
6 - CV. Ascensa cammina verso il padre e il fratello, seguita dalla
MDP. Si ferma accanto a loro. Giovanni prende atto della situazione e si avvicina
minaccioso verso Accattone, con parole non certo amichevoli. - CS. ASCENSA:
che vole, che vole! Vò fa er mantenuto! Mo' è rimasto senza più
nessuno, e viè qua, hai capito, co' la speranza de magnà sulle spalle
nostre! GIOVANNI: (avanzando verso Accattone) senti, a trucidone, bisogna che
la pianti pe'sempre da venì qua, a disgraziato [
] questo non è
il Circolo San Pietro.
Inq.
7 - CV. Stacco della MDP su Ascensa e il padre, che guardano da
dietro la scena. - CS. GIOVANNI: va' a lavorà se voi magnà!
Inq.
8 - CV. Accattone e Giovanni, uno di fronte all'altro, divisi da
qualche metro di distanza. Accattone posa Iaio per terra. Anche questa inquadratura
ha una composizione spiccatamente pittorica. L'incrocio di sguardi fra i due personaggi,
che obliquamente taglia in due il piano, richiama indirettamente le linee direttrici
create dagli sguardi che attraversano molti quadri di Giotto. Sullo sfondo dell'immagine
si staglia un misero edificio, che tuttavia, come composizione architettonica,
ricorda una chiesa romanica (per gli spioventi laterali, la grande porta centrale
con arco a tutto sesto, l'edificio adiacente che ricorda un campanile). -
CS. SUOCERO: (FC) mo'ce vuoi mette paura te?
Inq.
9 - CV. Movimento panoramico della macchina sull'ambiente. -
CS. SUOCERO: (FC) chi se crede da esse [...]
Inq.
10 - CV. PP del padre di Ascensa. - CS. SUOCERO: farabutto, mascalzone,
che aspetti, vattene via!
Inq.
11 - CV. PP frontale di Accattone, che alza la testa e si rivolge
ai familiari della moglie (con tono forzatamente ironico, in realtà tragico).
(28) - CS. ACCATTONE: come siete carucci, ahò! La riscossa dei
burini!
Inq. 12 -
CV. MPP di Giovanni, il busto è leggermente obliquo. È visto dunque
dalla prospettiva di Accattone. La differenza nella posizione e nel punto di vista
dell'inquadratura fra i due personaggi può essere un elemento interessante.
Accattone, infatti, visto frontalmente, ha un contorno più labile, una
presenza meno delineata, rispetto alla figura più plastica di Giovanni.
(29) Può trattarsi di un richiamo indiretto alla frontalità tipica
delle immagini sacre. - CS. GIOVANNI: ah, te la piji scherzando, eh? Avanzo
de galera
giusto la faccia tua ce vuo' a presentatte qua! Vattene!
Inq.
13 - CV. La MDP stacca su tre persone che guardano in piedi la scena. -
CS. GIOVANNI: (FC) e ricordate
Inq.
14 - CV. La macchina stacca ancora, questa volta su tre ragazzini
che si avvicinano, richiamati dalle urla. Dietro di loro dei ruderi "romanici".
(30) - CS.
nun presentatte più da 'ste parti, nun vojo
che la faccia tua
Inq.
15 - CV. MPP di Giovanni (v. inq. 12). - CS.
la veda tu' fijo!
Nun vojo che se vergogni d'avecce avuto un padre così!
Inq.
16 - CV. PA di Accattone, che chiude gli occhi, abbassandoli a terra.
L'umiliazione per le parole rivoltegli contro è troppo amara da mandare
giù. (L'inquadratura ha un angolo di 45 gradi. Lo sfondo è costituito
dalle solite case, semplici, misere, dal tetto basso. Ormai l'impianto pittorico
della sequenza si è pienamente delineato. Le fonti di ispirazione sono
quelle che Pasolini non ha mai nascosto: Giotto, Masolino e soprattutto Masaccio.
La frontalità in alcune inquadrature, il punto di vista laterale o obliquo
in altre, e soprattutto, in una visone prospettica globale del quadro, la predominanza
del punto di fuga decentrato, proprio della grande pittura italiana fino a buona
parte del Quattrocento, sono gli stilemi adottati da Pasolini nel girare la scena).
Infatti "perde di colpo la testa: ha inghiottito troppo. Urlando e sbavando,
come preso dalle convulsioni, si butta sul cognato, prima che questi se ne renda
conto, prima che la gente se l'immagini". (31) I due si avvinghiano in quello
che sarà un lungo, violento abbraccio. - CS. per quanto riguarda
i dialoghi, d'ora in poi si parla poco. Predominano, come "quinta sonora",
le voci, le urla di spavento della gente, assai numerosa, che assiste alla lite.
Sul piano musicale invece, nel momento esatto in cui Accattone "abbraccia"
il cognato, interviene il coro n. 68 Wir setzen uns mit Tränen nieder dalla
Matthäus Passion di Johann Sebastian Bach. (32) Entra dalla battuta 13, dal
primo intervento vocale del doppio coro. L'impatto emotivo è fortissimo,
la presenza delle voci rende il tono della musica ancora più espressivo.
Lo stile della musica è elevatissimo, sublime. Si tratta, a detta di molti,
di una delle pagine più alte del repertorio bachiano, all'interno del quale
la Matthäus Passion ricopre un ruolo di primo piano. Le parole del brano
riportano alla fine della Passione bachiana, e descrivono il pianto ai piedi della
croce, quando il destino di Cristo si è ormai compiuto, conformemente alle
Scritture: è il momento in cui il dramma è ormai consumato, resta
solo la tragedia.
Inq. 17 -
CV. La MDP inquadra Accattone e Giovanni in figura intera, in piedi. "Il
cognato, più forte, si divincola, ma non riesce a liberarsi dalla stretta
disperata". (33) Alcuni ragazzi cercano, invano, di dividerli, ma i due cadono
per terra e mantengono con forza la loro stretta disperata. - CS. Coro
n. 68, batt. 13 (II tempo) - 15 (I tempo).
Inq.
18 - CV. Breve PA del suocero, "con gli occhi iniettati di
sangue". (34) - CS. Coro n. 68, batt. 15 (II).
Inq.
19 - CV. Accattone e Giovanni si dimenano e si rotolano per terra,
in mezzo alla polvere. Un giovane cerca di dividerli, ma demorde immediatamente,
e si allontana, interdetto. Ora sono soli, la loro lotta continua. Si muovono
meno, e a scatti regolari. Il loro è davvero un "violento abbraccio",
un abbraccio nella miseria e nell'emarginazione. La MDP, in piano fisso, li segue
in CM. L'obiettivo montato è probabilmente un 50. - CS. Continua
il Coro 68 [batt. 15 (III) - 18 (I)]. L'effetto straniante, l'impatto ossimorico
immagine-suono si fa sempre più evidente: la musica è altissima,
tende al cielo. Il coro della Passione piange la morte di Cristo, ma nello stesso
tempo attende con fede la resurrezione. Di contro le immagini, già misere,
povere, essenziali, si fanno ancora più umili: la MDP si abbassa a terra,
per seguire i due protagonisti che lottano in mezzo alla polvere. Si crea, dunque,
una linea, ai cui vertici (alto-basso) stanno musica e immagine. Ma i vertici
sono più vicini di quanto si possa credere, la linea diviene quasi un cerchio.
Accattone e Giovanni non strisciano per terra come vermi (a tratti il loro movimento
sembra quello), combattono come due eroi epici. (35)
Inq.
20 - CV. È il piano più lungo della sequenza. L'immagine
è la stessa dell'inq. 19, ma la MDP stringe di più sull'intrico
dei corpi. Si muovono a scatti, come in un'assurda danza, la morsa delle braccia
è fortissima, si allacciano anche con le gambe. L'avvicinamento della macchina
(che probabilmente monta ora un 75) dà una maggiore profondità e
plasticità ai corpi. - CS. La musica scorre sino al termine dell'intervento
corale, con un breve taglio [18 (II) - 20 (I) [
] 22 (II) - 24].
Inq.
21 - CV. CM che riprende Ascensa con il figlio in braccio e il padre
davanti alla casa. Quest'ultimo entra all'improvviso, e Ascensa, lasciato il figlio,
lo segue. - CS. Lo stacco dell'inquadratura accompagna, con sincronizzazione
quasi perfetta, l'inizio del II intervento degli strumenti solisti, modulato in
tonalità di Mi b maggiore. [Batt. 25 - 26 (I)].
Inq.
22 - CV. Dettaglio eizensteiniano del coltello (brandito dal padre,
entrato in casa a prenderlo, mentre Ascensa tenta di fermarlo). - CS.
Frammento della batt. 26 (II) del coro. Grida di aiuto di Ascensa.
Inq.
23 - CV. CM. Ascensa si aggrappa disperatamente al padre, urlando
aiuto, per tentare di farlo desistere dal suo feroce proposito. - CS.
Frammento della batt. 26 (III).
Inq.
24 - CV. Breve stacco sui due "combattenti" (v, inq. 20).
I corpi non si distinguono quasi più, stretti in una contorsione di dolore.
Non si muovono quasi più, ormai stremati (in una sorta di contegno classico).
Dietro si intravedono sei gambe, tre persone che assistono dall'alto. (36) -
CS. Altro breve frammento musicale [III batt. 26 - 27 (I)]. Inq. 25 -
CV. CM. Davanti alla casa intervengono alcuni giovani a fermare il suocero.
- CS. Batt. 27 (II e III).
Inq.
26 - CV. La MDP, con un CL, mostra una visione d'insieme della scena.
Al centro dell'inq. continua la lotta. Accattone, con un colpo di reni, riesce
a ribaltare Giovanni. Come animati da un'improvvisa forza della disperazione,
i due riprendono forza e si agitano furiosamente. Sullo sfondo si vede ancora
un edificio diroccato, una sorta di torre romanica. Il punto di fuga del quadro
è decentrato. - CS. Coro 68, dal mi b della batt. 27 al do della
batt. 28 (I).
Inq. 27 -
CV. La macchina si avvicina. Ora i due sono nuovamente abbracciati, fermi.
Alcuni giovanotti riescono a dividerli, portando lontano Giovanni che si dimena
furiosamente, urlando. Questi riesce a liberarsi e si getta nuovamente su Accattone
che, rimasto in ginocchio, tentava di rialzarsi. - CS. Coro 68, dal
do della batt. 28 a tutta la batt. 31.
Inq.
28 - CV. Breve inq. laterale in CM. Giovanni si getta su Accattone. -
CS. batt. 32 (sol).
Inq.
29 - CV. La MDP stringe: Accattone si avvinghia di nuovo a Giovanni,
"disperatamente come una sanguisuga. Restano di nuovo stretti, come prima".
(37) Sono circondati dai giovanotti che tentano di dividerli una volta per tutte. -
CS. La frase compresa fra il si della batt. 32 e il sol della 33. A metà
dell'inq. il brano riprende da capo, nella tonalità di Do minore (batt.
1).
Inq. 30 - CV.
MF di Ascensa col neonato in braccio. Sullo sfondo alcune donne e bambini osservano
in disparte. È una Maestà povera, espressionista: Ascensa urla,
contratta in una smorfia di dolore, il bambino piange disperato. Il punto di fuga
è decentrato. - CS. Musica: frammento della batt. 2. Parole di
ASCENSA: Corete! S'ammazzeno!
Inq.
31 - CV. Accattone e Giovanni vengono divisi definitivamente. Giovanni
continua a urlare, imbestialito. - CS. Batt. 2-3. Urla di GIOVANNI: lassateme
che l'ammazzo! Inq. 32 - CV. Accattone si rialza e si allontana,
seguito lateralmente (45 gradi) dalla MDP. - CS. Frammento dalla batt.
3 al la della batt. 4. Continuano le urla minacciose di Giovanni.
Inq.
33 - CV. Giovanni si agita infuriato, e, trattenuto a stento dagli
amici, continua a inveire contro Accattone. - CS. Urla minacciose di
Giovanni.
Inq. 34 - CV. Accattone si allontana, inquadrato
prima in FI, poi in PA (si è avvicinato alla MDP). Guarda per terra, umiliato,
sottomesso. Anche le parole della sceneggiatura difficilmente possono rendere
l'idea del suo sguardo, la sua espressione. (38) Il punto di vista della MDP è
leggermente decentrato, l'effetto chiaroscurale del quadro è accentuato
più che mai: mentre Accattone si allontana, la sua maglietta e i suoi capelli
neri (e - metaforicamente - la sua faccia, nera per l'umiliazione) si stagliano
sullo sfondo sovraesposto, davanti al sole accecante che riverbera sulle povere
case e sul miserabile spiazzo di polvere bianca. Questo elemento, a mio avviso,
dà risalto ai contorni reali della sofferenza di Accattone, umiliato e
sconfitto, sempre. - CS. Scorrono le ultime note (dal Fa della batt.
5 al Fa della batt. 8) del brano, che accompagna dunque la sequenza dallo scoppio
della lite fino alla fine. Parallelamente, a completare il quadro sonoro, le parole
di GIOVANNI: scordatela mi' sorella! 'A pappone! Pappone! Papponeee! (quest'ultimo
urlato con rabbia e disperazione). Abbiamo compiuto quest'analisi dettagliata,
piano per piano, per fornire un quadro sinottico degli eventi visivi e sonori
della sequenza, cercando di renderne l'effetto finale, il modo in cui emerge in
primo piano la contaminazione "verticale", sinottica appunto, degli
elementi diversi, che può riassumersi, schematicamente, in questo modo:

L'essenzialità
del linguaggio adottato; la ratio che regola il montaggio; il rigore simmetrico
nei sintagmi adiacenti (l'uso del campo e controcampo fa pensare alla scomposizione
in tanti quadri di un'opera pittorica); tutti questi elementi rendono lo stile
di Pasolini marcatamente paratattico, assimilabile, letterariamente, allo stile
delle Scritture, come si è accennato sopra. È, in sostanza, la "sacralità
tecnica" di cui parla il regista nelle sue Confessioni tecniche: (39) uno
stile "religioso", "tecnicamente sacro", appunto. (40) Uno
stile composto dal parlato gergale e dialettale dei personaggi, dalle architetture
romaniche e dall'ispirazione pittorica, da un tragico coro di miserabili borgatari,
da una musica, sublime per eccellenza, quella di Bach. Dall'analisi di questa
sequenza emergono dunque, in maniera paradigmatica, i moduli della contaminazione,
attraverso la quale Pasolini costruisce il proprio stile cinematografico, ricollegandosi
a forme espressive della grande tradizione artistica occidentale, in attesa del
processo che lo porterà, più avanti, alla scoperta degli universi
espressivi extraeuropei, sempre e in ogni caso in un'ottica da pasticheur.  Accattone
sta per avventarsi sul cognato (INQ. 16)
 Ascesa
col bambino(INQ. 30)
Note (1)
PPC 2: 2871-2873. (2) Il testo del dibattito (dal titolo Una visione del mondo
epico-religiosa), tenutosi nel 1964, già ospitato tra le pagine della rivista
Bianco & Nero, è leggibile ora anche in PPC 2: 2844-2879. (3) Questi
i due termini che Pasolini adotta per definire la mescolanza degli stili, negli
innumerevoli luoghi in cui si sofferma a parlarne. (4) Segue con attenzione,
nel 1965, la I Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, per la quale
tiene il discorso d'apertura sul tema "Critica e nuovo Cinema", presentando
il saggio Il cinema di poesia (EE 1461-1488), v. SLA 2: 2962. (5) Come scrive
in LE 2: 618, egli è in contatto diretto con Roland Barthes e Christian
Metz, pionieri della disciplina. Con Metz ingaggia un'amichevole polemica sul
concetto di cinema di poesia, criticato in parte dallo studioso francese, v. METZ
1966 e EE: 1549-1550. (6) I suoi saggi sul cinema sono in buona parte raccolti
in EE. (7) Cfr. POIRIER 2001: 623-624. (8) AUERBACH 1956. (9) Si tratta
del racconto della cicatrice di Ulisse (Od. XIX: 386-475) e della partenza di
Abramo per il sacrificio di Isacco, AUERBACH 1956 I: 3-29. (10) AUERBACH 1956
I: 27. (11) A meno che non sia normalizzata in una licentia, v. LAUSBERG 1969:
79; 258-259. (12) Aristot. Ret. III, 7. (13) In questo modo anche episodi
tratti dal Satyricon di Petronio dalla forte connotazione espressionistica giungono
ai limiti - secondo lo stilcritico - di una rappresentazione davvero realistica,
senza riuscire a entrarvi pienamente (o senza volerlo), per il loro "carattere
puramente comico", AUERBACH 1956 I: 37. (14) È la tendenza che
darà luogo all'affermazione del romanzo realista francese, AUERBACH 1956
II: 244. (15) Lo stile paratattico è anche uno dei tratti riscontrabili
nel cinema di Pasolini, che lo applica, a momenti, in maniera quasi scritturale. (16)
AUERBACH 1956 I: 81-82. (17) RI: 114. (18) Cfr., a tal proposito, RI: 106:
"Come sempre si mescolano nelle mie opere - direbbe un critico stilistico
- lo stile sublimis e lo stile piscatorius. Bach rappresenta lo stile sublimis
e i canti di mendicanti negri, oppure i canti popolari russi e la messa cantata
dei congolesi rappresentano lo stile piscatorius, lo stile umile". (19)
AUERBACH 1956 I: 48-49. (20) Si tratta del Mystère d'Adam. (21)
V. LONGHI 2001: 801-875. (22) Ad es. v. SDC: 108, SLA: 1079, 2020-2021 etc. (23)
CPP: 36. (24) FERRI 1996: 140. (25) ACC: 51-56. (26) MICCICHÉ
1999: 64. (27) Uno dei pittori che Pasolini amava molto. (28) Cfr. ACC:
54: "(cantando, però molto forzatamente)". (29) Che peraltro,
anche nella costituzione fisica, è più imponente, scultoreo, muscoloso
come una statua classica, coperto solo da una minuta canottiera. (30) In queste
due inquadrature, e in altre ancora, sullo sfondo, dietro i personaggi in PP,
le persone si accompagnano in gruppi di tre. Tre, il numero della perfezione,
della Trinità. È forse possibile che Pasolini abbia tenuto conto
di un tale elemento, desunto ancora da fonti letterarie sublimi (ad esempio Dante). (31)
ACC: 54. (32) È uno dei quattro brani del Kantor di Lipsia presenti
nel film. Bach è il musicista "classico" più amato da
Pasolini, che infatti adotta frequentemente per il commento sonoro di diverse
sequenze dei suoi film. Per quanto riguarda la componente musicale di Accattone
rimando a CALABRETTO 1999: 347-351; 371-376 e MAGALETTA 1997: 215-230. (33)
ACC: 54. (34) ACC: 54. (35) Cfr. SDC: 108-109 e PSP: 54-55. (36) V. nota
30. (37) ACC: 55. (38) V. ACC: 56: "A quest'ultimo insulto, pur sotto
il bianco della polvere e il rosso del sangue la faccia di Accattone è
piena i vergogna, rabbia e dolore. Ma continua a camminare senza voltarsi indietro,
trafitto alle spalle dagli sguardi della gente". (39) In PPC 2: 2768-2781. (40)
V. PPC 2: 2768-2770. OPERE DI P. P. PASOLINI CITATE
ACC PIER PAOLO PASOLINI, "Accattone", in
Pier Paolo pasolini, "Per il cinema", a cura di Walter Siti e Franco
Zabagli, Milano, Mondadori, 2001, vol. 1, pp. 5-142 (I ediz. "Accattone",
prefazione di C. Levi, Roma, FM, 1961). CPP "Con Pier Paolo Pasolini",
a cura di Enrico Magrelli, Roma, Bulzoni, 1977. EE PIER PAOLO PASOLINI,
"Empirismo eretico", in PIER PAOLO PASOLINI, "Saggi sulla letteratura
e sull'arte", a cura di Walter Siti e Silvia De Laude, Milano, Mondadori,
1999, pp. 1245-1642, vol. I (I ed. Milano, Garzanti, 1982). LE 2 PIER PAOLO
PASOLINI, "Lettere.1955-1975", a cura di Nico Naldini, Torino, Einaudi,
1988. PPC PIER PAOLO PASOLINI, "Pier Paolo pasolini. Per il cinema",
a cura di Walter Siti e Franco Zabagli, Milano, Mondadori, 2001, 2 vol. PSP "Pasolini
su Pasolini. Conversazioni con John Halliday", Parma, Ugo Guanda, 1992 (tit.
orig. "Pasolini on Pasolini", Oswald Stack, 1969). RI PIER PAOLO
PASOLINI, "Le regole di un'illusione", a cura di Laura Betti e Michele
Gulinucci, Roma, Associazione "Fondo Pier Paolo Pasolini", 1991. SDC PIER
PAOLO PASOLINI, "Il sogno del centauro", a cura di Jean Duflot, Roma,
Editori Riuniti, 1993 (I ediz. 1983. Ediz. orig. "Les derniers paroles d'u
impie", Pierre Belfond, 198). SLA PIER PAOLO PASOLINI, "Saggi
sulla letteratura e sull'arte", a cura di Walter Siti e Silvia De Laude,
Milano, Mondadori, 1999, 2 vol. BIBLIOGRAFIA GENERALE AUERBACH
1956 ERICH AUERBACH, "Mimesis". Il realismo nella letteratura occidentale,
2 volumi, Torino, Piccola Biblioteca Einaudi, 1956 (tit. or. "Mimesis. Dargestellte
Wirklichkeit in der abendländischen Literatur", Bern, A. Franche) CALABRETTO
1999 ROBERTO CALABRETTO, "Pasolini e la musica", Pordenone, Cinemazero,
1999 FERRI 1996. FRANCESCO FERRI, "Linguaggio, passione e ideologia.
Pier Paolo Pasolini tra Gramsci, Gadda e Contini", Roma, Progetti Museali
Editore, 1996. LAUSBERG 1969 HEINRICH LAUSBERG, "Elementi di retorica",
Bologna, Il Mulino, 1969. LONGHI 2001. ROBERTO LONGHI, "Caravaggio",
in "Da Cimabue a Moranti", Milano, Mondadori 2001 (I ediz. 1973), pp.
801-875 (I ediz. Roma, Editori Riuniti 1968). MAGALETTA 1997 GIUSEPPE MAGALETTA,
"La musica nell'opera letteraria e cinematografica di Pier Paolo Pasolini",
Urbino, Edizioni Quattro Venti, 1997 METZ 1966 CHRISTIAN METZ, "Le
cinéma moderne et la narrativité", "Cahiers du Cinéma",
185, XII 1966. MICCICHÉ 1999 LINO MICCICHÉ, "Pasolini
nella città del cinema", Venezia, Marsilio Editori, 1999 POIRIER
2001. ALAIN POIRIER, "Le funzioni della musica nel cinema", in "Enciclopedia
della musica", diretta da Jean-Jaques Nattiez, Vol. I, Il Novecento, Torino,
Einaudi, 2001, pp. 622-648. |