La tematica del nichilismo si
rivela come la tematica di fondo nella cultura del nostro
secolo. Essa investe il singolo e la storia stessa, anzi
si confonde con il problema di tutta la cultura dell’Occidente,
investendo pure lo stesso destino dell’uomo. Così, nel mettere
a fuoco il fondamento del nichilismo, si ha modo di vedere
come esso non includa in linea d’essenza un senso negativo
ma piuttosto un senso positivo. Il momento positivo e quello
negativo del nichilismo possono ovviamente subire nei rappresentanti
di tale problematica un approfondimento a diversi livelli.
Si può cominciare a chiarire il fenomeno del nichilismo
con una prima considerazione di carattere generale, secondo
la quale si può distinguere nel nichilismo un duplice
aspetto, l'aspetto storico e storico-sociale e l'aspetto
più propriamente filosofico. Questi due aspetti s’intrecciano
tra di loro. Se si apre il discorso sul nichilismo storico-sociale,
si pensa per lo più al nichilismo anarchico, mentre, se
si parla del nichilismo filosofico, s’intende per lo più
il nichilismo esistenziale. Quando si prende in considerazione
l’aspetto anarchico del nichilismo, si pensa in un primo
luogo all’anarchismo russo conosciuto come populismo russo.
E’ un movimento che sorge in Russia verso la metà dell’Ottocento
come reazione al dispotismo zarista. Si possono fare i nomi
di alcuni grandi scrittori come L. Tolstoj, F. Dostoevskij
e I. Turgenev. In secondo luogo si pensa a quelle note espressioni
teoriche dell’anarchismo che si sviluppano tra il 1840 e
il 1850, come quelle di P. J. Proudhon, M. Bakunin e P.
Kropotkin. Quale maestro spirituale di tale anarchismo teorico
si è soliti porre Max Stirner. Questo giudizio su Stirner
anarchico, che purtroppo è divenuto corrente nella cultura
del nostro secolo, dev’essere messo in discussione. A mio
avviso, il nichilismo di Stirner può considerarsi
come il momento di passaggio tra il nichilismo anarchico
e il nichilismo esistenziale, poichè rappresenta
ad un tempo questi due aspetti del nichilismo. L’«egoismo»
di Stirner, messo a fuoco nella sua opera fondamentale del
1845, L’unico e la sua proprietà, rappresenta
un nuovo modo di riproporre il fondamento dell’esistenza.
Si tratta dell’indipendenza da ogni oggetto esterno nel
quale può andare smarrita la propria libertà. Se con il
suo nichilismo «assoluto» Stirner si presenta come il più
feroce demolitore di tutti gli idoli divini e umani che
la storia del pensiero occidentale ricordi, si deve riconoscere
che egli opera questa demolizione con il solo scopo di mantenere
intatta l’indipendenza dell’io e quindi la sua libertà a
livello di fondamento. Sotto quest’aspetto filosofico il
nichilismo di Stirner è alle radici di quello di Nietzsche,
anche se questi non fa il nome di Stirner. Entrambi vogliono
rendere problematico ogni legame con il pensiero metafisico
tradizionale. Però il modo di portare avanti tale discorso
è diverso. Anche se si cerca di mettere in crisi ogni aspetto
del razionalismo concettuale, Stirner rimane ancora legato
alla ragione illuministica. Egli mette in luce la dimensione
paradossale di tale ragione qualora venga portata fino alle
sue ultime conseguenze, senza poter mostrare lo spazio,
la «trascendenza», dov’è possibile superare tale stadio
paradossale che apre la via a un’angoscia piena di disperazione.
Con il suo nichilismo invece Nietzsche supera il momento
razionalistico del pensare, rivelandosi uno spirito essenzialmente
anti - illuminista. Si può così cogliere pure la profonda
diversità del nichilismo nietzscheano rispetto a quello
delineato da Turgenev, appunto perché pure questo rimane
chiuso in una concezione illuministica della ragione. Turgenev
è il primo a parlare di nichilismo nel suo romanzo Padri
e figli del 1861. Egli descrive il protagonista,
il giovane medico di provincia Bazàrov, come un nichilista.
Più precisamente si legge: «Nichilista è un uomo che non
s’inchina dinanzi ad alcuna autorità, che non accetta alcun
principio alla cieca, qualunque sia il rispetto che lo circonda».
Come si vede, pure questo nichilismo tipico dello spirito
libertario russo è legato a un modo di pensare illuministico.
Il nichilismo di Nietzsche è ben diverso. Questi non s'appella
alle leggi logiche del puro intelletto conoscente quale
ultima istanza, ma intende portare di continuo il singolo
di fronte al suo fondamento ultimo. In tal modo intende
trascendere le pure leggi dell’intelletto, mostrando in
questa «trascendenza» i limiti stessi di tali leggi logiche.
Solo in questa coscienza del limite si dischiude il nuovo
fondamento della verità. Si tratta d’una trascendenza a
livello esistenziale. Se Nietzsche si definisce uno spirito
libero, egli ci tiene a precisare la sua diversità di fondo
rispetto ai liberi pensatori che si nutrono ancora d’una
fede illuministica, cioè d’una fede nella scienza. Per Nietzsche,
tale fede è ancora metafisica, come si può leggere nell’aforisma
344 del quinto libro dello scritto La gaia scienza.
Nell’aforisma 347 dello stesso scritto egli fa notare
che nel «nichilismo alla moda di Pietroburgo», cioè nel
«credere di non credere», si rivela pur sempre un bisogno
di fede nel senso di stabilità, che rimane perciò anch’essa
un’espressione di fanatismo a livello scientifico. Di fronte
a questa realtà ambigua dello spirito libero, tipico dell’illuminismo,
Nietzsche dice di se stesso d’essere lo spirito libero per
eccellenza. Si tratta di quello spirito che prende congedo
da ogni fede in una qualsiasi concezione del mondo che si
fondi sul concetto, per poter «danzare perfino negli abissi».
Lo spirito libero dell’illuminismo sarebbe in fondo ancora
uno spirito borghese. Tra il nichilismo alla moda di Pietroburgo
e quello di Nietzsche c’è un salto di qualità. La polemica
nei confronti dei valori tradizionali tramandati non è fine
a se stessa, come si può constatare sotto alcuni aspetti
pure nel nichilismo stirneriano. In tutte e due le dimensioni
del nichilismo, quello di Stirner e quello di Nietzsche,
si parla della morte del Dio della metafisica. Ma se il
nichilismo stirneriano porta il singolo di fronte «a nulla»,
il nichilisrno nietzscheano porta il singolo di fronte «al
nulla». Questa dimensione del nulla è appunto quella tipica
della trascendenza che si confonde con la realtà del sacro.
In tal modo si supera il nichilismo disperato di Stirner.
Con Nietzsche si è di fronte a un filosofare che procede
in modo circolare. Da una parte, il singolo viene portato
di fronte alla nausea e alla disperazione, in quanto prende
coscienza dei limiti del conoscere a livello scientifico,
dall’altra, proprio nel prendere coscienza di tali limiti,
il pensare s’apre alla dimensione del non-limite, del nulla.
S’apre cioè all’orizzonte d’una trascendenza che si può
definire esistenziale. Nel superare lo stato di disperazione,
l’uomo incontra in questo orizzonte del nulla il divino.
Tale nuova trascendenza dopo la morte di Dio, dove emerge
una nuova dimensione del sacro, rappresenta l’aspetto positivo
del nichilismo nietzscheano. Questo investe il fondamento
ultimo dell’uomo, rivelandosi così a livello di destino.
Se si dice che Nietzsche porta il singolo di fronte ai limiti
del conoscere per trascendere nell’orizzonte del non-conoscere,
non si vuole dire che Nietzsche sia critico della scienza.
Egli critica solo la pretesa della scienza qualora venga
considerata quale fondamento d’ogni valore. Si tratta d’una
critica al conoscere scientifico come sapere totalizzante.
In tal modo si può cogliere nel nichilismo positivo di Nietzsche
il tentativo di superare da una parte l’arroganza del pensiero
metafisico, che ha la pretesa di cogliere con le categorie
stesse del pensiero scientifico la realtà del divino, e
di superare dall’altra pure l’arroganza del pensiero scientifico
come sapere totalizzante, che pretende invece d’eliminare
il sacro in quanto non oggettivo. Se si tengono presenti
queste considerazioni sul nichilismo positivo di Nietzsche
inteso come problema del senso dell’esistere, ci si rende
conto perché Nietzsche consideri il nichilismo sotto tre
aspetti. Sotto il primo aspetto, il nichilismo può essere
inteso in senso del tutto negativo e può essere definito
come nichilismo assoluto. In questo contesto il nichilismo
coincide con l’annullamento della stessa volontà. Tale modo
d’essere del nichilismo, che trova la sua espressione più
radicale nel suicidio, viene ripudiato da Nietzsche per
l’ovvio motivo che l’essenza stessa della vita si manifesta
come volontà-di. Si tratta in fondo d’un’espressione impropria
del nichilismo. Propriamente parlando, il nichilismo può
essere considerato sotto due aspetti che dicono entrambi
il momento positivo di tale fenomeno. In questo contesto
Nietzsche parla d’un nichilismo passivo e d’un nichilismo
attivo. Il nichilismo passivo non coincide con il piano
della non-volontà ma con ciò che Nietzsche stesso definisce
come volontà - del - nulla. Si tratta del nichilismo tipico
della metafisica occidentale cristiana che egli definisce
come ideale ascetico. Nietzsche accetta tale ideale solo
per il fatto che dà all’esistere dell’uomo un senso. Solo
grazie a tale concezione l’uomo non soffre del problema
del significato. Alla fine dell’opera La genealogia della
morale si legge: «L’uomo preferisce ancora volere il
nulla piuttosto che non volere». D’altra parte Nietzsche
si mostra critico pure di tale concezione nichilistica poiché
la volontà-di si rivela in questa come volontà-del-nulla.
Quindi tale nichilismo non supera la dimensione negativa,
anche se questo momento negativo non è assoluto ma solo
relativo. Il terzo aspetto del nichilismo, quello attivo,
rappresenta la dimensione autentica di tale fenomeno, dato
che in questa viene messo in luce il fondamento del nulla
come volontà-di-potenza. In quest’espressione del nichilismo
il momento positivo del nulla viene tematizzato nella messa
in crisi del senso dell’esistere tipico della metafisica
occidentale cristiana. Se pertanto il nichilismo attivo
rappresenta l’aspetto di crisi del nichilismo passivo, si
vede come in fondo questi due aspetti siano tra loro intrecciati
in modo dialettico. Di qui il nucleo del pensiero filosofico
di Nietzsche che può essere messo in luce proprio in una
dialettica esistenziale che ha luogo nell’ambito dei due
poli. E precisamente, da una parte il polo della volontà
del nulla, che sarebbe rappresentato dalla metafisica occidentale
che intende mettere in luce il fondamento dell’esistenza
grazie all’intelletto conoscente. E dall’altra il polo della
volontà-di-potenza che rappresenta la dimensione autentica
del nulla. Tale volontà-di-potenza si chiarisce nel superamento
della volontà del nulla tipica del pensiero metafisico.
La dimensione del nulla propria della volontà-di-potenza
si sottrae per essenza a ogni presa categoriale dell’intelletto
conoscente, manifestandosi quale spazio del sacro autentico.
Il nichilismo come volontà-di-potenza apre l’orizzonte del
divino tipico della morte di Dio. Nel nichilismo attivo
la dimensione di volontà-di-potenza si chiarisce come più-di-potenza,
che trova la sua espressione più completa nella cifra del
superuomo. Questa cifra rappresenta l’espressione ultima
del nichilismo attivo di Nietzsche. Grazie a questo
Nietzsche intende superare lo stato di angoscia in cui si
trova l’uomo del suo tempo, che assiste con panico al venire
meno del sacro nella cultura. Quando nell’aforisma 343,
che apre il libro quinto dell’opera La gaia scienza,
Nietzsche delinea l’avanzare dell’ombra del nichilismo
che copre tutta l’Europa, egli intende alludere appunto
a questo lento scomparire del sacro. Presa coscienza di
questo fatto, Nietzsche non si piega cadendo in un vuoto
nichilismo, ma saluta assieme alla morte di Dio il nuovo
«mattino» del pensiero. Questo non vuole più significare
per l’uomo una nuova spiaggia di sicurezza, come poteva
essere offerta dalle categorie concettuali che sono alla
base del pensiero metafisico. Il pensare di Nietzsche, che
si confonde con il suo nichilismo positivo, è intrinsecamente
insicurezza e rischio, e come tale deve rimanere problematico.
Tale spazio dell’essere-nulla, come spazio del sacro, trova
con Heidegger e Jaspers i due teorici fondamentali della
filosofia dell’esistenza, un’espressione sistematica quanto
mai profonda. In Holzwege Heidegger scrive che con
il nichlismo non s’intende accennare a una corrente spirituale
da affiancarsj ad altre, come per esempio al cristianesimo,
all’umanesimo, all’illuminismo. Il nichilismo non è una
corrente del pensiero occidentale ma, se è pensato nella
sua essenza, è la «corrente fondamentale» della storia dell’Occidente.
Secondo Heidegger si rimane limitati alla sola facciata
«esterna» del nichilismo, se non si riesce a liberarsi dalla
rappresentazione corrente che con il concetto di nichilismo
si pensi a una pura e semplice negazione del Dio cristiano,
quasi a un movimento d’opposizione contro il cristianesimo.
Tale rappresentazione corrente del nichilismo, che richiama
subito la morte del Dio cristiano, è una rappresentazione
ancora apologetico-cristiana, legata alla tradizione della
Chiesa cattolica. Il senso del nichilismo deve essere visto
solo nell’ambito in cui si svolge, cioè nell’ambito della
metafisica stessa. Con il termine metafisica non si deve
intendere una dottrina o una disciplina speciale della filosofia
ma l’ente nella sua totalità, in quanto viene diviso in
due mondi, uno terreno e uno sovraterreno. Questi sono concepiti
in modo che il secondo venga a essere il fondamento del
primo. Sotto quest’angolo visivo il nichilismo diventa «il
processo fondamentale della storia dell’Occidente e l’interna
logica di questa storia». In questa interna logica il nichilismo
di Nietzsche riveste secondo Heidegger un posto di primo
piano, perché porta il pensiero metafisico al suo compimento.
Nel tratteggiare nelle sue linee essenziali il nichilismo
di Heidegger si deve tener presente innanzi tutto che v’è
un’affinità di fondo con il nichilismo di Nietzsche. Heidegger
concorda in certo modo con Nietzsche quando sostiene la
tesi che il nichilismo non è solo un fenomeno esistenziale
ma è in primo luogo un fenomeno storico. Però sotto quest’aspetto
storico si può vedere la distinzione del nichilismo heideggeriano
rispetto a quello nietzscheano, dato che Heidegger mette
a fuoco la storicità del nichilismo a partire dalla storia
della metafisica. D’altra parte, pure Nietzsche tiene presente
nelle sue riflessioni sull’essere la storia della metafisica
occidentale quando propone per un ricupero dell’autenticità
dell’essere un ritorno alla filosofia presocratica. Questo
cammino viene battuto del resto pure da Heidegger, dato
che anch’egli mostra una predilezione per i filosofi presocratici.
Ma il discorso di Heidegger scava più a fondo in quanto
non considera solo la storia del pensiero metafisico a partire
dai suoi rappresentanti ma a partire dalla storicità stessa
dell'essere. Quest’aspetto del nichilismo heideggeriano
manca nel nichilismo nietzscheano. La concezione dell’essere-nulla
di Heidegger non esprime solo il sottrarsi dell’essere a
ogni tentativo di rappresentazione, come aveva detto pure
Nietzsche, ma esprime il «necessario» sottrarsi dell’essere
a ogni rappresentazione. Questa «necessità» non può essere
del tutto chiarita nel destino dell’uomo, in quanto riguarda
lo stesso destino dell’essere. Quando Heidegger dice che
l’essere si dà ed è «necessario» che si dia, egli dice pure
che nel darsi si sottrae come essere per mostrarsi come
ente. La verità dell’essere si rivela così a un tempo come
disvelamento e come nascondimento. Questa verità dell’essere
sfugge al pensiero metafisico e non viene colta in tutta
la sua profondità nemmeno da Nietzsche. La storia dell’essere,
come la considera Heidegger, si rivela così come la storia
della dimenticanza dell’essere. Quest’assenza si precisa
come dimenticanza della distinzione dell’essere rispetto
all’ente. In altre parole, tale assenza si precisa come
dimenticanza della differenza ontologica. Il darsi dell’essere,
o meglio il necessario darsi dell’essere, viene colto nel
pensiero metafisico solo nel suo aspetto di presenza, di
luce, sottraendosi così come essere per rivelarsi come ente.
Dell’essere viene colto solo l’aspetto di disvelamento e
non già la dinamica polare di disvelamento e nascondimento
ad un tempo. Heidegger fa l’appunto critico pure a Nietzsche
di non aver saputo superare del tutto la dimensione dell’essere
tipica della metafisica tradizionale. E ciò perché il suo
nichilismo sarebbe in fondo ancora legato alla rappresentazione
dell’essere-nulla, anche se Nietzsche parla d’un capovolgimento
della rappresentazione classica dell’essere. Spostando il
fondamento dei valori dal mondo sovrasensibile al mondo
sensibile, Nietzsche considera in fondo l’essere ancora
come valore e quindi come ciò che può essere rappresentato.
Nel secondo volume dell’opera Nietzsche Heidegger
scrive: «Nietzsche riconosce il nichilismo come movimento
della storia moderna occidentale, ma non riuscendo a pensare
l’essenza del nulla, poiché non riesce a problematizzarla,
deve essere annoverato tra i nichilisti classici». In Jaspers
la tematica del nichilismo si rivela in modo essenziale
nella stessa tematica della libertà che ci porta di fronte
a una dimensione di essere-nulla intesa come trascendenza
esistenziale. O più precisamente come trascendenza «esistentiva»
che implica l’apertura dell’esistenza all’orizzonte dell’essere-nulla.
Pure in Jaspers si possono vedere due modi d’essere del
nichilismo, uno negativo e uno positivo, intesi anch’essi
in modo dialetticamente polare. Sotto l’aspetto negativo
il nichilismo esprime in senso generale il momento inautentico
dell’essere che Jaspers coglie nell’orizzonte della fede.
E poiché la dimensione inautentica della fede è considerata
come superstizione, il momento negativo del nichilismo può
essere colto in senso generale nel contesto della superstizione.
In tale ambito il termine superstizione esprime il venir
meno del momento del limite e di conseguenza il venir meno
del momento della comunicazione, che rappresenta l’essenza
stessa del filosofare di Jaspers. Considerata sotto quest’angolo
visivo, tale dimensione negativa del nichilismo come superstizione
appare in diverse forme. Nell’ambito della fede teologica
appare nella dimensione della fede in una rivelazione ben
definita, mentre nell’ambito del conoscere scientifico appare
là dove questo conoscere non viene inteso come tale, cioè
solo come momento scientifico, ma come infatuazione. Più
precisamente, quando tale conoscere si rivela quale pretesa
di rivendicare a sé il dominio della verità. Così, i momenti
di superstizione e d’infatuazione rappresentano la realtà
inautentica del nichilismo. Essi esprimono da una parte
l’orizzonte d’una trascendenza oggettivata o, che è lo stesso,
l’orizzonte dogmatico della verità e dall’altra esprimono
una verità con i caratteri d’assolutezza e d’esclusività.
Con il nichilismo autentico, invece, la verità si chiarisce
proprio nell’atto di superare la pretesa del possesso della
verità in senso assoluto, sia questa una verità divina o
una verità umana come quella tipica della scienza. In fondo,
si tratta di mettere in luce in questi due contesti di verità
il momento di confine. Il nichilismo jaspersiano in senso
autentico o positivo esprime solo tale momento di confine,
dato che nella concezione di essere come confine si può
avere l’espressione dell’essere come comunicazione. Si tratta
d’un equilibrio dialettico-polare. La realtà dell’essere
come comunicazione può di continuo venir meno, con la conseguenza
che la verità come libertà si trova esposta al pericolo
di decadere a verità assoluta. Il nichilismo positivo di
Jaspers esprime lo stesso suo filosofare.
Si è visto che il nichilismo
esistenziale di Nietzsche, Heidegger e Jaspers e in certo
modo pure Stirner, ponendoci di fronte al rapporto di fondo
tra essere e nulla, ci pone di fronte al fondamento ultimo
dell'esistenza. Ed allora, aprire un discorso sul nichilismo
non vuol dire tanto trattare di una corrente filosofica
contemporanea accanto ad altre, quanto vuol dire mettere
a nudo in prima linea il problema di fondo che riguarda
ogni uomo da vicino, che è appunto il problema del
senso dell'esistere umano.
Giorgio Penzo, Nietzsche e il nichilismo in "XÁOS. Giornale
di confine",
Anno I, n.1 2002, URL: http://www.giornalediconfine.net/n_precedente/art_2.htm |