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GIORGIO PENZO, "NIETZSCHE E IL NICHILISMO"

 

 

 

La tematica del nichilismo si rivela come la tematica di fondo nella cultura del nostro secolo. Essa investe il singolo e la storia stessa, anzi si confonde con il problema di tutta la cultura dell’Occidente, investendo pure lo stesso destino dell’uomo. Così, nel mettere a fuoco il fondamento del nichilismo, si ha modo di vedere come esso non includa in linea d’essenza un senso negativo ma piuttosto un senso positivo. Il momento positivo e quello negativo  del nichilismo possono ovviamente subire nei rappresentanti di tale problematica un approfondimento a diversi livelli. Si può cominciare a chiarire il fenomeno del nichilismo con una prima considerazione di carattere generale, secondo la quale si può distinguere nel nichilismo un duplice aspetto, l'aspetto storico e storico-sociale e l'aspetto più propriamente filosofico. Questi due aspetti s’intrecciano tra di loro. Se si apre il discorso sul nichilismo storico-sociale, si pensa per lo più al nichilismo anarchico, mentre, se si parla del nichilismo filosofico, s’intende per lo più il nichilismo esistenziale. Quando si prende in considerazione l’aspetto anarchico del nichilismo, si pensa in un primo luogo all’anarchismo russo conosciuto come populismo russo. E’ un movimento che sorge in Russia verso la metà dell’Ottocento come reazione al dispotismo zarista. Si possono fare i nomi di alcuni grandi scrittori come L. Tolstoj, F. Dostoevskij e I. Turgenev. In secondo luogo si pensa a quelle note espressioni teoriche dell’anarchismo che si sviluppano tra il 1840 e il 1850, come quelle di P. J. Proudhon, M. Bakunin e P. Kropotkin. Quale maestro spirituale di tale anarchismo teorico si è soliti porre Max Stirner. Questo giudizio su Stirner anarchico, che purtroppo è divenuto corrente nella cultura del nostro secolo, dev’essere messo in discussione. A mio avviso, il nichilismo di Stirner può considerarsi come il momento di passaggio tra il nichilismo anarchico e il nichilismo esistenziale, poichè rappresenta ad un tempo questi due aspetti del nichilismo. L’«egoismo» di Stirner, messo a fuoco nella sua opera fondamentale del 1845, L’unico e la sua proprietà, rappresenta un nuovo modo di riproporre il fondamento dell’esistenza. Si tratta dell’indipendenza da ogni oggetto esterno nel quale può andare smarrita la propria libertà. Se con il suo nichilismo «assoluto» Stirner si presenta come il più feroce demolitore di tutti gli idoli divini e umani che la storia del pensiero occidentale ricordi, si deve riconoscere che egli opera questa demolizione con il solo scopo di mantenere intatta l’indipendenza dell’io e quindi la sua libertà a livello di fondamento. Sotto quest’aspetto filosofico il nichilismo di Stirner è alle radici di quello di Nietzsche, anche se questi non fa il nome di Stirner. Entrambi vogliono rendere problematico ogni legame con il pensiero metafisico tradizionale. Però il modo di portare avanti tale discorso è diverso. Anche se si cerca di mettere in crisi ogni aspetto del razionalismo concettuale, Stirner rimane ancora legato alla ragione illuministica. Egli mette in luce la dimensione paradossale di tale ragione qualora venga portata fino alle sue ultime conseguenze, senza poter mostrare lo spazio, la «trascendenza», dov’è possibile superare tale stadio paradossale che apre la via a un’angoscia piena di disperazione. Con il suo nichilismo invece Nietzsche supera il momento razionalistico del pensare, rivelandosi uno spirito essenzialmente anti - illuminista. Si può così cogliere pure la profonda diversità del nichilismo nietzscheano rispetto a quello delineato da Turgenev, appunto perché pure questo rimane chiuso in una concezione illuministica della ragione. Turgenev è il primo a parlare di nichilismo nel suo romanzo Padri e figli del 1861. Egli descrive il protagonista, il giovane medico di provincia Bazàrov, come un nichilista. Più precisamente si legge: «Nichilista è un uomo che non s’inchina dinanzi ad alcuna autorità, che non accetta alcun principio alla cieca, qualunque sia il rispetto che lo circonda». Come si vede, pure questo nichilismo tipico dello spirito libertario russo è legato a un modo di pensare illuministico. Il nichilismo di Nietzsche è ben diverso. Questi non s'appella alle leggi logiche del puro intelletto conoscente quale ultima istanza, ma intende portare di continuo il singolo di fronte al suo fondamento ultimo. In tal modo intende trascendere le pure leggi dell’intelletto, mostrando in questa «trascendenza» i limiti stessi di tali leggi logiche. Solo in questa coscienza del limite si dischiude il nuovo fondamento della verità. Si tratta d’una trascendenza a livello esistenziale. Se Nietzsche si definisce uno spirito libero, egli ci tiene a precisare la sua diversità di fondo rispetto ai liberi pensatori che si nutrono ancora d’una fede illuministica, cioè d’una fede nella scienza. Per Nietzsche, tale fede è ancora metafisica, come si può leggere nell’aforisma 344 del quinto libro dello scritto La gaia scienza. Nell’aforisma 347 dello stesso scritto egli fa notare che nel «nichilismo alla moda di Pietroburgo», cioè nel «credere di non credere», si rivela pur sempre un bisogno di fede nel senso di stabilità, che rimane perciò anch’essa un’espressione di fanatismo a livello scientifico. Di fronte a questa realtà ambigua dello spirito libero, tipico dell’illuminismo, Nietzsche dice di se stesso d’essere lo spirito libero per eccellenza. Si tratta di quello spirito che prende congedo da ogni fede in una qualsiasi concezione del mondo che si fondi sul concetto, per poter «danzare perfino negli abissi». Lo spirito libero dell’illuminismo sarebbe in fondo ancora uno spirito borghese. Tra il nichilismo alla moda di Pietroburgo e quello di Nietzsche c’è un salto di qualità. La polemica nei confronti dei valori tradizionali tramandati non è fine a se stessa, come si può constatare sotto alcuni aspetti pure nel nichilismo stirneriano. In tutte e due le dimensioni del nichilismo, quello di Stirner e quello di Nietzsche, si parla della morte del Dio della metafisica. Ma se il nichilismo stirneriano porta il singolo di fronte «a nulla», il nichilisrno nietzscheano porta il singolo di fronte «al nulla». Questa dimensione del nulla è appunto quella tipica della trascendenza che si confonde con la realtà del sacro. In tal modo si supera il nichilismo disperato di Stirner. Con Nietzsche si è di fronte a un filosofare che procede in modo circolare. Da una parte, il singolo viene portato di fronte alla nausea e alla disperazione, in quanto prende coscienza dei limiti del conoscere a livello scientifico, dall’altra, proprio nel prendere coscienza di tali limiti, il pensare s’apre alla dimensione del non-limite, del nulla. S’apre cioè all’orizzonte d’una trascendenza che si può definire esistenziale. Nel superare lo stato di disperazione, l’uomo incontra in questo orizzonte del nulla il divino. Tale nuova trascendenza dopo la morte di Dio, dove emerge una nuova dimensione del sacro, rappresenta l’aspetto positivo del nichilismo nietzscheano. Questo investe il fondamento ultimo dell’uomo, rivelandosi così a livello di destino. Se si dice che Nietzsche porta il singolo di fronte ai limiti del conoscere per trascendere nell’orizzonte del non-conoscere, non si vuole dire che Nietzsche sia critico della scienza. Egli critica solo la pretesa della scienza qualora venga considerata quale fondamento d’ogni valore. Si tratta d’una critica al conoscere scientifico come sapere totalizzante. In tal modo si può cogliere nel nichilismo positivo di Nietzsche il tentativo di superare da una parte l’arroganza del pensiero metafisico, che ha la pretesa di cogliere con le categorie stesse del pensiero scientifico la realtà del divino, e di superare dall’altra pure l’arroganza del pensiero scientifico come sapere totalizzante, che pretende invece d’eliminare il sacro in quanto non oggettivo. Se si tengono presenti queste considerazioni sul nichilismo positivo di Nietzsche inteso come problema del senso dell’esistere, ci si rende conto perché Nietzsche consideri il nichilismo sotto tre aspetti. Sotto il primo aspetto, il nichilismo può essere inteso in senso del tutto negativo e può essere definito come nichilismo assoluto. In questo contesto il nichilismo coincide con l’annullamento della stessa volontà. Tale modo d’essere del nichilismo, che trova la sua espressione più radicale nel suicidio, viene ripudiato da Nietzsche per l’ovvio motivo che l’essenza stessa della vita si manifesta come volontà-di. Si tratta in fondo d’un’espressione impropria del nichilismo. Propriamente parlando, il nichilismo può essere considerato sotto due aspetti che dicono entrambi il momento positivo di tale fenomeno. In questo contesto Nietzsche parla d’un nichilismo passivo e d’un nichilismo attivo. Il nichilismo passivo non coincide con il piano della non-volontà ma con ciò che Nietzsche stesso definisce come volontà - del - nulla. Si tratta del nichilismo tipico della metafisica occidentale cristiana che egli definisce come ideale ascetico. Nietzsche accetta tale ideale solo per il fatto che dà all’esistere dell’uomo un senso. Solo grazie a tale concezione l’uomo non soffre del problema del significato. Alla fine dell’opera La genealogia della morale si legge: «L’uomo preferisce ancora volere il nulla piuttosto che non volere». D’altra parte Nietzsche si mostra critico pure di tale concezione nichilistica poiché la volontà-di si rivela in questa come volontà-del-nulla. Quindi tale nichilismo non supera la dimensione negativa, anche se questo momento negativo non è assoluto ma solo relativo. Il terzo aspetto del nichilismo, quello attivo, rappresenta la dimensione autentica di tale fenomeno, dato che in questa viene messo in luce il fondamento del nulla come volontà-di-potenza. In quest’espressione del nichilismo il momento positivo del nulla viene tematizzato nella messa in crisi del senso dell’esistere tipico della metafisica occidentale cristiana. Se pertanto il nichilismo attivo rappresenta l’aspetto di crisi del nichilismo passivo, si vede come in fondo questi due aspetti siano tra loro intrecciati in modo dialettico. Di qui il nucleo del pensiero filosofico di Nietzsche che può essere messo in luce proprio in una dialettica esistenziale che ha luogo nell’ambito dei due poli. E precisamente, da una parte il polo della volontà del nulla, che sarebbe rappresentato dalla metafisica occidentale che intende mettere in luce il fondamento dell’esistenza grazie all’intelletto conoscente. E dall’altra il polo della volontà-di-potenza che rappresenta la dimensione autentica del nulla. Tale volontà-di-potenza si chiarisce nel superamento della volontà del nulla tipica del pensiero metafisico. La dimensione del nulla propria della volontà-di-potenza si sottrae per essenza a ogni presa categoriale dell’intelletto conoscente, manifestandosi quale spazio del sacro autentico. Il nichilismo come volontà-di-potenza apre l’orizzonte del divino tipico della morte di Dio. Nel nichilismo attivo la dimensione di volontà-di-potenza si chiarisce come più-di-potenza, che trova la sua espressione più completa nella cifra del superuomo. Questa cifra rappresenta l’espressione ultima del nichilismo attivo di Nietzsche. Grazie a questo Nietzsche intende superare lo stato di angoscia in cui si trova l’uomo del suo tempo, che assiste con panico al venire meno del sacro nella cultura. Quando nell’aforisma 343, che apre il libro quinto dell’opera La gaia scienza, Nietzsche delinea l’avanzare dell’ombra del nichilismo che copre tutta l’Europa, egli intende alludere appunto a questo lento scomparire del sacro. Presa coscienza di questo fatto, Nietzsche non si piega cadendo in un vuoto nichilismo, ma saluta assieme alla morte di Dio il nuovo «mattino» del pensiero. Questo non vuole più significare per l’uomo una nuova spiaggia di sicurezza, come poteva essere offerta dalle categorie concettuali che sono alla base del pensiero metafisico. Il pensare di Nietzsche, che si confonde con il suo nichilismo positivo, è intrinsecamente insicurezza e rischio, e come tale deve rimanere problematico. Tale spazio dell’essere-nulla, come spazio del sacro, trova con Heidegger e Jaspers i due teorici fondamentali della filosofia dell’esistenza, un’espressione sistematica quanto mai profonda. In Holzwege Heidegger scrive che con il nichlismo non s’intende accennare a una corrente spirituale da affiancarsj ad altre, come per esempio al cristianesimo, all’umanesimo, all’illuminismo. Il nichilismo non è una corrente del pensiero occidentale ma, se è pensato nella sua essenza, è la «corrente fondamentale» della storia dell’Occidente. Secondo Heidegger si rimane limitati alla sola facciata «esterna» del nichilismo, se non si riesce a liberarsi dalla rappresentazione corrente che con il concetto di nichilismo si pensi a una pura e semplice negazione del Dio cristiano, quasi a un movimento d’opposizione contro il cristianesimo. Tale rappresentazione corrente del nichilismo, che richiama subito la morte del Dio cristiano, è una rappresentazione ancora apologetico-cristiana, legata alla tradizione della Chiesa cattolica. Il senso del nichilismo deve essere visto solo nell’ambito in cui si svolge, cioè nell’ambito della metafisica stessa. Con il termine metafisica non si deve intendere una dottrina o una disciplina speciale della filosofia ma l’ente nella sua totalità, in quanto viene diviso in due mondi, uno terreno e uno sovraterreno. Questi sono concepiti in modo che il secondo venga a essere il fondamento del primo. Sotto quest’angolo visivo il nichilismo diventa «il processo fondamentale della storia dell’Occidente e l’interna logica di questa storia». In questa interna logica il nichilismo di Nietzsche riveste secondo Heidegger un posto di primo piano, perché porta il pensiero metafisico al suo compimento. Nel tratteggiare nelle sue linee essenziali il nichilismo di Heidegger si deve tener presente innanzi tutto che v’è un’affinità di fondo con il nichilismo di Nietzsche. Heidegger concorda in certo modo con Nietzsche quando sostiene la tesi che il nichilismo non è solo un fenomeno esistenziale ma è in primo luogo un fenomeno storico. Però sotto quest’aspetto storico si può vedere la distinzione del nichilismo  heideggeriano rispetto a quello nietzscheano, dato che Heidegger mette a fuoco la storicità del nichilismo a partire dalla storia della metafisica. D’altra parte, pure Nietzsche tiene presente nelle sue riflessioni sull’essere la storia della metafisica occidentale quando propone per un ricupero dell’autenticità dell’essere un ritorno alla filosofia presocratica. Questo cammino viene battuto del resto pure da Heidegger, dato che anch’egli mostra una predilezione per i filosofi presocratici. Ma il discorso di Heidegger scava più a fondo in quanto non considera solo la storia del pensiero metafisico a partire dai suoi rappresentanti ma a partire dalla storicità stessa dell'essere. Quest’aspetto del nichilismo heideggeriano manca nel nichilismo nietzscheano. La concezione dell’essere-nulla di Heidegger non esprime solo il sottrarsi dell’essere a ogni tentativo di rappresentazione, come aveva detto pure Nietzsche, ma esprime il «necessario» sottrarsi dell’essere a ogni rappresentazione. Questa «necessità» non può essere del tutto chiarita nel destino dell’uomo, in quanto riguarda lo stesso destino dell’essere. Quando Heidegger dice che l’essere si dà ed è «necessario» che si dia, egli dice pure che nel darsi si sottrae come essere per mostrarsi come ente. La verità dell’essere si rivela così a un tempo come disvelamento e come nascondimento. Questa verità dell’essere sfugge al pensiero metafisico e non viene colta in tutta la sua profondità nemmeno da Nietzsche. La storia dell’essere, come la considera Heidegger, si rivela così come la storia della dimenticanza dell’essere. Quest’assenza si precisa come dimenticanza della distinzione dell’essere rispetto all’ente. In altre parole, tale assenza si precisa come dimenticanza della differenza ontologica. Il darsi dell’essere, o meglio il necessario darsi dell’essere, viene colto nel pensiero metafisico solo nel suo aspetto di presenza, di luce, sottraendosi così come essere per rivelarsi come ente. Dell’essere viene colto solo l’aspetto di disvelamento e non già la dinamica polare di disvelamento e nascondimento ad un tempo. Heidegger fa l’appunto critico pure a Nietzsche di non aver saputo superare del tutto la dimensione dell’essere tipica della metafisica tradizionale. E ciò perché il suo nichilismo sarebbe in fondo ancora legato alla rappresentazione dell’essere-nulla, anche se Nietzsche parla d’un capovolgimento della rappresentazione classica dell’essere. Spostando il fondamento dei valori dal mondo sovrasensibile al mondo sensibile, Nietzsche considera in fondo l’essere ancora come valore e quindi come ciò che può essere rappresentato. Nel secondo volume dell’opera Nietzsche Heidegger scrive: «Nietzsche riconosce il nichilismo come movimento della storia moderna occidentale, ma non riuscendo a pensare l’essenza del nulla, poiché non riesce a problematizzarla, deve essere annoverato tra i nichilisti classici». In Jaspers la tematica del nichilismo si rivela in modo essenziale nella stessa tematica della libertà che ci porta di fronte a una dimensione di essere-nulla intesa come trascendenza esistenziale. O più precisamente come trascendenza «esistentiva» che implica l’apertura dell’esistenza all’orizzonte dell’essere-nulla. Pure in Jaspers si possono vedere due modi d’essere del nichilismo, uno negativo e uno positivo, intesi anch’essi in modo dialetticamente polare. Sotto l’aspetto negativo il nichilismo esprime in senso generale il momento inautentico dell’essere che Jaspers coglie nell’orizzonte della fede. E poiché la dimensione inautentica della fede è considerata come superstizione, il momento negativo del nichilismo può essere colto in senso generale nel contesto della superstizione. In tale ambito il termine superstizione esprime il venir meno del momento del limite e di conseguenza il venir meno del momento della comunicazione, che rappresenta l’essenza stessa del filosofare di Jaspers. Considerata sotto quest’angolo visivo, tale dimensione negativa del nichilismo come superstizione appare in diverse forme. Nell’ambito della fede teologica appare nella dimensione della fede in una rivelazione ben definita, mentre nell’ambito del conoscere scientifico appare là dove questo conoscere non viene inteso come tale, cioè solo come momento scientifico, ma come infatuazione. Più precisamente, quando tale conoscere si rivela quale pretesa di rivendicare a sé il dominio della verità. Così, i momenti di superstizione e d’infatuazione rappresentano la realtà inautentica del nichilismo. Essi esprimono da una parte l’orizzonte d’una trascendenza oggettivata o, che è lo stesso, l’orizzonte dogmatico della verità e dall’altra esprimono una verità con i caratteri d’assolutezza e d’esclusività. Con il nichilismo autentico, invece, la verità si chiarisce proprio nell’atto di superare la pretesa del possesso della verità in senso assoluto, sia questa una verità divina o una verità umana come quella tipica della scienza. In fondo, si tratta di mettere in luce in questi due contesti di verità il momento di confine. Il nichilismo jaspersiano in senso autentico o positivo esprime solo tale momento di confine, dato che nella concezione di essere come confine si può avere l’espressione dell’essere come comunicazione. Si tratta d’un equilibrio dialettico-polare. La realtà dell’essere come comunicazione può di continuo venir meno, con la conseguenza che la verità come libertà si trova esposta al pericolo di decadere a verità assoluta. Il nichilismo positivo di Jaspers esprime lo stesso suo filosofare.

Si è visto che il nichilismo esistenziale di Nietzsche, Heidegger e Jaspers e in certo modo pure Stirner, ponendoci di fronte al rapporto di fondo tra essere e nulla, ci pone di fronte al fondamento ultimo dell'esistenza. Ed allora, aprire un discorso sul nichilismo non vuol dire tanto trattare di una corrente filosofica contemporanea accanto ad altre, quanto vuol dire mettere a nudo in prima linea il problema di fondo che riguarda ogni uomo da vicino, che è appunto il problema del senso dell'esistere umano.


Giorgio Penzo, Nietzsche e il nichilismo in "XÁOS. Giornale di confine",
Anno I, n.1 2002, URL: http://www.giornalediconfine.net/n_precedente/art_2.htm



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