giornalediconfine.net

 

 

 

 

GIUSEPPE MASCIA, "GENEALOGIA DI UN SENTIERO-Nota preliminare"

 

 

La nostra epoca ha, per così dire, il tratto della rarefazione! Respiriamo e sostiamo in questo "vapore" che ci sostiene, che ci alimenta e ci traghetta. Quanto mai frontale deve essere il monito di Hegel a muoversi con avvedutezza e circospezione nella trama della Storia per non cadere nella trappola del giudizio ingenuo. Tuttavia, il pericolo è l'autentica vocazione dell'uomo e in qualche modo il rischio segna il nostro stare dentro questo rarefarsi del tutto. Ormai il passo è fatto: anche questo breve contributo ha già in parte mostrato le proprie carte, consegnandosi così ad una tradizione in cui vive e da cui rampolla bevendo la sua nichilistica linfa. Le filosofie che hanno ereditato il tema heideggeriano dell'oltrepassamento della metafisica sono dentro lo scorrere di questo fiume in piena, non giacciono nel fondo del suo letto sedimentando su se stesse, tutt' altro: proprio in alcune di queste il nostro tempo è il segno di questo oltrepassamento, e noi siamo immersi in questa corrente. Piegando questa immagine fino a farla curvare in direzione dell'esistenza si apre la via a comprendere il nostro stesso stare in rapporto con la tradizione che ci costituisce: l'esser-annidati in un esser-presi fin dal principio in un radicamento, un dimorare! Noi siamo presenti nella continuità di questa corrente, nel segno di una provenienza che ci sovrasta, che respira di noi, ma che in qualche modo ci consegna alle nostre possibilità più proprie. Ma sedendo e mirando alcune altezze di una certa tradizione continentale, la storia dell'Occidente si rivela epifania della storia dell'essere come costitutiva erosione di strutture stabili; la razionalità occidentale (l'Occidente è la terra dell'occaso, ovvero del tramonto) nell'acquisire coscienza di sè scopre la vocazione nichilistica come suo tratto fondamentale.

In questa impalcatura concettuale il principio che ne regge le fondamenta sembra esser questo: l'impossibilità di pensare "l'essere" in una forma stabile, da un lato conduce ad un terreno in cui regna una logica di tipo apofatico, modalità in cui l'alba del concetto della "cosa" è vibrante nella sua negazione (l'essere non è questo, non è quello, ma è oltre…), dall'altro si profila un pensiero che guarda "all'essere" - e quindi alla sua storia - come ad una pienezza che pian piano si svuota; "l'essere" è qui inteso come qualcosa che non si identifica mai con il suo darsi, è quindi un evento: un accadimento. Il quadro è chiaro, visibile; ma, la tela è lacerata: il destino "dell'essere" grava sull'uomo poiché egli è il suo pastore, egli è costretto ad errare, apparentemente… , senza fissa dimora. Riaffiora qui un detto di Nietzsche che recita: " Io non vivo se non tramontando…" . E' altresì prezioso, a questo punto, l'ascolto di Heidegger che cede la parola a Vincent Van Gogh : " Io sento con tutte le mie forze che la storia dell'uomo è come quella del grano; anche se non saremo piantati nella terra per germogliare, non importa: saremo macinati lo stesso per diventare pane. Guai a chi non passa per questa macina". E' in queste vicende che il Novecento ha costruito il suo dramma! Questa corrente bagna i lidi dell'umana condizione, ed è nel secolo appena trascorso che, per un'improvvisa accelerazione, si è sfiorato il limite dell'inondazione. Per questo l'esperienza della post-modernità ha quel tratto della rarefazione da cui abbiamo preso le mosse. La mancanza di densità genera assenza di appigli stabili per il soggetto che si trova ad errare nell'epoca "della debolezza". Il soggetto non ha gravità! Niente (o poco) sembra avere capacità di presa, ogni cosa passa senza lasciare traccia, esperienze sottratte al dominio della nostra continuità, momenti che non si sedimentano nella nostra memoria, che non si fanno storia: eventi che sorgono e che si eclissano. L'epoca della fine dei meta-racconti si agita come un mare in tempesta; noi siamo al centro di questo vortice e in qualche modo rappresentiamo il suo momento riflesso: siamo ciò che fa ruotare questo magma secolare. L'ingresso nel divenire storico ci plasma con le fattezze di un tramandamento che in noi si mantiene in vita, che ci segna, e tuttavia noi mutiamo in e con essa nella misura in cui la ereditiamo: noi siamo in cammino, noi siamo un colloquio! Averci consegnato questa modalità dello sguardo come ascolto è merito dell'ermeneutica, un sapere che ha nel suo midollo un'essenza: il dialogo. Dialogare è allora un raccogliere, un fondere gli orizzonti ascoltando il passato nell'esser-tesi in direzione del possibile; è un'affacciarsi sull'indeterminato a partire da un appiglio. Il "tempo post-moderno", che ha nell'ermeneutica uno dei suoi fuochi interiori, apre così alla "pluralizzazione". La pluralizzazione è l'esperienza della consumazione degli immutabili, l'esperienza della visione di una frammentazione. Questo costitutivo sgretolarsi e disperdersi nel plurale sembra non possedere un punto di fuga, una prospettiva; l'esistenza è uno star-sempre-nei-pressi-di questo limite. Ma, lo star-presso un limite ha un momento fecondo: l'incontro. Il limite è il luogo di una distinzione e di una relazione; è in questo 'topos' teoretico che gli orizzonti possono incontrarsi nel distinguersi e così dis-velarsi per ciò che sono : aperture.

E' in questo scenario che tale contributo ha la pretesa di star dentro un progetto quale è la rivista XÁOS. In linea con quanto si è accennato precedentemente, l'idea di "caos" come ciò-che-è-lontano-dall'ordine volge verso un modo più ampio di raccogliere il significato della parola, dove "caos" indica una spazio immenso, un'immensa distesa. Confluire in questa apertura vuol dire entrare in un luogo che come punto di intersezione di orizzonti differenti è propriamente un non-luogo, poiché non vive di una stabilità ma vibra come circolarità. A partire dallo scheletro che si è delineato, questo intervento tra le tante pretese avanzate (implicite e non) non ha quella di aver esaurito i suoi argomenti; poiché se da un lato la "cosa" stessa in questione non ha un approdo definitivo, dall'altro il presente contributo è solo una possibile introduzione ad altri, che da questo trarranno ispirazione. Il lettore che "navigando" tocca queste sponde, comprenderà (si spera) che lo stesso autore si sente un po' come il timoniere di una barca che è in allestimento, forse non ancora pronta a salpare. Pertanto di volta in volta gli articoli proposti saranno tracce di un paesaggio (non unitario) configurantesi in un cammino, che sarà a disposizione di chi avrà la pazienza di farsi trasportare da questa corrente.

 
 

G. Mascia, Genealogia di un sentiero - Nota preliminare in XÁOS. Giornale di confine,
Anno I, n.1 2002, URL: http://www.giornalediconfine.net/n_precedente/art_7.htm

   


Xaos Giornale di confine
Rivista on line di filosofia arte e letteratura


Reg. Tribunale di Sassari n. 381/2001 - 08/05/2001 - ISSN 1594-669X | info@giornalediconfine.net