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JOSEPHINE SASSU, "VARIE ED EVENTUALI"

 

J. Sassu, "Varie ed Eventuali", in "XÁOS. Giornale di confine", Anno II, N.1 Marzo-Giugno 2003, URL: http://www.giornalediconfine.net/anno_2/n_1/16.htm

 

Più volte ho pensato alla possibilità che un prodotto artistico possa contenere in se, ed eventualmente emanare allo spettatore, una parte consistente della vita di chi l'ha prodotta. Non ho però mai cercato una risposta certa, inequivocabile; mi sono invece soffermata sull' aspetto più formale di tale meccanismo mettendolo più volte in scena.
Molti miei lavori sono stati concepiti e costruiti come forma amplificata delle mie fantasie e delle mie paure ma, forse nella stessa misura, sono stati imbastiti su quelle che percepisco come certezze altrui, o il mitico immaginario collettivo che dir si voglia.
Uno dei miei ultimi lavori è una serie, non ancora conclusa, di autoritratti sotto forma animale SPECCHIO DELLE MIE BRAME.
E' di questi giorni la notizia che presto sarà possibile eseguire il trapianto di faccia; è ormai consolidata, se non tecnicamente almeno teoricamente, l' idea della clonazione umana (pare che la già popolosa Cina sia piuttosto impegnata in questo versante della ricerca scientifica).
Il mio ritrarmi in molteplici forme è certamente legato a questi aspetti della contemporaneità che amplificano, e spesso esasperano, la già illimitata possibilità che ogni essere umano ha di raccontarsi.
Formalmente i miei referenti artistici sono però certi: i cicli di vizi e virtù ed i bestiari medioevali, La processione delle vergini di Sant'Appollinare a Ravenna, L'esercito di terracotta cinese, le Dee Madri del neolitico mediterraneo. A questa schiera di nobilissime falsarighe artistiche si aggiungono, forse a pari merito, suggestioni più profane, tratte direttamente dal mio vissuto quotidiano; appartengo alle prime generazioni cresciute con la televisione e, probabilmente, molto prima di aver mai sentito parlare di Mirò di Botticelli o di Duchamp, ho visionato per ore ed ore Spazio 1999, Goldreik, i Barbapapà....e, in tempi molto più recenti, mi sono soffermata anche sulle ultime generazioni di cartoni come Pokemon.

Spesso l'uomo ha accompagnato la sua immagine, o la sua sublimazione, alla figura animale: pensiamo ad alcuni dei egizi o alle maschere di certe popolazioni primitive; anche l'uso di pellicce e piume è spesso accompagnato dall'esigenza di evidenziare potenziare il potere o la bellezza di chi li indossa: si pensi all'ermellino dei manti regali o alle preziose piume degli uccelli del paradiso nei copricapo Maia e Atzechi.

SPECCHIO DELLE MIE BRAME è di fatto il primo lavoro in cui la forma antropomorfa è assoluta protagonista ma, contrariamente a quello che l'immagine suggerisce, nega la possibilità dell'esistenza. Ogni autoritratto è accompagnato da una frase: ... se non fossi scontrosa come un rinoceronte ...se fossi mite come un koala... se non fossi come un asino che vola. Ogni autoritratto mi raffigura con denti aguzzi e unghie affilate, postura quasi militare: così quando evoco un difetto lo rafforzo, quando richiamo un pregio dichiaro di non averlo, inoltre le frasi sono spesso contrastanti e contraddittorie.
Lavoro da sempre sul limite tra il bello ed il brutto, il bene ed il male, lo sgradevole e l'accattivante cercando di sbiadirne i contorni già confusi. Mi incanto leggendo frasi nei foglietti illustrativi dei farmaci, nelle istruzioni per l'uso dei prodotti per la pulizia della casa: trovo nella loro sintesi qualcosa di biblico. A volte sovverto leggermente dei detti della sapienza popolare: se tutti i mali non vengono per nuocere, faccio 365 disegni di tutti i mali che vengono per nuocermi.
Le volte che mi capita di leggere una ricetta di cucina, alla scritta "...quanto basta", sobbalzo, e salto i pasti, pensando che questo è il vero problema di tutto. Credo che di tutti i miei lavori il motivo unificante sia l'incanto...mi piace poter inculcare in chi guarda delle sensazioni, insinuare dei dubbi dopo aver suonato un flauto e, nonostante io non abbia remore romantiche, mi piace lavorare sotto incanto. Non amo cucire, non so disegnare ne dipingere: quando lavoro e uso questi mezzi lo faccio come se fosse un caso di vita o di morte, come se fosse la fatidica domanda da un milione di dollari (o, meglio, di euro). A volte penso come mai mi sia messa in testa di seguire questa strada, mi domando quanto il mondo abbia bisogno di artisti...