Dramma satiresco
alla
fine
Frammezzare: brevi dialoghi tra Teseo, Dioniso e Arianna.
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Teseo diventa assurdo, disse Arianna, Teseo diventa virtuoso
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Gelosia di Teseo per il sogno
di Arianna.
L'eroe che ammira se stesso, che diventa assurdo. Lamento
di Arianna.
Dioniso senza gelosia : "Ciò che io amo in te,
come potrebbe amarlo un Teseo?" ...
Ultimo atto. Nozze di Dioniso e Arianna.
"Non si è gelosi quando si è Dio disse
Dioniso, se non di altri dèi".
"Arianna, disse Dioniso, sei un labirinto: Teseo si
è smarrito in te, non ha più un filo;
a che gli giova ora il non essere stato divorato dal Minotauro?
Ciò che lo divora è peggio di un Minotauro".
Tu mi aduli, rispose Arianna, ma io sono stanca della mia
pietà,
per me dovranno perire tutti gli eroi;
questo è il mio estremo amore per Teseo : "lo
faccio perire".
(Friedrich Nietzsche,
frammenti postumi 1887-1888, 7)
Si, certo, Dedalo,
Pindaro, o come diavolo si chiamava, facile uscire dal labirinto
volando, salvo poi dare la colpa al figlio per un ingenua
sottovalutazione del materiale, la cera in questione, ma
d'altronde lui era un'architetto, mica un'ingegnere dei
materiali, anzi a pensarci bene non esisteva ancora neanche
l'ingegneria dei materiali, se non nei sogni teogonici e
teoretici del Piero Angela dell'epoca, altro che strafottenza
verso gli Dei, in realtà l'attribuzione di colpa
alle smanie di emancipazione di Icaro della fallita evasione
dal labirinto è servita da parabola per smorzare
i bollori giovanili di infinite generazioni di nouvelle
revolutionaire, in definitiva rimane un caso non significativo
ai fini della possibilità di uscire da questo diavolo
di labirinto, nel quale mi sono cacciato da solo, diosaperchè,
diosainseguitoaquale trauma infantile, non ricordo nessuna
zia che mi abbia fatto qualsivoglia carezza morbosa, ma
qui il sesso non c'entra, o meglio c'entra nel senso che
rimane una delle poche uscite temporanee dal labirinto,
non proprio un uscita, diciamo un'ala della costruzione
nel quale l'architetto, forse impietosito dal lungo girare
degli ospiti o più probabilmente per puro calcolo
energetico nel senso che ritemprandoli il gioco dura più
a lungo, a tuttoesolo vantaggio del suo sadico senso della
giustizia, ha sistemato dei punti di ristoro come quelli
dei ciclisti, nei quali gli organismi debilitati dal lungo
girovagare riassumono i sali minerali spesi, in questo caso
si tratta di endorfine, se ne potrebbe parlare a proposito
del doping istituzionalizzato, somministrazione di ballerine
a giovani manager e sportivi per far aumentare il livello
delle endorfine in circolo, non quindi privilegio, non quindi
ricompensa per meriti metafisici, ma doping, puro doping,
non si esce dal labirinto, ma se sei fortunato puoi almeno
stare di buonumore, che se lo chiedi ad un neurofisiologo
è fondamentalmente una sovrabbondanza sinaptica di
molecole di allegria, un carnevale di Rio a motivazione
variabile, nel quale ogni scusa è buona per festeggiare,
una nuova macchina od un nuovo paio di scarpe, il sorriso
della fanciulla dell'ufficio affianco, oppure, perché
no, una buona somministrazione di benzodiazepine mimetizzate
in un confortante liquido alla fragola, particolarmente
indicato in quei periodi di stress da sovraccumulo, da somministrarsi,
è ovvio, con il complice consenso del medico, certo
complice lo ho aggiunto io, ma in fondo di complicità
si tratta, e non con te, ma con ciò che propende
a narcotizzare la voglia di uscire dal labirinto, che se
fosse tuo amico ti aiuterebbe a rimuovere la causa dello
stress, di solito il capo o il partner, in fondo un'altra
forma di capo, e invece no, invece di stroncare l'agente
patogeno si trova un'altra maniera di far produrre queste
dannate endorfine, se non fosse esteticamente avvilente
per via della compassione generalizzata e dell'altrettanto
generalizzato disprezzo, latente a volte ma sempre presente,
ci sarebbe da procurarsi piacere endorfinico per via diretta,
una molecola, qualche siringa, un po' di precauzioni, ma
sì, per cosa poi, in realtà è da piccolo
che ho la chiara sensazione che sia facile uscire dal labirinto,
l'unico problema è sempre stato parlarne, che quelli
che ne parlano o sono filosofi nichilisti e di solito annichiliti
dalla sovrabbondanza della loro epoca, o drogati di quelli
che propendono per la psichedelica, a volte il caso li fa
diventare letterati, altre volte artisti, altre volte morti
contesi tra il partito del famale e quello del peròèdivertente,
quasi sempre morti come tutti gli altri, a parte, è
vero, quel Gesù di Nazareth e un paio di rockstar
altrettanto profetiche, che secondo fonti non identificate
e quindi fino a prova contraria attendibili, non sono morti
ma viventi trasfigurati per sfuggire la gloria, proprio
quello che ti dovrebbe procurare la maggiore possibilità
di approvvigionamenti endorfinici, vai tu a capire questi
mistici, rimane però il problema che sembra che non
a molti interessi uscire dal labirinto, forse molti non
hanno sentito gli annunci dagli altoparlanti di servizio,
intenti com'erano nelle loro cose, e si sono quindi ritrovati
nel labirinto a loro insaputa, forse intuiscono di esserci
finiti o forse pensano di esserci sempre stati e forse è
così, anzi senza forse, in realtà io non mi
ricordo un pre-labirinto, nemmeno ho mai visto un post-labirinto,
che a pensarci bene tutte le visioni mistiche, psichedeliche,
letterarie, cinematografiche, mie, altrui, solitarie, condivise
in modesti baccanali amatoriali, altro non sono che sogni
di come potrebbe essere la vita fuori dal labirinto, che
secondo quel Platone il fuori c'è e si vede tutto
benissimo, senza ombre, senza inganni, che però l'aitante
paladino del vero oltrefrontiera, unico veicolo per propagandare
le belle idee del suo brutto maestro, quel Socrate che volendo
essere ricordato per qualcosa di bello ha dato il via alla
carneficina dei martiri dell'ideale, quell'aitante paladino
dicevo, mica ha detto cosa c'era da vedere, che ci hanno
pensato le religioni a fornire una brossure dei paradisi
più convincente, che poi se uno non si convince ci
sono altri metodi, oramai poi i tempi sono cambiati, puoi
stare nel labirinto anche se non credi ai paradisi, o se
quelli che ti interessano sono perlopiù fiscali e
tropicali se ti sei rassegnato alla convivenza nel labirinto,
o artificiali, come li definì un drogato da assenzio
che il caso fece poeta, se comunque hai una visione romantica
del gioco e continui a studiare l'evasione pur essendo convinto
che fuori non c'è rimasto molto di veramente stimolante
da vedere, un po' come in quella moderna cosmogonia cinematografica
dove l'ennesimo prescelto cerca ostinatamente di distruggere
il complesso labirinto informazionale/cognitivo/emotivo
che le macchine avevano escogitato per far divertire gli
umani mentre fornivano l'energia per mantenere in vita la
baracca, l'unico che ha fatto osservare che si stava meglio
nel labirinto-matrice è stato fatto passare come
l'ennesimo Giuda, per l'eternità tacciato di ignominia,
vista da spettatore esterno alla matrice mica è una
questione di bene o di male, è solo l'ennesima lotta
di sopraffazione tra razze, specie, sottospecie politiche
e sportive, se non ci fossero questioni di sopravvivenza
divenute etica la soluzione sarebbe semplicissima, in fondo
i cattivi prendono per se tutte le cose belle e utili, lasciando
agli altri le briciole, basterebbe fare solo cose belle
ed utili, senza sprechi, senza brutture, un po' come succede
nelle religioni, queste meno cinematografiche cosmogonie
nelle quali comunque la via d'uscita è sempre aerea,
povero Icaro, ingiustamente accusato di superbia, in fondo
vero precursore delle correnti ascensionali verso la beatitudine
eterna, ho sempre nutrito una certa stima, empatica più
che ideologica, per questi eroi malsani, destinati a farsi
male a causa della loro superbia, dovuta certo all'aver
soddisfatto alcune curiosità e, cosa più importante
ad esserne sopravvissuti, tuttavia periti quando il loro
tentativo osava l'inosabile, o forse, come lo definirebbe
il mio comodino ebbro dallo spray antipolvere, l'inutile,
l'evasione dal labirinto, come che fuori dal labirinto ti
aspettino consensi, bagni di gloria, premiazioni, ballerine
appunto, magari incarichi di riorganizzazione morale del
mondo, un super partes, quasi un super Pippo, ma come, per
definizione tutto ciò stà dentro il labirinto,
anche se il labirinto quando pensa a sé mica si chiama
con il suo nome, d'altronde nessuno pensa a se stesso con
il suo nome, il nome diventa sinonimo di quello che uno
associa a te, mica il tuo bugiardino, una volta, quando
ho pensato di uscire dal labirinto, certo, in gioventù
vuoi diventare astronauta pensando che se quella stronza
della tua vicina di banco della prima elementare non ti
da soddisfazione certamente su Vega ci sarà la figlia
del Re che, a differenza dei suoi complanetari tutti mostri
e sanguinari, sarà bella e intelligente tanto da
capire le tue nascoste iperqualità, comunque quando
ho pensato ad una qualche via d'uscita ho per prima cosa
preso in mano un vocabolario che risaliva più o meno
ai tempi della compagnetta stronza per vedere che definizioni
dava del nemico del mio amore Veghiano e, manco a dirlo,
nessun accenno alla sua vera natura :
Labirinto (meno comune, laberinto), s.m.
1. edificio con un complesso di stanze e corridoi assai
intricati: il --- di Creta
2. per estens., giardino formato da vialetti molto intricati
e fiancheggiati da alte siepi
3. (fig.) viluppo, intrigo, imbroglio: un ---
di parole inutili
4. (anat.) sistema di piccoli canali ossei e membranosi
che costituiscono l'orecchio interno
5. gioco consistente in un disegno che rappresenta diverse
strade tortuose,
una sola delle quali porta all'uscita e alla soluzione.
l'ultima soprattutto, la più perfida, l'idea malsana
che se non trovi la strada è perché sei un
po' tonto, in fondo la via c'è, è solo un
po' tortuosa, quindi se non sei proprio totalmente stupido
sei quantomeno un poco scansafatiche, in effetti ogni volta
che la sensazione di non riuscire ad uscire fa si che ti
sfoghi con qualcuno, eccola là, perfetta, inopinabile,
rotonda nella sua semplicità, la soluzione, e non
solo la sai da tempo, ma chi te la sta proponendo di solito
non ha dato grandi esempi di uscita dal labirinto, ma che
cazzo ne sa del tuo labirinto, valli a spiegare che il suo
orticello non rappresenta un campione statisticamente significativo
delle tortuosità del labirinto, inutile sapere che
dall'altro capo della mappa, esattamente all'estremità
più lontana del disegno, c'è l'uscita, come
nella settimana enigmistica, va bè, lo so anch'io,
ma il problema e la strada, che per definizione è
si tortuosa, ma ti assicurano che c'è, mai nessun
dubbio, se non riesci ad uscire il problema è tuo,
tutti in giro se glielo chiedi, tutti sono fuori o se ci
sono è per scelta, oppure perché i casi della
vita. . ., ma si il caso, quello che rende poeti i drogati
e milionari i professionisti del sistema acquistato con
tutto il paese, anche quel Warrol, certo, tutti avranno
il loro quarto d'ora di celebrità, ma se per caso
tu stai facendo altro in quel momento, che anche il tempo
passa a caso, mica sa che succederà, non è
compito suo, ma lui lo sa di essere parte del labirinto,
si rifiutasse di farsi percorrere impunemente a ritroso
sulla groppa, tutti i ma ed i se che concorrono a creare
sempre nuovi e moderni labirinti, con tacchi colorati, con
bielle alleggerite, con colori stellarizzati, bei tempi
quelli delle stelle colorate . . .
Precedi gli altri nella corsa? - Lo fai come
pastore? o come eccezione?
Un terzo caso sarebbe che ti fossi dato alla fuga . . .
Primo caso di coscienza.
Sei sincero? O solo un commediante? Uno che
rappresenta qualcosa? O la stessa cosa rappresentata?
In definitiva non sei altro che l'imitazione di un commediante
. . .
Secondo caso di coscienza.
Sei uno che sta a guardare? O uno che si
mette all'opera?
Oppure uno che distoglie lo sguardo e si fa in disparte?
Terzo caso di coscienza.
Vuoi unirti agli altri? O precederli? O andare
per la tua strada?...
Occorre sapere quel che si vuole o se si vuole.
Quarto caso di coscienza.
Formula della mia felicità: un sì,
un no, una linea retta, una meta . . .
(Friedrich Nietzsche,
frammenti postumi 1887-1888, sentenze e frecce)
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