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Massimo Dasara, Non si può applaudire con una sola mano

 

Massimo Dasara, Non si può applaudire con una sola mano, in "XÁOS. Giornale di confine", Anno II, N.3 Novembre-Febbraio 2003/2004, URL: http://www.giornalediconfine.net/anno_2/n_3/12.htm

 

Dramma satiresco

alla fine
Frammezzare: brevi dialoghi tra Teseo, Dioniso e Arianna.

- Teseo diventa assurdo, disse Arianna, Teseo diventa virtuoso -
Gelosia di Teseo per il sogno di Arianna.
L'eroe che ammira se stesso, che diventa assurdo. Lamento di Arianna.
Dioniso senza gelosia : "Ciò che io amo in te, come potrebbe amarlo un Teseo?" ...

Ultimo atto. Nozze di Dioniso e Arianna.

"Non si è gelosi quando si è Dio disse Dioniso, se non di altri dèi".
"Arianna, disse Dioniso, sei un labirinto: Teseo si è smarrito in te, non ha più un filo;
a che gli giova ora il non essere stato divorato dal Minotauro?
Ciò che lo divora è peggio di un Minotauro".
Tu mi aduli, rispose Arianna, ma io sono stanca della mia pietà,
per me dovranno perire tutti gli eroi;
questo è il mio estremo amore per Teseo : "lo faccio perire".

(Friedrich Nietzsche, frammenti postumi 1887-1888, 7)

Si, certo, Dedalo, Pindaro, o come diavolo si chiamava, facile uscire dal labirinto volando, salvo poi dare la colpa al figlio per un ingenua sottovalutazione del materiale, la cera in questione, ma d'altronde lui era un'architetto, mica un'ingegnere dei materiali, anzi a pensarci bene non esisteva ancora neanche l'ingegneria dei materiali, se non nei sogni teogonici e teoretici del Piero Angela dell'epoca, altro che strafottenza verso gli Dei, in realtà l'attribuzione di colpa alle smanie di emancipazione di Icaro della fallita evasione dal labirinto è servita da parabola per smorzare i bollori giovanili di infinite generazioni di nouvelle revolutionaire, in definitiva rimane un caso non significativo ai fini della possibilità di uscire da questo diavolo di labirinto, nel quale mi sono cacciato da solo, diosaperchè, diosainseguitoaquale trauma infantile, non ricordo nessuna zia che mi abbia fatto qualsivoglia carezza morbosa, ma qui il sesso non c'entra, o meglio c'entra nel senso che rimane una delle poche uscite temporanee dal labirinto, non proprio un uscita, diciamo un'ala della costruzione nel quale l'architetto, forse impietosito dal lungo girare degli ospiti o più probabilmente per puro calcolo energetico nel senso che ritemprandoli il gioco dura più a lungo, a tuttoesolo vantaggio del suo sadico senso della giustizia, ha sistemato dei punti di ristoro come quelli dei ciclisti, nei quali gli organismi debilitati dal lungo girovagare riassumono i sali minerali spesi, in questo caso si tratta di endorfine, se ne potrebbe parlare a proposito del doping istituzionalizzato, somministrazione di ballerine a giovani manager e sportivi per far aumentare il livello delle endorfine in circolo, non quindi privilegio, non quindi ricompensa per meriti metafisici, ma doping, puro doping, non si esce dal labirinto, ma se sei fortunato puoi almeno stare di buonumore, che se lo chiedi ad un neurofisiologo è fondamentalmente una sovrabbondanza sinaptica di molecole di allegria, un carnevale di Rio a motivazione variabile, nel quale ogni scusa è buona per festeggiare, una nuova macchina od un nuovo paio di scarpe, il sorriso della fanciulla dell'ufficio affianco, oppure, perché no, una buona somministrazione di benzodiazepine mimetizzate in un confortante liquido alla fragola, particolarmente indicato in quei periodi di stress da sovraccumulo, da somministrarsi, è ovvio, con il complice consenso del medico, certo complice lo ho aggiunto io, ma in fondo di complicità si tratta, e non con te, ma con ciò che propende a narcotizzare la voglia di uscire dal labirinto, che se fosse tuo amico ti aiuterebbe a rimuovere la causa dello stress, di solito il capo o il partner, in fondo un'altra forma di capo, e invece no, invece di stroncare l'agente patogeno si trova un'altra maniera di far produrre queste dannate endorfine, se non fosse esteticamente avvilente per via della compassione generalizzata e dell'altrettanto generalizzato disprezzo, latente a volte ma sempre presente, ci sarebbe da procurarsi piacere endorfinico per via diretta, una molecola, qualche siringa, un po' di precauzioni, ma sì, per cosa poi, in realtà è da piccolo che ho la chiara sensazione che sia facile uscire dal labirinto, l'unico problema è sempre stato parlarne, che quelli che ne parlano o sono filosofi nichilisti e di solito annichiliti dalla sovrabbondanza della loro epoca, o drogati di quelli che propendono per la psichedelica, a volte il caso li fa diventare letterati, altre volte artisti, altre volte morti contesi tra il partito del famale e quello del peròèdivertente, quasi sempre morti come tutti gli altri, a parte, è vero, quel Gesù di Nazareth e un paio di rockstar altrettanto profetiche, che secondo fonti non identificate e quindi fino a prova contraria attendibili, non sono morti ma viventi trasfigurati per sfuggire la gloria, proprio quello che ti dovrebbe procurare la maggiore possibilità di approvvigionamenti endorfinici, vai tu a capire questi mistici, rimane però il problema che sembra che non a molti interessi uscire dal labirinto, forse molti non hanno sentito gli annunci dagli altoparlanti di servizio, intenti com'erano nelle loro cose, e si sono quindi ritrovati nel labirinto a loro insaputa, forse intuiscono di esserci finiti o forse pensano di esserci sempre stati e forse è così, anzi senza forse, in realtà io non mi ricordo un pre-labirinto, nemmeno ho mai visto un post-labirinto, che a pensarci bene tutte le visioni mistiche, psichedeliche, letterarie, cinematografiche, mie, altrui, solitarie, condivise in modesti baccanali amatoriali, altro non sono che sogni di come potrebbe essere la vita fuori dal labirinto, che secondo quel Platone il fuori c'è e si vede tutto benissimo, senza ombre, senza inganni, che però l'aitante paladino del vero oltrefrontiera, unico veicolo per propagandare le belle idee del suo brutto maestro, quel Socrate che volendo essere ricordato per qualcosa di bello ha dato il via alla carneficina dei martiri dell'ideale, quell'aitante paladino dicevo, mica ha detto cosa c'era da vedere, che ci hanno pensato le religioni a fornire una brossure dei paradisi più convincente, che poi se uno non si convince ci sono altri metodi, oramai poi i tempi sono cambiati, puoi stare nel labirinto anche se non credi ai paradisi, o se quelli che ti interessano sono perlopiù fiscali e tropicali se ti sei rassegnato alla convivenza nel labirinto, o artificiali, come li definì un drogato da assenzio che il caso fece poeta, se comunque hai una visione romantica del gioco e continui a studiare l'evasione pur essendo convinto che fuori non c'è rimasto molto di veramente stimolante da vedere, un po' come in quella moderna cosmogonia cinematografica dove l'ennesimo prescelto cerca ostinatamente di distruggere il complesso labirinto informazionale/cognitivo/emotivo che le macchine avevano escogitato per far divertire gli umani mentre fornivano l'energia per mantenere in vita la baracca, l'unico che ha fatto osservare che si stava meglio nel labirinto-matrice è stato fatto passare come l'ennesimo Giuda, per l'eternità tacciato di ignominia, vista da spettatore esterno alla matrice mica è una questione di bene o di male, è solo l'ennesima lotta di sopraffazione tra razze, specie, sottospecie politiche e sportive, se non ci fossero questioni di sopravvivenza divenute etica la soluzione sarebbe semplicissima, in fondo i cattivi prendono per se tutte le cose belle e utili, lasciando agli altri le briciole, basterebbe fare solo cose belle ed utili, senza sprechi, senza brutture, un po' come succede nelle religioni, queste meno cinematografiche cosmogonie nelle quali comunque la via d'uscita è sempre aerea, povero Icaro, ingiustamente accusato di superbia, in fondo vero precursore delle correnti ascensionali verso la beatitudine eterna, ho sempre nutrito una certa stima, empatica più che ideologica, per questi eroi malsani, destinati a farsi male a causa della loro superbia, dovuta certo all'aver soddisfatto alcune curiosità e, cosa più importante ad esserne sopravvissuti, tuttavia periti quando il loro tentativo osava l'inosabile, o forse, come lo definirebbe il mio comodino ebbro dallo spray antipolvere, l'inutile, l'evasione dal labirinto, come che fuori dal labirinto ti aspettino consensi, bagni di gloria, premiazioni, ballerine appunto, magari incarichi di riorganizzazione morale del mondo, un super partes, quasi un super Pippo, ma come, per definizione tutto ciò stà dentro il labirinto, anche se il labirinto quando pensa a sé mica si chiama con il suo nome, d'altronde nessuno pensa a se stesso con il suo nome, il nome diventa sinonimo di quello che uno associa a te, mica il tuo bugiardino, una volta, quando ho pensato di uscire dal labirinto, certo, in gioventù vuoi diventare astronauta pensando che se quella stronza della tua vicina di banco della prima elementare non ti da soddisfazione certamente su Vega ci sarà la figlia del Re che, a differenza dei suoi complanetari tutti mostri e sanguinari, sarà bella e intelligente tanto da capire le tue nascoste iperqualità, comunque quando ho pensato ad una qualche via d'uscita ho per prima cosa preso in mano un vocabolario che risaliva più o meno ai tempi della compagnetta stronza per vedere che definizioni dava del nemico del mio amore Veghiano e, manco a dirlo, nessun accenno alla sua vera natura :
Labirinto (meno comune, laberinto), s.m.
1. edificio con un complesso di stanze e corridoi assai intricati: il --- di Creta
2. per estens., giardino formato da vialetti molto intricati e fiancheggiati da alte siepi
3. (fig.) viluppo, intrigo, imbroglio: un --- di parole inutili
4. (anat.) sistema di piccoli canali ossei e membranosi che costituiscono l'orecchio interno
5. gioco consistente in un disegno che rappresenta diverse strade tortuose,
una sola delle quali porta all'uscita e alla soluzione.
l'ultima soprattutto, la più perfida, l'idea malsana che se non trovi la strada è perché sei un po' tonto, in fondo la via c'è, è solo un po' tortuosa, quindi se non sei proprio totalmente stupido sei quantomeno un poco scansafatiche, in effetti ogni volta che la sensazione di non riuscire ad uscire fa si che ti sfoghi con qualcuno, eccola là, perfetta, inopinabile, rotonda nella sua semplicità, la soluzione, e non solo la sai da tempo, ma chi te la sta proponendo di solito non ha dato grandi esempi di uscita dal labirinto, ma che cazzo ne sa del tuo labirinto, valli a spiegare che il suo orticello non rappresenta un campione statisticamente significativo delle tortuosità del labirinto, inutile sapere che dall'altro capo della mappa, esattamente all'estremità più lontana del disegno, c'è l'uscita, come nella settimana enigmistica, va bè, lo so anch'io, ma il problema e la strada, che per definizione è si tortuosa, ma ti assicurano che c'è, mai nessun dubbio, se non riesci ad uscire il problema è tuo, tutti in giro se glielo chiedi, tutti sono fuori o se ci sono è per scelta, oppure perché i casi della vita. . ., ma si il caso, quello che rende poeti i drogati e milionari i professionisti del sistema acquistato con tutto il paese, anche quel Warrol, certo, tutti avranno il loro quarto d'ora di celebrità, ma se per caso tu stai facendo altro in quel momento, che anche il tempo passa a caso, mica sa che succederà, non è compito suo, ma lui lo sa di essere parte del labirinto, si rifiutasse di farsi percorrere impunemente a ritroso sulla groppa, tutti i ma ed i se che concorrono a creare sempre nuovi e moderni labirinti, con tacchi colorati, con bielle alleggerite, con colori stellarizzati, bei tempi quelli delle stelle colorate . . .

Precedi gli altri nella corsa? - Lo fai come pastore? o come eccezione?
Un terzo caso sarebbe che ti fossi dato alla fuga . . .
Primo caso di coscienza.

Sei sincero? O solo un commediante? Uno che rappresenta qualcosa? O la stessa cosa rappresentata?
In definitiva non sei altro che l'imitazione di un commediante . . .
Secondo caso di coscienza.

Sei uno che sta a guardare? O uno che si mette all'opera?
Oppure uno che distoglie lo sguardo e si fa in disparte?
Terzo caso di coscienza.

Vuoi unirti agli altri? O precederli? O andare per la tua strada?...
Occorre sapere quel che si vuole o se si vuole.
Quarto caso di coscienza.

Formula della mia felicità: un sì, un no, una linea retta, una meta . . .

(Friedrich Nietzsche, frammenti postumi 1887-1888, sentenze e frecce)