L'impegno
che Ignacio Matte Blanco assume come proprio per tutto il
corso della sua esistenza e dei suoi studi, il suo tentativo
di riformulare l'inconscio freudiano, ha spesso i caratteri
di una ricerca aperta, di una prospettiva che si sviluppa
nell'interdisciplinareità. Il suo punto di partenza
è, certamente, ubicato nell'osservazione dei fatti
clinici e nello sforzo di scovare qualche spiraglio determinante
nella soluzione delle patologie mentali. Il fervore che
lo spinge a percorrere la strada della psicoanalisi non
nega, però, la possibilità di andare a cercare,
nelle profondità della mente umana, l'origine e la
natura di certi comportamenti che, pur essendo del tutto
umani, si prospettano ostici a considerazioni essenzialmente
razionali. Ed è in questo ambito che possiamo andare
ad osservare il carattere intimo della creatività
artistica e dei suoi prodotti, dell'esperienza estetica
che si lega intensamente all'universo dell'emozione, più
che a quello del pensiero cosciente razionale. Piuttosto
che continuare ad approfondire il solco che separa ed oppone
le diverse manifestazioni dell'umano, inconscio e coscienza,
emozione e pensiero, sogno e veglia, arte e scienza, lo
studioso cileno si occupa di rintracciare i punti di contatto
che costituiscano una prova della compartecipazione ad un
obiettivo comune.
Indagare sull'origine dell'arte, sul suo radicamento nel
mondo dell'emozione, significa anche cercare di comprendere
se esse, emozione ed arte appunto, siano considerabili alla
stregua di forme speciali di conoscenza: solo così
potranno abbandonare il mondo dell'illogico nel quale, spesso,
sono relegate. Il presente lavoro intende, anche, dare risalto
al legame che si può instaurare tra la creatività
artistica, nel suo momento primitivo, ed alcune forme specifiche
dell'emozionalità umana. Ma tutto muove dagli sviluppi
che il concetto di sistema inconscio guadagna nella prospettiva
di Matte Blanco, sviluppi che non possiamo fare a meno di
sottolineare.
La logica classica, quella aristotelica, basata soprattutto
sul principio di non-contraddizione e sul presupposto di
una griglia spazio-temporale, non può avanzare la
pretesa di racchiudere tutto all'interno delle sue regole.
Le cinque caratteristiche che Freud, nel suo saggio intitolato
"L'inconscio" (1), attribuisce a quella che definì
come la vera realtà psichica testimoniano a favore
di questa considerazione. Assenza di contraddizione mutua
e di negazione, spostamento, condensazione, assenza di tempo
e sostituzione della realtà esterna con la realtà
psichica: siamo in un universo senza tempo e senza spazio,
dove i contraddittori sono comunque veri, in un mondo che
il pensiero comune può valutare assurdo ma che è,
comunque, reale. Questi cinque elementi distintivi devono
essere assunti, nella più ampia visione proposta
dallo psicoanalista cileno, come l'espressione di una logica
peculiare, una logica che si intreccia costantemente con
quella ordinaria, seppur non si possa mai fondere con essa.
I principi fondamentali sui quali è costruito un
sistema così singolare sono essenzialmente due: quello
di generalizzazione e quello di simmetria. In base al primo
"Il sistema inconscio tratta una cosa individuale (persona,
oggetto, concetto) come se fosse un membro o elemento di
un insieme o classe che contiene altri membri; tratta questa
classe come sottoclasse di una classe più generale
e questa classe più generale come sottoclasse o sottoinsieme
di una classe ancora più generale e così via"
(2); in base al secondo "Il sistema inconscio tratta
la relazione inversa di qualsiasi relazione come se fosse
identica alla relazione. In altre parole, tratta le relazioni
asimmetriche come se fossero simmetriche" (3). Un esempio
di relazione asimmetrica facilmente riscontrabile nella
quotidianità è rintracciabile nel legame padre-figlio:
se A è padre di B, nella razionalità cosciente
B sarà necessariamente figlio di A; nei livelli più
profondi della mente, invece, alla paternità di A
nei confronti di B corrisponderà che anche B è
padre di A. Se il principio di generalizzazione è
riscontrabile, in una certa misura, anche nella logica ordinaria,
quello di simmetria costituisce la vera e propria novità
della presente teoria; ed è in virtù di questo
che la logica dell'inconscio e dei fenomeni emotivi potrà
essere denominata semplicemente logica simmetrica.
A prima vista la simmetria sembra essere essenzialmente
un elemento disturbante o, addirittura, distruttivo nei
confronti delle nostre certezze logiche che riposano nella
tangibilità asimmetrica che ci avvolge. La logica
simmetrica tende, inevitabilmente, all'unità del
tutto, all'indistinzione degli elementi. Le classi che si
ottengono attraverso il processo di generalizzazione, e
che divengono sempre più onnicomprensive, si avviano
ad essere insiemi dove la parte è uguale al tutto
ed i singoli membri sono identici tra loro: seguendo la
definizione di Dedekind (4), alla quale Matte Blanco si
riconduce, le classi diventano insiemi infiniti. La realtà
simmetrica della logica dell'inconscio e dell'emozione ha
l'aspetto di un prodotto derivato dall'azione dei due principi
su una logica preesistente ed originaria: la logica ordinaria
definibile come asimmetrica. Inoltre, il primato dell'asimmetria
è confermato dal fatto che, secondo quanto lo stesso
Matte Blanco rileva, non è possibile studiare o anche
solo pensare la simmetria se non con mezzi asimmetrici,
se non attraverso l'utilizzo delle relazioni immerse nella
dimensione spazio-temporale e regolate dalla non-contraddizione.
La logica simmetrica, in breve, è anaclitica, non
si regge in piedi da sola ed è solo un modo asimmetrico
di definire una realtà talmente profonda da dare
scacco ad ogni possibilità umana di coglierla in
modo completo. E' lo scacco che coinvolge, soprattutto,
la facoltà di pensiero scientifico e filosofico,
una facoltà che si scopre infinita ricerca di un
oggetto che sfugge.
Le difficoltà del principio di simmetria e della
sua logica possono essere superate solo a certe condizioni:
la vera realtà psichica rivelata da Freud non può
continuare ad essere chiamata con un nome che indica una
ma solo una delle sue qualità specifiche: quella,
appunto, di essere inconscia. Essa, ben lungi dall'essere
un vuoto contenitore di elementi rimossi dalla coscienza
o una semplice qualità, deve essere concepita come
una realtà ontologica che precede e fonda qualsiasi
tipo di logica: "La fondamentale scoperta di Freud
non è quella dell'inconscio, [
] ma quella di
un mondo - che egli sfortunatamente chiamò l'inconscio
- retto da leggi completamente diverse da quelle da cui
è retto il pensiero cosciente" (5). La risoluzione
dell'errore commesso dal padre della psicoanalisi è
un punto chiave per affrontare una svolta. Due modi di essere,
denominati simmetrico ed asimmetrico, si intrecciano, senza
mai fondersi, nei livelli di profondità di una mente
umana concepita come una realtà stratificata, dando
vita a strutture che si possono considerare bi-logiche;
se i livelli più superficiali mostrano una presenza
principalmente di relazioni asimmetriche, quelli più
profondi sono caratterizzati dalla simmetria e, quindi,
dal progressivo svanire dello spazio, del tempo e del principio
di non-contraddizione.
Ma può esistere la simmetria assoluta e, all'estremo
opposto, la totale asimmetria? La prima, forte delle caratteristiche
che abbiamo menzionato, si presenta come un puro essere
senza possibilità di divenire (ciò che è
ma che è privo di avvenimento), come una totalità
indivisibile che esclude ogni realtà frammentata
ed ogni possibile differenza. La conoscenza di questo essere
simmetrico, incontaminato noumeno, può avvenire solo
attraverso il tradimento che lo rende fenomeno, solo attraverso
l'uso di relazioni asimmetriche che lo ricoprano. All'estremo
opposto, l'essere asimmetrico vede e vive la realtà
in modo eterogenico dividente, è immerso in un divenire
senza sosta e si identifica con la tendenza ad analizzare,
a spezzettare in singoli elementi l'oggetto della sua attenzione.
Per Matte Blanco, anteporre l'ontologia alla logica significa
mostrare come l'asimmetria, prevalente nei processi di pensiero
cosciente e caratterizzato da scarsa presenza di emozioni,
sia dotata di un ruolo attivo: un'attività, però,
che presuppone un essere già esistente sul quale
dispiegarsi. Il ruolo della coscienza e della razionalità
sembra, allora, essere quello di porre limiti all'illimitato,
di conoscere l'inconoscibile attraverso coordinate, ad esempio
spazio temporali, che ad esso non appartengono. Ciò
che facciamo emergere ai livelli superficiali è il
frutto di una funzione di traduzione, la quale non può
che essere una forma di alterazione dell'originario.
La prospettiva appare rovesciata: il pensiero razionale
e cosciente, dotato della sua logica tradizionale asimmetrica,
è l'elemento disturbante, l'elemento che infrange
l'ordine assoluto della totale identità. Il modo
eterogenico dividente non è quella facoltà
che si occupa di censurare i fattori destabilizzanti per
la coscienza e di relegarli in un contenitore destinato
a rimanere inconscio. La sua essenza è, invece, caratterizzata
da una continua tensione rivolta verso la sua origine simmetrica,
verso una riunione con essa; tensione, peraltro, destinata
a rimanere tale, condannata a quello scacco del quale già
abbiamo accennato. Una cosa sembra che si possa affermare
con certezza: questa riformulazione fornitaci da Matte Blanco
non identifica i processi di pensiero logico con una condizione
di asimmetria assoluta. Se questi presentano un deciso predominio
del modo asimmetrico, un pensiero totalmente dividente sembra
essere piuttosto un estremo impossibile da realizzare; in
un simile caso ci troveremmo davanti a quella che Klaus
Fink, studioso particolarmente vicino allo psicoanalista
cileno, considerò una totale paralisi del pensiero.
Infatti, "se è impossibile fare associazioni,
analogie, paralleli, connessioni o simbolizzazioni, non
può esistere alcun pensiero" (6). Porzioni di
simmetria sono, dunque, presenti anche in ogni processo
che si consideri razionale, anche in qualsiasi lavoro che
si consideri di pura divulgazione scientifica.
L'essere simmetrico, quindi, come ipotetico punto zero,
punto di origine, radice unitaria di ogni successivo dispiegarsi
delle dissomiglianze e delle individualità. Ma l'essere
simmetrico anche come meta di un ritorno impossibile per
la nostra capacità dividente. Come si può,
dunque, spiegare questa incapacità che sembra affliggere
proprio la facoltà, a prima vista, più idonea
ad essere investita di un ruolo di orientamento nelle difficoltà
dell'esistenza? Per il nostro autore vi sono difficoltà
che non riguardano affatto un semplice meccanismo di rimozione
di ciò che è considerato destabilizzante per
l'equilibrio mentale. La chiave di lettura è un'altra
e richiede l'introduzione di un nuovo concetto: la multidimensionalità
dei livelli più profondi della mente e dell'essere.
Il fatto che noi siamo abituati a rapportarci ad un universo
a tre dimensioni, quelle spaziali alle quali si aggiunge
la dimensione temporale, non significa che questa sia l'unica
o la vera realtà. L'ipotesi che si può avanzare
è che la totalità indivisibile dell'essere
simmetrico abbia un numero di dimensioni superiore a tre
(n-dimensionale), e per questo sia da considerarsi eccessiva
rispetto alle capacità razionali della mente cosciente.
L'esuberanza di questa realtà psichica, che Freud
chiamò con il nome di inconscio, costringe il pensiero
a modificarne la natura, conformandola a quella tridimensionale
delle relazioni asimmetriche. Ci si comporta, quindi, in
modo analogo a quando, alla presenza di un oggetto di tre
dimensioni, si ha l'esigenza di rappresentarlo in una superficie
piana bidimensionale: si pensi ad un disegnatore che ritrae
qualcosa su un foglio od una tela. La coscienza è
una piccola porta, attraverso la quale deve passare un universo
smisurato: l'unica soluzione possibile consiste nello smembramento
di questo. In questi termini, ciò che sembra assurdo
ed impossibile nel mondo tridimensionale, diventa perfettamente
coerente ed ammissibile in un contesto multidimensionale.
Gli impedimenti della nostra capacità di conoscenza,
dunque, sono causati dall'incontro con la totalità
o, almeno, con elementi che, pur essendo discreti, si immergono
in essa in ampia misura. Gli sforzi dell'attività
eterogenico dividente non sono, comunque, da ritenersi un
inutile impegno; rappresentano, invece, al meglio il senso
di un'esistenza votata alla ricerca, un'esistenza che non
si appaga delle proprie adeguatezze ma che cerca costantemente
di superare se stessa; sono il paradigma della vita votata
alla filosofia.
In un simile contesto, è importante l'identificazione
di un ruolo di primo piano ricoperto dalle emozioni. Il
riconoscimento di questo ruolo, operabile da parte della
facoltà di pensiero razionale asimmetrico, non porta
ad una semplice individuazione della complementarietà,
nonché della mescolanza in varie proporzioni, dei
due modi di essere in vista di un intento comune. Il rapporto
pensiero-emozione viene, dal nostro autore, ridisegnato
in un modo che ha degli effetti sorprendenti. Le affermazioni
di Matte Blanco, secondo il quale "Alla fine non si
è scoperto nulla che porti ad una chiara e netta
distinzione psicologica fra emozione e inconscio [
]
le differenze, seppur vi sono, necessitano ancora di essere
definite" (7) pur non volendo attestare l'identità
dell'emozione con il modo simmetrico, immaginano per essa
una posizione di grande privilegio: gli eventi emozionali,
in quanto inzuppati di simmetria, possono costituire una
porta per il mondo indivisibile, in quanto stabiliscono
con esso una relazione diretta, priva di mediazioni.
Ma andiamo a vedere meglio quali possono essere i fattori
più importanti che specificano la natura dell'emozione.
In essa si possono riconoscere due momenti principali: la
sensazione-sentimento e lo stabilimento delle relazioni.
La prima fase è, senza dubbio, da considerarsi come
quella dove gli eventi emozionali si manifestano in una
forma più pura. La sensazione-sentimento è
semplice ed unitaria; vale ciò già detto per
l'essere simmetrico: essa non accade ma, semplicemente,
è; non si dispiega nel tempo e nello spazio, né
concepisce alcuna contraddizione. A queste condizioni, questo
stadio dell'emozione non può, per le motivazioni
oramai sostenute, entrare nella sfera di competenza della
coscienza, non può essere afferrato con piena consapevolezza.
La sensazione nella sua nudità, priva cioè
di qualsiasi forma di relazione, la si afferra solo con
uno sforzo di introspezione, ma questo non può che
essere retroattivo e, quindi, non può far altro che
interporre una distanza fra sé ed il suo oggetto.
Esiste, in verità, un istante in cui la sensazione
pura si ferma nell'area maculare della coscienza, ma la
fugacità di questo rende possibile solo un vissuto
che non può essere formulato in una teoria (certo,
il concetto stesso di istante fugace introduce una dimensione
temporale che richiede relazioni asimmetriche e, quindi,
opera una violazione di questa purezza della sensazione;
ma non possiamo trascurare il fatto che, senza l'intervento
del modo eterogenico dividente, ogni discorso, compreso
il presente, sarebbe impossibile; la stessa nostra esigenza
di comunicare, con gli altri ma anche con noi stessi, ci
obbliga a spezzettare l'oggetto della ricerca: siamo costretti
a fare i conti con i limiti strutturali della nostra mente
cosciente; limiti che ci impediscono di attingere pienamente
all'illimitato dei più intimi livelli psichici).
La sensazione-sentimento, nell'estrema fugacità della
sua condizione di incontaminatezza, è proprio da
valutare come un vissuto autentico della totalità
indivisibile. Essa arriva, anche se solo per quest'attimo
che potremo definire fuori del tempo, là dove per
il pensiero asimmetrico è impossibile un approdo.
Ma la precarietà del vissuto emozionale della simmetria,
lo costringe a svanire con lo stabilimento delle relazioni.
Uno svanire che non si risolve nella sua totale scomparsa,
ma in un perdersi nella molteplicità. Il secondo
momento, che caratterizza la natura dell'emozione, è
già una forma di pensiero, anche se emozionale e
ben distante dal pensiero propriamente detto (l'attività
asimmetrico-dividente). Le prime relazioni che stabilisce
sono, così, ancora impregnate di simmetria e tendono
alla generalizzazione, alla massimizzazione ed all'irradiazione:
"generalizzazione delle caratteristiche o proprietà
attribuite all'oggetto che fa sì che tutte le proprietà
di questo tipo arrivano ad essere in esso contenute; massimizzazione
della grandezza di queste caratteristiche; e, come conseguenza
di entrambe, irradiazione dall'oggetto concreto a tutti
gli altri che, in questo modo, vengono ad essere da esso
rappresentati" (8). In sintesi, in questa fase si tende
ad idealizzare fortemente l'oggetto delle proprie emozioni
ed a non riconoscere, ancora, la differenza con esso. Se
si riflette sui sentimenti amorosi più intensi, si
può agevolmente notare come l'amante si senta, insieme
alla persona amata, una totalità indivisibile. Questi
processi idealizzanti saranno presenti in maggior misura
negli stati emotivi più profondi e primitivi, per
poi ridursi con l'instaurarsi di relazioni sempre più
asimmetriche, le quali danno vita ad emozioni più
misurate e ragionate, alle emozioni addomesticate.
Lo stabilimento delle relazioni è, allora, il punto
di incontro tra l'emozione ed il pensiero, il quale da emozionale
diventa, gradualmente, sempre più razionale. E' l'atto
di nascita del pensiero: "l'emozione è la madre
del pensiero" (9) e quest'ultimo, nel tentativo di
cogliere la sua origine, la analizza frammentandola, dissolvendone
la sua unità. Man mano che emerge a superficie, la
nostra facoltà eterogenico-dividente si allontana
dalla sua radice compiendo quello che si potrebbe definire
come una sorta di matricidio: il tutto unico primordiale
è perso per sempre. In questo contesto, i due modi
di essere, che si intrecciano nei vari livelli di profondità
della mente, si presentano come forme di conoscenza che,
pur perseguendo lo stesso fine, si dispiegano in due direzioni
opposte. Ma l'emozione, priva di velleità analitiche,
ha la capacità di assumere quella posizione privilegiata
che gli permette di conoscere il suo oggetto dall'interno,
anziché da una posizione distaccata. Al mondo emozionale
è riservata la conoscenza perfetta, la quale "Non
è la conoscenza di uno spettatore ma la conoscenza
inerente all'essere [
] Al contrario della conoscenza
asimmetrica, è conoscenza senza parti" (10).
Da questa posizione guadagnata, possiamo ora osservare quali
sviluppi si possano portare nella sfera dell'estetica. Quello
dell'origine della creatività artistica è
un problema che Matte Blanco inserisce in un ambito più
vasto, comprendente la creatività in generale. Essa
è da considerarsi come attività psichica che
si rende manifesta in azioni fisiche, ma che mantiene la
sua caratterizzazione negli aspetti psicologici. Creare
significa scoprire, anche se si tratta di una forma speciale
di scoperta. Nel saggio intitolato Creatività e ortodossia
possiamo leggere: "ogni creazione è, in fondo,
la scoperta di qualcosa di occulto nel creatore, qualcosa
che emerge dalla profondità dell'inconscio e che
è o sembra estranea alle funzioni dell'io dell'individuo.
D'altra parte, il creatore (artista, scienziato che sviluppa
un'interpretazione della realtà, filosofo, ecc.)
presenta qualcosa che è nuova anche per il suo io,
ma che è semplicemente la traduzione o l'espressione
di un aspetto del suo inconscio" (11). Questa scoperta
non si volge, quindi, a qualcosa che si può trovare
in oggetti esterni, ma all'intimità del soggetto.
In questo stato di cose, sembra che l'arte condivida molti
aspetti determinanti con l'attività del pensiero
scientifico, massima espressione, questa, della nostra facoltà
eterogenico-dividente. La creatività dell'artista
si presenta, similmente a quella dello scienziato, come
figlia dell'emozione. Anche l'autore di un prodotto artistico
cerca di attingere dall'indivisibile, mettendo in pratica,
così, una funzione di traduzione. Si tratta, però,
di una traduzione particolare, che non si rassegna ai confini
imposti dalla ragione, che afferma la sua estrema libertà.
In un testo di poesia, per citare una forma d'arte particolarmente
amata dal nostro autore, possono svilupparsi eventi che
in un'opera di divulgazione scientifica sarebbero assurdi;
e questo può accadere nonostante si attingano parole
dal medesimo vocabolario. L'utilizzo di strumenti asimmetrici,
per cercare di esprimere una realtà che asimmetrica
non è, risulta comunque indispensabile; senza questi
l'arte rimarrebbe chiusa nel vissuto emozionale che la origina,
rimarrebbe una forma di creatività soltanto potenziale
e dovrebbe rinunciare ad una delle sue caratteristiche fondamentali:
il suo essere comunicativa (anche se questa esigenza di
comunicare non richiede necessariamente un fruitore esterno,
diverso dal creatore: artista e fruitore possono benissimo
essere la medesima persona). Ma l'asimmetria presente nel
linguaggio dell'arte assume un significato distintivo: essa,
anziché descrivere la totalità indivisibile
frammentandola inesorabilmente, esercita un potere evocativo
nei confronti della stessa. Dove la scienza non può
far altro che dire palesemente e con precisione ciò
che intende svelare, i significati espliciti della creazione
artistica hanno sempre un valore relativo e trascurabile
rispetto ai contenuti impliciti. In breve, l'artista riesce
a mantenere un'intimità con il suo oggetto, che lo
scienziato, intento ad un'analisi descrittiva e dividente,
sovente perde. Lo si può osservare quotidianamente
nell'esperienza di chi si accosta all'arte con una certa
dose di spontaneità (non solamente l'esperienza del
creatore, ma anche quella del fruitore): egli, pur mantenendo
la propria individualità, costituisce un tutt'uno
con il prodotto estetico, immergendosi in esso e dimenticando
la dimensione spazio-temporale abituale. Tutta la creatività,
scientifica ed artistica, sembra generarsi da un vissuto
emotivo primitivo; e tutto sembra tendere ad un ritorno
ad esso. Ma se il pensiero scientifico non può che
costituire, per sua stessa natura, una manovra di allontanamento
dalla sua origine, la creazione e la fruizione dell'arte
producono ed evocano un vissuto emotivo che, pur non identificandosi
necessariamente con quello iniziale, è un vissuto
della totalità.
La differenza tra indagine scientifica ed esperienza artistica
non la troviamo, allora, nel concepire la prima come ricerca
di verità e la seconda come ricerca di bellezza senza
verità. L'arte è capace di evocare un vissuto
emozionale della verità, il quale, per Matte Blanco,
potrebbe recare giovamento alla scienza stessa. L'essenza
del rapporto tra le due realtà, può essere
rappresentata da questa affermazione: "la creazione
artistica contiene frequentemente, non so se sempre, certe
intuizioni cognitive le cui relazioni interne sono, per
così dire, i germi per uno sviluppo del pensiero.
Lo scienziato può impossessarsene e farne la base
di un rigoglioso sviluppo intellettuale" (12). Ed è
per questo che, senza desiderare una completa fusione tra
le due prospettive, il nostro autore ne auspica un incontro,
che renda i lavori scientifici contemporanei meno aridi
e scarni e più capaci di sfruttare tutta la potenziale
ricchezza delle parole. Si tratta di rivalutare quel modo
altamente artistico di divulgare idee scientifiche che fu
proprio, ad esempio, di Platone e Galileo.
Ma torniamo ora al rapporto privilegiato che la creatività
artistica possiede con il mondo delle emozioni. L'arte nasce
da uno stato emotivo e tende ad evocarne un altro non necessariamente
identico. Un primo sentimento che sembra legarsi ad esso
è il desiderio: desiderio di colmare un vuoto, di
coprire una distanza. Quello dell'artista, ma anche, in
un secondo momento, del contemplatore, sembra essere identificabile
con la brama di riunirsi alla purezza della totalità
indivisibile. L'opera d'arte, quindi, potrebbe rappresentare
il mezzo per un'esperienza completamente appagante: l'esperienza
dell'originario. Ma la soddisfazione del desiderio, in questi
termini cosi completi e totalizzanti, non può che
avvenire in un istante fugace, in quella durata effimera
che caratterizza la sensazione pura. Poi, l'appagamento
lascia il posto all'insoddisfazione dell'instaurarsi delle
relazioni eterogenico-dividenti. Come abbiamo già
osservato, però, ogni creazione è anche una
scoperta: la coscienza viene illuminata da qualcosa di intimo
ma, allo stesso tempo, sconosciuto. Questa scoperta non
può che suscitare un sentimento di stupore e meraviglia,
il sentimento di chi esperisce la vertigine di un'apertura
di orizzonte. Non è proprio questo il sentimento
nel quale Platone poneva l'origine di ogni filosofare?
La nascita del desiderio e dello stupore-meraviglia avviene,
quindi, nel punto in cui modo simmetrico ed asimmetrico
si intrecciano. Ma, dirigendoci verso il punto d'origine,
possiamo incontrare un altro sentimento fondamentale per
la creatività: l'angoscia. Le considerazioni su questa
emozione sono necessariamente legate all'opinione, espressa
dallo psicoanalista cileno, secondo la quale ad un primissimo
atto creativo dell'uomo è legato il futuro sviluppo
di tutti gli altri. Questo ha luogo dopo le iniziali settimane
della vita del bambino. Il neonato è incapace di
riconoscere la distinzione tra egli stesso ed il mondo circostante,
ed è in particolare alla madre che si sente unito
in un'unica entità. In pratica, egli si trova immerso
in un mondo ancora fortemente caratterizzato dalla simmetria,
in un mondo definibile come essere piuttosto che divenire.
Nel vivere in simbiosi con la figura materna, ogni bisogno
del bambino è soddisfatto nel momento stesso del
suo insorgere. La prima scoperta dell'alterità diventa,
allora, un'esperienza destabilizzante e frustrante, nella
quale viene riconosciuto il pericolo dell'abbandono e della
solitudine. Nasce così anche il bisogno di superare
il dolore insopportabile di questa lacerazione. Il bambino
deve recuperare la condizione simmetrica iniziale, deve
riunirsi alla totalità da cui è nato e lo
fa per mezzo della sua fantasia. La soluzione all'angoscia
dell'abbandono è fornita dal meccanismo di identificazione:
l'infante soppianta la figura genitoriale sostituendosi
ad essa, divenendo, ad un tempo, madre e figlio. Questa
sintesi simmetrica è possibile non solo attraverso
una fusione amorosa, ma anche attraverso un'altra esperienza
dolorosa: l'uccisione, simbolica, della genitrice. E' qui
che Matte Blanco vede il primo atto creativo della storia
personale di ogni umano, nel dolore del distacco e nell'angoscia
di un'identificazione ed autoaffermazione matricida; ed
è da qui che trae fondamento ogni creatività
futura, compresa quella artistica. Ai livelli più
profondi l'artista si identifica, ogni volta che crea la
sua opera, con chi rappresenta la creatività totale:
egli si sente Dio, il genitore per antonomasia, ma prova
anche il senso di colpa di aver ucciso Dio per sostituirsi
ad esso.
Alla frustrazione che accompagna il riconoscimento dell'alterità
e, quindi, dell'asimmetria, o che appare legata al senso
di colpa del matricida e deicida, si può aggiungere
un'angoscia di segno opposto, identificabile con quel sentimento
autentico che si esperisce davanti a ciò che trascende
ogni determinazione. Heidegger è un punto di riferimento
fondamentale quando ne definisce la differenza con la paura:
"Noi ci impauriamo sempre di questa o quella cosa determinata
[
] L'aver paura di
è sempre anche paura
per qualcosa di determinato" (13), mentre "L'angoscia
rivela il niente" (14). Un niente che non è
l'assoluto nulla, ma l'essere che trascende ogni determinazione
e, quindi, ogni ente (niente=non-ente).
Rientrando nella prospettiva del nostro autore, possiamo
interpretare come paura quel sentimento provato davanti
alla scoperta delle determinazioni del mondo asimmetrico,
e possiamo vedere l'angoscia autentica come quel sentimento
ontologico che pone l'uomo non di fronte a questa o a quella
cosa, ma davanti alla totalità indivisibile dell'essere
simmetrico. L'angoscia, quindi, come emozione che apre all'essere
e che l'artista, così abile nell'evocare vissuti
della simmetria, potrebbe conoscere bene. Ponendola a fondamento
di ogni esperienza estetica, non si vuole, tuttavia, affermare
che sia impossibile, per creatore e fruitore, vivere l'opera
d'arte con serenità o, addirittura, con allegria.
L'angoscia, come sensazione pura, sarà caratterizzata
dalla fugacità, oltre la quale si svilupperanno emozioni
più addomesticate, emozioni in cui saranno maggiormente
presenti le relazioni asimmetriche. Il sentimento rivolto
all'indefinibile lascia il posto a sentimenti del definito,
che hanno per oggetto questa o quell'altra cosa. Si può,
però, essere d'accordo con la voce autorevole dello
psichiatra Antonio Di Benedetto quando afferma che la vera
esperienza estetica "non è mai puro e semplice
piacere contemplativo della bellezza, ma è sempre,
in una certa misura, turbamento" (15). Un turbamento
che solo la conoscenza del tutto senza parti può
dare.
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(1) Freud Sigmund, "L'inconscio", in Opere 1915-1917,
a cura di Musatti C. L., Torino, Boringhieri, 1976.
(2) Matte Blanco Ignacio, L'inconscio come insiemi infiniti.
Saggio sulla bi-logica, Torino, Einaudi, 2000, p. 43. (1ª
ed. The unconscious as infinite sets. An essay in bi-logic,
London, Duckworth & C., 1975).
(3) Ibidem, p. 44.
(4) Ibidem, p. 39.
(5) Ibidem, p. 105.
(6) Fink Klaus, "La teoria bi-logica e le sue applicazioni
cliniche", in Bria P. e Oneroso F. (a cura di), L'inconscio
antinomico. Sviluppi e prospettive dell'opera di Matte Blanco,
Milano, Franco Angeli, 1999, p. 202.
(7) Matte Blanco Ignacio, Pensare, sentire, essere. Riflessioni
cliniche sull'antinomia fondamentale dell'uomo e del mondo,
Torino, Einaudi, 1995, p. 97. (1ª ed. Thinking, feeling
and being. Clinical reflections on the fundamental antinomy
of human beings and world, London-New York, Routledge, 1988).
(8) Matte Blanco Ignacio, L'inconscio come insiemi infiniti,
op. cit., p. 269.
(9) Ibidem, p. 335.
(10) Ibidem, p. 318.
(11) Matte Blanco Ignacio, "Creatività e ortodossia",
in Rivista di psicoanalisi, XXI, Roma, 1975, p. 224.
(12) Matte Blanco Ignacio, "Note sulla creazione artistica",
in Dottorini D. (a cura di), Estetica ed infinito. Scritti
di Matte Blanco, Roma, Bulzoni, 2000, pp. 85-86.
(13) Heidegger Martin, Che cos'è la metafisica?,
Firenze, La Nuova Italia, 1979, p. 18.
(14) Ibidem, p. 19.
(15) Di Benedetto Antonio, "Esperienza estetica ed
estetica della conoscenza", in Gosso S. (a cura di),
Paesaggi della mente. Una psicoanalisi per l'estetica, Milano,
Franco Angeli, 1997, p. 27.
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