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Stefano Sanna
L'arte come sofferta conoscenza della totalità. Proposte per l'interpretazione del pensiero estetico di Ignacio Matte Blanco

 

Stefano Sanna, L'arte come sofferta conoscenza della totalità. Proposte per l'interpretazione del pensiero estetico di Ignacio Matte Blanco, in "XÁOS. Giornale di confine", Anno II, N.3 Novembre-Febbraio 2003/2004, URL: http://www.giornalediconfine.net/anno_2/n_3/8.htm

 

L'impegno che Ignacio Matte Blanco assume come proprio per tutto il corso della sua esistenza e dei suoi studi, il suo tentativo di riformulare l'inconscio freudiano, ha spesso i caratteri di una ricerca aperta, di una prospettiva che si sviluppa nell'interdisciplinareità. Il suo punto di partenza è, certamente, ubicato nell'osservazione dei fatti clinici e nello sforzo di scovare qualche spiraglio determinante nella soluzione delle patologie mentali. Il fervore che lo spinge a percorrere la strada della psicoanalisi non nega, però, la possibilità di andare a cercare, nelle profondità della mente umana, l'origine e la natura di certi comportamenti che, pur essendo del tutto umani, si prospettano ostici a considerazioni essenzialmente razionali. Ed è in questo ambito che possiamo andare ad osservare il carattere intimo della creatività artistica e dei suoi prodotti, dell'esperienza estetica che si lega intensamente all'universo dell'emozione, più che a quello del pensiero cosciente razionale. Piuttosto che continuare ad approfondire il solco che separa ed oppone le diverse manifestazioni dell'umano, inconscio e coscienza, emozione e pensiero, sogno e veglia, arte e scienza, lo studioso cileno si occupa di rintracciare i punti di contatto che costituiscano una prova della compartecipazione ad un obiettivo comune.
Indagare sull'origine dell'arte, sul suo radicamento nel mondo dell'emozione, significa anche cercare di comprendere se esse, emozione ed arte appunto, siano considerabili alla stregua di forme speciali di conoscenza: solo così potranno abbandonare il mondo dell'illogico nel quale, spesso, sono relegate. Il presente lavoro intende, anche, dare risalto al legame che si può instaurare tra la creatività artistica, nel suo momento primitivo, ed alcune forme specifiche dell'emozionalità umana. Ma tutto muove dagli sviluppi che il concetto di sistema inconscio guadagna nella prospettiva di Matte Blanco, sviluppi che non possiamo fare a meno di sottolineare.
La logica classica, quella aristotelica, basata soprattutto sul principio di non-contraddizione e sul presupposto di una griglia spazio-temporale, non può avanzare la pretesa di racchiudere tutto all'interno delle sue regole. Le cinque caratteristiche che Freud, nel suo saggio intitolato "L'inconscio" (1), attribuisce a quella che definì come la vera realtà psichica testimoniano a favore di questa considerazione. Assenza di contraddizione mutua e di negazione, spostamento, condensazione, assenza di tempo e sostituzione della realtà esterna con la realtà psichica: siamo in un universo senza tempo e senza spazio, dove i contraddittori sono comunque veri, in un mondo che il pensiero comune può valutare assurdo ma che è, comunque, reale. Questi cinque elementi distintivi devono essere assunti, nella più ampia visione proposta dallo psicoanalista cileno, come l'espressione di una logica peculiare, una logica che si intreccia costantemente con quella ordinaria, seppur non si possa mai fondere con essa. I principi fondamentali sui quali è costruito un sistema così singolare sono essenzialmente due: quello di generalizzazione e quello di simmetria. In base al primo "Il sistema inconscio tratta una cosa individuale (persona, oggetto, concetto) come se fosse un membro o elemento di un insieme o classe che contiene altri membri; tratta questa classe come sottoclasse di una classe più generale e questa classe più generale come sottoclasse o sottoinsieme di una classe ancora più generale e così via" (2); in base al secondo "Il sistema inconscio tratta la relazione inversa di qualsiasi relazione come se fosse identica alla relazione. In altre parole, tratta le relazioni asimmetriche come se fossero simmetriche" (3). Un esempio di relazione asimmetrica facilmente riscontrabile nella quotidianità è rintracciabile nel legame padre-figlio: se A è padre di B, nella razionalità cosciente B sarà necessariamente figlio di A; nei livelli più profondi della mente, invece, alla paternità di A nei confronti di B corrisponderà che anche B è padre di A. Se il principio di generalizzazione è riscontrabile, in una certa misura, anche nella logica ordinaria, quello di simmetria costituisce la vera e propria novità della presente teoria; ed è in virtù di questo che la logica dell'inconscio e dei fenomeni emotivi potrà essere denominata semplicemente logica simmetrica.
A prima vista la simmetria sembra essere essenzialmente un elemento disturbante o, addirittura, distruttivo nei confronti delle nostre certezze logiche che riposano nella tangibilità asimmetrica che ci avvolge. La logica simmetrica tende, inevitabilmente, all'unità del tutto, all'indistinzione degli elementi. Le classi che si ottengono attraverso il processo di generalizzazione, e che divengono sempre più onnicomprensive, si avviano ad essere insiemi dove la parte è uguale al tutto ed i singoli membri sono identici tra loro: seguendo la definizione di Dedekind (4), alla quale Matte Blanco si riconduce, le classi diventano insiemi infiniti. La realtà simmetrica della logica dell'inconscio e dell'emozione ha l'aspetto di un prodotto derivato dall'azione dei due principi su una logica preesistente ed originaria: la logica ordinaria definibile come asimmetrica. Inoltre, il primato dell'asimmetria è confermato dal fatto che, secondo quanto lo stesso Matte Blanco rileva, non è possibile studiare o anche solo pensare la simmetria se non con mezzi asimmetrici, se non attraverso l'utilizzo delle relazioni immerse nella dimensione spazio-temporale e regolate dalla non-contraddizione. La logica simmetrica, in breve, è anaclitica, non si regge in piedi da sola ed è solo un modo asimmetrico di definire una realtà talmente profonda da dare scacco ad ogni possibilità umana di coglierla in modo completo. E' lo scacco che coinvolge, soprattutto, la facoltà di pensiero scientifico e filosofico, una facoltà che si scopre infinita ricerca di un oggetto che sfugge.
Le difficoltà del principio di simmetria e della sua logica possono essere superate solo a certe condizioni: la vera realtà psichica rivelata da Freud non può continuare ad essere chiamata con un nome che indica una ma solo una delle sue qualità specifiche: quella, appunto, di essere inconscia. Essa, ben lungi dall'essere un vuoto contenitore di elementi rimossi dalla coscienza o una semplice qualità, deve essere concepita come una realtà ontologica che precede e fonda qualsiasi tipo di logica: "La fondamentale scoperta di Freud non è quella dell'inconscio, […] ma quella di un mondo - che egli sfortunatamente chiamò l'inconscio - retto da leggi completamente diverse da quelle da cui è retto il pensiero cosciente" (5). La risoluzione dell'errore commesso dal padre della psicoanalisi è un punto chiave per affrontare una svolta. Due modi di essere, denominati simmetrico ed asimmetrico, si intrecciano, senza mai fondersi, nei livelli di profondità di una mente umana concepita come una realtà stratificata, dando vita a strutture che si possono considerare bi-logiche; se i livelli più superficiali mostrano una presenza principalmente di relazioni asimmetriche, quelli più profondi sono caratterizzati dalla simmetria e, quindi, dal progressivo svanire dello spazio, del tempo e del principio di non-contraddizione.
Ma può esistere la simmetria assoluta e, all'estremo opposto, la totale asimmetria? La prima, forte delle caratteristiche che abbiamo menzionato, si presenta come un puro essere senza possibilità di divenire (ciò che è ma che è privo di avvenimento), come una totalità indivisibile che esclude ogni realtà frammentata ed ogni possibile differenza. La conoscenza di questo essere simmetrico, incontaminato noumeno, può avvenire solo attraverso il tradimento che lo rende fenomeno, solo attraverso l'uso di relazioni asimmetriche che lo ricoprano. All'estremo opposto, l'essere asimmetrico vede e vive la realtà in modo eterogenico dividente, è immerso in un divenire senza sosta e si identifica con la tendenza ad analizzare, a spezzettare in singoli elementi l'oggetto della sua attenzione. Per Matte Blanco, anteporre l'ontologia alla logica significa mostrare come l'asimmetria, prevalente nei processi di pensiero cosciente e caratterizzato da scarsa presenza di emozioni, sia dotata di un ruolo attivo: un'attività, però, che presuppone un essere già esistente sul quale dispiegarsi. Il ruolo della coscienza e della razionalità sembra, allora, essere quello di porre limiti all'illimitato, di conoscere l'inconoscibile attraverso coordinate, ad esempio spazio temporali, che ad esso non appartengono. Ciò che facciamo emergere ai livelli superficiali è il frutto di una funzione di traduzione, la quale non può che essere una forma di alterazione dell'originario.
La prospettiva appare rovesciata: il pensiero razionale e cosciente, dotato della sua logica tradizionale asimmetrica, è l'elemento disturbante, l'elemento che infrange l'ordine assoluto della totale identità. Il modo eterogenico dividente non è quella facoltà che si occupa di censurare i fattori destabilizzanti per la coscienza e di relegarli in un contenitore destinato a rimanere inconscio. La sua essenza è, invece, caratterizzata da una continua tensione rivolta verso la sua origine simmetrica, verso una riunione con essa; tensione, peraltro, destinata a rimanere tale, condannata a quello scacco del quale già abbiamo accennato. Una cosa sembra che si possa affermare con certezza: questa riformulazione fornitaci da Matte Blanco non identifica i processi di pensiero logico con una condizione di asimmetria assoluta. Se questi presentano un deciso predominio del modo asimmetrico, un pensiero totalmente dividente sembra essere piuttosto un estremo impossibile da realizzare; in un simile caso ci troveremmo davanti a quella che Klaus Fink, studioso particolarmente vicino allo psicoanalista cileno, considerò una totale paralisi del pensiero. Infatti, "se è impossibile fare associazioni, analogie, paralleli, connessioni o simbolizzazioni, non può esistere alcun pensiero" (6). Porzioni di simmetria sono, dunque, presenti anche in ogni processo che si consideri razionale, anche in qualsiasi lavoro che si consideri di pura divulgazione scientifica.
L'essere simmetrico, quindi, come ipotetico punto zero, punto di origine, radice unitaria di ogni successivo dispiegarsi delle dissomiglianze e delle individualità. Ma l'essere simmetrico anche come meta di un ritorno impossibile per la nostra capacità dividente. Come si può, dunque, spiegare questa incapacità che sembra affliggere proprio la facoltà, a prima vista, più idonea ad essere investita di un ruolo di orientamento nelle difficoltà dell'esistenza? Per il nostro autore vi sono difficoltà che non riguardano affatto un semplice meccanismo di rimozione di ciò che è considerato destabilizzante per l'equilibrio mentale. La chiave di lettura è un'altra e richiede l'introduzione di un nuovo concetto: la multidimensionalità dei livelli più profondi della mente e dell'essere.
Il fatto che noi siamo abituati a rapportarci ad un universo a tre dimensioni, quelle spaziali alle quali si aggiunge la dimensione temporale, non significa che questa sia l'unica o la vera realtà. L'ipotesi che si può avanzare è che la totalità indivisibile dell'essere simmetrico abbia un numero di dimensioni superiore a tre (n-dimensionale), e per questo sia da considerarsi eccessiva rispetto alle capacità razionali della mente cosciente. L'esuberanza di questa realtà psichica, che Freud chiamò con il nome di inconscio, costringe il pensiero a modificarne la natura, conformandola a quella tridimensionale delle relazioni asimmetriche. Ci si comporta, quindi, in modo analogo a quando, alla presenza di un oggetto di tre dimensioni, si ha l'esigenza di rappresentarlo in una superficie piana bidimensionale: si pensi ad un disegnatore che ritrae qualcosa su un foglio od una tela. La coscienza è una piccola porta, attraverso la quale deve passare un universo smisurato: l'unica soluzione possibile consiste nello smembramento di questo. In questi termini, ciò che sembra assurdo ed impossibile nel mondo tridimensionale, diventa perfettamente coerente ed ammissibile in un contesto multidimensionale.
Gli impedimenti della nostra capacità di conoscenza, dunque, sono causati dall'incontro con la totalità o, almeno, con elementi che, pur essendo discreti, si immergono in essa in ampia misura. Gli sforzi dell'attività eterogenico dividente non sono, comunque, da ritenersi un inutile impegno; rappresentano, invece, al meglio il senso di un'esistenza votata alla ricerca, un'esistenza che non si appaga delle proprie adeguatezze ma che cerca costantemente di superare se stessa; sono il paradigma della vita votata alla filosofia.
In un simile contesto, è importante l'identificazione di un ruolo di primo piano ricoperto dalle emozioni. Il riconoscimento di questo ruolo, operabile da parte della facoltà di pensiero razionale asimmetrico, non porta ad una semplice individuazione della complementarietà, nonché della mescolanza in varie proporzioni, dei due modi di essere in vista di un intento comune. Il rapporto pensiero-emozione viene, dal nostro autore, ridisegnato in un modo che ha degli effetti sorprendenti. Le affermazioni di Matte Blanco, secondo il quale "Alla fine non si è scoperto nulla che porti ad una chiara e netta distinzione psicologica fra emozione e inconscio […] le differenze, seppur vi sono, necessitano ancora di essere definite" (7) pur non volendo attestare l'identità dell'emozione con il modo simmetrico, immaginano per essa una posizione di grande privilegio: gli eventi emozionali, in quanto inzuppati di simmetria, possono costituire una porta per il mondo indivisibile, in quanto stabiliscono con esso una relazione diretta, priva di mediazioni.
Ma andiamo a vedere meglio quali possono essere i fattori più importanti che specificano la natura dell'emozione. In essa si possono riconoscere due momenti principali: la sensazione-sentimento e lo stabilimento delle relazioni. La prima fase è, senza dubbio, da considerarsi come quella dove gli eventi emozionali si manifestano in una forma più pura. La sensazione-sentimento è semplice ed unitaria; vale ciò già detto per l'essere simmetrico: essa non accade ma, semplicemente, è; non si dispiega nel tempo e nello spazio, né concepisce alcuna contraddizione. A queste condizioni, questo stadio dell'emozione non può, per le motivazioni oramai sostenute, entrare nella sfera di competenza della coscienza, non può essere afferrato con piena consapevolezza. La sensazione nella sua nudità, priva cioè di qualsiasi forma di relazione, la si afferra solo con uno sforzo di introspezione, ma questo non può che essere retroattivo e, quindi, non può far altro che interporre una distanza fra sé ed il suo oggetto. Esiste, in verità, un istante in cui la sensazione pura si ferma nell'area maculare della coscienza, ma la fugacità di questo rende possibile solo un vissuto che non può essere formulato in una teoria (certo, il concetto stesso di istante fugace introduce una dimensione temporale che richiede relazioni asimmetriche e, quindi, opera una violazione di questa purezza della sensazione; ma non possiamo trascurare il fatto che, senza l'intervento del modo eterogenico dividente, ogni discorso, compreso il presente, sarebbe impossibile; la stessa nostra esigenza di comunicare, con gli altri ma anche con noi stessi, ci obbliga a spezzettare l'oggetto della ricerca: siamo costretti a fare i conti con i limiti strutturali della nostra mente cosciente; limiti che ci impediscono di attingere pienamente all'illimitato dei più intimi livelli psichici). La sensazione-sentimento, nell'estrema fugacità della sua condizione di incontaminatezza, è proprio da valutare come un vissuto autentico della totalità indivisibile. Essa arriva, anche se solo per quest'attimo che potremo definire fuori del tempo, là dove per il pensiero asimmetrico è impossibile un approdo.
Ma la precarietà del vissuto emozionale della simmetria, lo costringe a svanire con lo stabilimento delle relazioni. Uno svanire che non si risolve nella sua totale scomparsa, ma in un perdersi nella molteplicità. Il secondo momento, che caratterizza la natura dell'emozione, è già una forma di pensiero, anche se emozionale e ben distante dal pensiero propriamente detto (l'attività asimmetrico-dividente). Le prime relazioni che stabilisce sono, così, ancora impregnate di simmetria e tendono alla generalizzazione, alla massimizzazione ed all'irradiazione: "generalizzazione delle caratteristiche o proprietà attribuite all'oggetto che fa sì che tutte le proprietà di questo tipo arrivano ad essere in esso contenute; massimizzazione della grandezza di queste caratteristiche; e, come conseguenza di entrambe, irradiazione dall'oggetto concreto a tutti gli altri che, in questo modo, vengono ad essere da esso rappresentati" (8). In sintesi, in questa fase si tende ad idealizzare fortemente l'oggetto delle proprie emozioni ed a non riconoscere, ancora, la differenza con esso. Se si riflette sui sentimenti amorosi più intensi, si può agevolmente notare come l'amante si senta, insieme alla persona amata, una totalità indivisibile. Questi processi idealizzanti saranno presenti in maggior misura negli stati emotivi più profondi e primitivi, per poi ridursi con l'instaurarsi di relazioni sempre più asimmetriche, le quali danno vita ad emozioni più misurate e ragionate, alle emozioni addomesticate.
Lo stabilimento delle relazioni è, allora, il punto di incontro tra l'emozione ed il pensiero, il quale da emozionale diventa, gradualmente, sempre più razionale. E' l'atto di nascita del pensiero: "l'emozione è la madre del pensiero" (9) e quest'ultimo, nel tentativo di cogliere la sua origine, la analizza frammentandola, dissolvendone la sua unità. Man mano che emerge a superficie, la nostra facoltà eterogenico-dividente si allontana dalla sua radice compiendo quello che si potrebbe definire come una sorta di matricidio: il tutto unico primordiale è perso per sempre. In questo contesto, i due modi di essere, che si intrecciano nei vari livelli di profondità della mente, si presentano come forme di conoscenza che, pur perseguendo lo stesso fine, si dispiegano in due direzioni opposte. Ma l'emozione, priva di velleità analitiche, ha la capacità di assumere quella posizione privilegiata che gli permette di conoscere il suo oggetto dall'interno, anziché da una posizione distaccata. Al mondo emozionale è riservata la conoscenza perfetta, la quale "Non è la conoscenza di uno spettatore ma la conoscenza inerente all'essere […] Al contrario della conoscenza asimmetrica, è conoscenza senza parti" (10).
Da questa posizione guadagnata, possiamo ora osservare quali sviluppi si possano portare nella sfera dell'estetica. Quello dell'origine della creatività artistica è un problema che Matte Blanco inserisce in un ambito più vasto, comprendente la creatività in generale. Essa è da considerarsi come attività psichica che si rende manifesta in azioni fisiche, ma che mantiene la sua caratterizzazione negli aspetti psicologici. Creare significa scoprire, anche se si tratta di una forma speciale di scoperta. Nel saggio intitolato Creatività e ortodossia possiamo leggere: "ogni creazione è, in fondo, la scoperta di qualcosa di occulto nel creatore, qualcosa che emerge dalla profondità dell'inconscio e che è o sembra estranea alle funzioni dell'io dell'individuo. D'altra parte, il creatore (artista, scienziato che sviluppa un'interpretazione della realtà, filosofo, ecc.) presenta qualcosa che è nuova anche per il suo io, ma che è semplicemente la traduzione o l'espressione di un aspetto del suo inconscio" (11). Questa scoperta non si volge, quindi, a qualcosa che si può trovare in oggetti esterni, ma all'intimità del soggetto.
In questo stato di cose, sembra che l'arte condivida molti aspetti determinanti con l'attività del pensiero scientifico, massima espressione, questa, della nostra facoltà eterogenico-dividente. La creatività dell'artista si presenta, similmente a quella dello scienziato, come figlia dell'emozione. Anche l'autore di un prodotto artistico cerca di attingere dall'indivisibile, mettendo in pratica, così, una funzione di traduzione. Si tratta, però, di una traduzione particolare, che non si rassegna ai confini imposti dalla ragione, che afferma la sua estrema libertà. In un testo di poesia, per citare una forma d'arte particolarmente amata dal nostro autore, possono svilupparsi eventi che in un'opera di divulgazione scientifica sarebbero assurdi; e questo può accadere nonostante si attingano parole dal medesimo vocabolario. L'utilizzo di strumenti asimmetrici, per cercare di esprimere una realtà che asimmetrica non è, risulta comunque indispensabile; senza questi l'arte rimarrebbe chiusa nel vissuto emozionale che la origina, rimarrebbe una forma di creatività soltanto potenziale e dovrebbe rinunciare ad una delle sue caratteristiche fondamentali: il suo essere comunicativa (anche se questa esigenza di comunicare non richiede necessariamente un fruitore esterno, diverso dal creatore: artista e fruitore possono benissimo essere la medesima persona). Ma l'asimmetria presente nel linguaggio dell'arte assume un significato distintivo: essa, anziché descrivere la totalità indivisibile frammentandola inesorabilmente, esercita un potere evocativo nei confronti della stessa. Dove la scienza non può far altro che dire palesemente e con precisione ciò che intende svelare, i significati espliciti della creazione artistica hanno sempre un valore relativo e trascurabile rispetto ai contenuti impliciti. In breve, l'artista riesce a mantenere un'intimità con il suo oggetto, che lo scienziato, intento ad un'analisi descrittiva e dividente, sovente perde. Lo si può osservare quotidianamente nell'esperienza di chi si accosta all'arte con una certa dose di spontaneità (non solamente l'esperienza del creatore, ma anche quella del fruitore): egli, pur mantenendo la propria individualità, costituisce un tutt'uno con il prodotto estetico, immergendosi in esso e dimenticando la dimensione spazio-temporale abituale. Tutta la creatività, scientifica ed artistica, sembra generarsi da un vissuto emotivo primitivo; e tutto sembra tendere ad un ritorno ad esso. Ma se il pensiero scientifico non può che costituire, per sua stessa natura, una manovra di allontanamento dalla sua origine, la creazione e la fruizione dell'arte producono ed evocano un vissuto emotivo che, pur non identificandosi necessariamente con quello iniziale, è un vissuto della totalità.
La differenza tra indagine scientifica ed esperienza artistica non la troviamo, allora, nel concepire la prima come ricerca di verità e la seconda come ricerca di bellezza senza verità. L'arte è capace di evocare un vissuto emozionale della verità, il quale, per Matte Blanco, potrebbe recare giovamento alla scienza stessa. L'essenza del rapporto tra le due realtà, può essere rappresentata da questa affermazione: "la creazione artistica contiene frequentemente, non so se sempre, certe intuizioni cognitive le cui relazioni interne sono, per così dire, i germi per uno sviluppo del pensiero. Lo scienziato può impossessarsene e farne la base di un rigoglioso sviluppo intellettuale" (12). Ed è per questo che, senza desiderare una completa fusione tra le due prospettive, il nostro autore ne auspica un incontro, che renda i lavori scientifici contemporanei meno aridi e scarni e più capaci di sfruttare tutta la potenziale ricchezza delle parole. Si tratta di rivalutare quel modo altamente artistico di divulgare idee scientifiche che fu proprio, ad esempio, di Platone e Galileo.
Ma torniamo ora al rapporto privilegiato che la creatività artistica possiede con il mondo delle emozioni. L'arte nasce da uno stato emotivo e tende ad evocarne un altro non necessariamente identico. Un primo sentimento che sembra legarsi ad esso è il desiderio: desiderio di colmare un vuoto, di coprire una distanza. Quello dell'artista, ma anche, in un secondo momento, del contemplatore, sembra essere identificabile con la brama di riunirsi alla purezza della totalità indivisibile. L'opera d'arte, quindi, potrebbe rappresentare il mezzo per un'esperienza completamente appagante: l'esperienza dell'originario. Ma la soddisfazione del desiderio, in questi termini cosi completi e totalizzanti, non può che avvenire in un istante fugace, in quella durata effimera che caratterizza la sensazione pura. Poi, l'appagamento lascia il posto all'insoddisfazione dell'instaurarsi delle relazioni eterogenico-dividenti. Come abbiamo già osservato, però, ogni creazione è anche una scoperta: la coscienza viene illuminata da qualcosa di intimo ma, allo stesso tempo, sconosciuto. Questa scoperta non può che suscitare un sentimento di stupore e meraviglia, il sentimento di chi esperisce la vertigine di un'apertura di orizzonte. Non è proprio questo il sentimento nel quale Platone poneva l'origine di ogni filosofare?
La nascita del desiderio e dello stupore-meraviglia avviene, quindi, nel punto in cui modo simmetrico ed asimmetrico si intrecciano. Ma, dirigendoci verso il punto d'origine, possiamo incontrare un altro sentimento fondamentale per la creatività: l'angoscia. Le considerazioni su questa emozione sono necessariamente legate all'opinione, espressa dallo psicoanalista cileno, secondo la quale ad un primissimo atto creativo dell'uomo è legato il futuro sviluppo di tutti gli altri. Questo ha luogo dopo le iniziali settimane della vita del bambino. Il neonato è incapace di riconoscere la distinzione tra egli stesso ed il mondo circostante, ed è in particolare alla madre che si sente unito in un'unica entità. In pratica, egli si trova immerso in un mondo ancora fortemente caratterizzato dalla simmetria, in un mondo definibile come essere piuttosto che divenire. Nel vivere in simbiosi con la figura materna, ogni bisogno del bambino è soddisfatto nel momento stesso del suo insorgere. La prima scoperta dell'alterità diventa, allora, un'esperienza destabilizzante e frustrante, nella quale viene riconosciuto il pericolo dell'abbandono e della solitudine. Nasce così anche il bisogno di superare il dolore insopportabile di questa lacerazione. Il bambino deve recuperare la condizione simmetrica iniziale, deve riunirsi alla totalità da cui è nato e lo fa per mezzo della sua fantasia. La soluzione all'angoscia dell'abbandono è fornita dal meccanismo di identificazione: l'infante soppianta la figura genitoriale sostituendosi ad essa, divenendo, ad un tempo, madre e figlio. Questa sintesi simmetrica è possibile non solo attraverso una fusione amorosa, ma anche attraverso un'altra esperienza dolorosa: l'uccisione, simbolica, della genitrice. E' qui che Matte Blanco vede il primo atto creativo della storia personale di ogni umano, nel dolore del distacco e nell'angoscia di un'identificazione ed autoaffermazione matricida; ed è da qui che trae fondamento ogni creatività futura, compresa quella artistica. Ai livelli più profondi l'artista si identifica, ogni volta che crea la sua opera, con chi rappresenta la creatività totale: egli si sente Dio, il genitore per antonomasia, ma prova anche il senso di colpa di aver ucciso Dio per sostituirsi ad esso.
Alla frustrazione che accompagna il riconoscimento dell'alterità e, quindi, dell'asimmetria, o che appare legata al senso di colpa del matricida e deicida, si può aggiungere un'angoscia di segno opposto, identificabile con quel sentimento autentico che si esperisce davanti a ciò che trascende ogni determinazione. Heidegger è un punto di riferimento fondamentale quando ne definisce la differenza con la paura: "Noi ci impauriamo sempre di questa o quella cosa determinata […] L'aver paura di… è sempre anche paura per qualcosa di determinato" (13), mentre "L'angoscia rivela il niente" (14). Un niente che non è l'assoluto nulla, ma l'essere che trascende ogni determinazione e, quindi, ogni ente (niente=non-ente).
Rientrando nella prospettiva del nostro autore, possiamo interpretare come paura quel sentimento provato davanti alla scoperta delle determinazioni del mondo asimmetrico, e possiamo vedere l'angoscia autentica come quel sentimento ontologico che pone l'uomo non di fronte a questa o a quella cosa, ma davanti alla totalità indivisibile dell'essere simmetrico. L'angoscia, quindi, come emozione che apre all'essere e che l'artista, così abile nell'evocare vissuti della simmetria, potrebbe conoscere bene. Ponendola a fondamento di ogni esperienza estetica, non si vuole, tuttavia, affermare che sia impossibile, per creatore e fruitore, vivere l'opera d'arte con serenità o, addirittura, con allegria. L'angoscia, come sensazione pura, sarà caratterizzata dalla fugacità, oltre la quale si svilupperanno emozioni più addomesticate, emozioni in cui saranno maggiormente presenti le relazioni asimmetriche. Il sentimento rivolto all'indefinibile lascia il posto a sentimenti del definito, che hanno per oggetto questa o quell'altra cosa. Si può, però, essere d'accordo con la voce autorevole dello psichiatra Antonio Di Benedetto quando afferma che la vera esperienza estetica "non è mai puro e semplice piacere contemplativo della bellezza, ma è sempre, in una certa misura, turbamento" (15). Un turbamento che solo la conoscenza del tutto senza parti può dare.

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(1) Freud Sigmund, "L'inconscio", in Opere 1915-1917, a cura di Musatti C. L., Torino, Boringhieri, 1976.
(2) Matte Blanco Ignacio, L'inconscio come insiemi infiniti. Saggio sulla bi-logica, Torino, Einaudi, 2000, p. 43. (1ª ed. The unconscious as infinite sets. An essay in bi-logic, London, Duckworth & C., 1975).
(3) Ibidem, p. 44.
(4) Ibidem, p. 39.
(5) Ibidem, p. 105.
(6) Fink Klaus, "La teoria bi-logica e le sue applicazioni cliniche", in Bria P. e Oneroso F. (a cura di), L'inconscio antinomico. Sviluppi e prospettive dell'opera di Matte Blanco, Milano, Franco Angeli, 1999, p. 202.
(7) Matte Blanco Ignacio, Pensare, sentire, essere. Riflessioni cliniche sull'antinomia fondamentale dell'uomo e del mondo, Torino, Einaudi, 1995, p. 97. (1ª ed. Thinking, feeling and being. Clinical reflections on the fundamental antinomy of human beings and world, London-New York, Routledge, 1988).
(8) Matte Blanco Ignacio, L'inconscio come insiemi infiniti, op. cit., p. 269.
(9) Ibidem, p. 335.
(10) Ibidem, p. 318.
(11) Matte Blanco Ignacio, "Creatività e ortodossia", in Rivista di psicoanalisi, XXI, Roma, 1975, p. 224.
(12) Matte Blanco Ignacio, "Note sulla creazione artistica", in Dottorini D. (a cura di), Estetica ed infinito. Scritti di Matte Blanco, Roma, Bulzoni, 2000, pp. 85-86.
(13) Heidegger Martin, Che cos'è la metafisica?, Firenze, La Nuova Italia, 1979, p. 18.
(14) Ibidem, p. 19.
(15) Di Benedetto Antonio, "Esperienza estetica ed estetica della conoscenza", in Gosso S. (a cura di), Paesaggi della mente. Una psicoanalisi per l'estetica, Milano, Franco Angeli, 1997, p. 27.