Il
Teatro per Artaud è Evento, qualcosa di unico ed
irripetibile 'non riproducibile' dunque come copia. La copia
determina ripetizione ed è determinata dalla ripetizione.
Il Teatro porta in sé questa colpa: la frattura
tra il testo scritto e la rappresentazione; la parola è
cadavere ed uccide al tempo stesso l'essenza stessa del
Teatro (quasi a neutralizzarla), la sua unione con la Vita.
Allora
l'unico modo per ri-affermare e ri-conciliare
e la Vita e la frattura, è "la Parola prima
delle parole", una parola evocativa dunque, originaria
che, disincagliata dalle regole linguistiche, emerge nel
suo accadere. La Parola è soufflée
soffiata, bisbigliata in un prolungamento dello Spirito.
La Parola risorge dunque dalle sue stesse ceneri per trasformarsi
in irripetibile. Il Teatro non viene configurandosi in Artaud
come separazione. L'"affermazione della crudeltà"
è l'affermazione della vita stessa dell'uomo, è
drâma. Parola e gesto saranno dunque uniti
in una scena "non-teologica" ma evocativa. Una
scena complessa da rendere visivamente, una scena che sta
al limite forse tra Teatro e Cinema. Immagini
che tutto comprendono, oscure come l'animo umano, pesanti
di un silenzio contratto nell'istante.
Difficile pensare al notturno, portare in scena quell'irrappresentabile
che sta nello-sfondo e al-fondo. Forse allora le categorie
di spazio e tempo non sono più da intendersi come
"ordinatrici". Lo spazio e il tempo si dilatano
e si contraggono in uno scenario onirico in cui luci e colori
sembrano illanguiditi, in cui ciò che conta è
il residuo silenzioso di un pensiero che è
sempre un non-pensare-ancora
come un'arrancare faticoso
e sofferto tra i labirinti della propria anima che sfiora
e soffia il circostante senza mai possederlo pienamente[1]
(A.P. , N. d. R)
1.
C. Usai, Scenografia per I Cenci (1935) di A.
Artaud - Scena II
La struttura è di una normale tragedia in quattro
atti. E' stata composta seguendo l'omonima tragedia di Shelley.
Artaud rinnova il mito, immergendolo nella disperazione
esistenziale e nella crudeltà del suo tempo.
Argomento
I Cenci sono una nobile e potente famiglia romana. Alla
fine del Cinquecento, la maggior parte dei suoi membri muoiono
di morte violenta.
Scena
Interno del palazzo Cenci.
2. C.
Usai, Scenografia per La Pietra Filosofale (1934) di A.
Artaud - Atto unico
Argomento
In un angolo della casa c'è il laboratorio degli
esperimenti del dottore. Arlecchino che da molto tempo ha
notato Isabella, la desidera. Si introduce nella casa col
pretesto di prestarsi ad un esperimento del dottore: costui
è alla ricerca della pietra filosofale.
Scena
Una nicchia scavata in un grande telaio nero. La nicchia
occupa quasi tutta l'altezza del palcoscenico. Una grande
tenda scende a terra e si svolge in grosse falde. In primo
piano, un tavolo dai piedi massicci e un'altra sedia di
legno. La tenda è illuminata dall'alto e dal basso.
Lascia apparire quando scostata la sala operatoria.
3. C. Usai, scenografia per
La sonata degli spettri (1933) di A. Artaud - Scena
III.
Dramma borghese in tre atti dall'omonima opera di Strindberg.
La messa in scena si ispira ad una specie di doppia corrente
tra una realtà immaginaria e ciò che ha preso
contatto a un certo momento con la vita, per staccarsene
poi quasi subito.
Argomento
Una casa trasparente serve da centro di attrazione al dramma.
Questa casa aperta ci permette di vedere fin dentro i suoi
segreti. Un salotto rotondo messo in primo piano vi assume
un senso magico. Diversi personaggi girano attorno alla
casa come dei morti attirati dalle loro spoglie.
Scena
Casa vista dall'interno, un salotto, un armadio, dei manichini,
una grande tenda. I muri sono aperti, perforati, trasparenti:
lasciano vedere il cielo, l'aria, la luce esterna.
[1]
Bibiografia al testo
A. Artaud, Il Teatro e il suo Doppio,
Einaudi, Torino 1964.
A. Tagliapietra, Il velo di Al cesti. La filosofia e
il teatro della morte, Feltrinelli, Milano 1997.
M. Blanchot, Il libro a venire, Einaudi, Torino 1969.
J. Derrida, La scrittura e la differenza, Einaudi,
Torino 1971.
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