L'aspetto
che vorrei trattare, all'interno del tema generale proposto "Comunicazione,
Immagine, Verità", è quello del rapporto tra conoscenza, immagine
o rappresentazione della conoscenza e organizzazione della conoscenza medesima,
che lo sviluppo delle tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione (TIC)
stanno facendo emergere in modo sempre più esplicito e diretto. I contenuti
della conoscenza e del sapere che vengono trasmessi sono infatti sempre inseriti
all'interno di uni stile di pensiero e di razionalità che ne influenza
e condiziona sia l'erogazione, sia la fruizione. Lo sviluppo delle TIC sta
incidendo in modo sempre più determinante su questo intreccio per almeno
due aspetti di particolare rilievo: -
" esso sta proponendo e imponendo un nuovo modello di rappresentazione della
conoscenza, secondo il quale l'intero sistema dei saperi assomiglia a un patchwork
di reti altamente cooperative, non omogenee e distribuite, assemblate da una complicata
storia di bricolage che ne fa non un'entità unitaria, ma piuttosto una
collezione di processi eterogenea, che può ovviamente essere considerata
a più di un livello; - " esso ci costinge oggi ad assumere sempre
maggiore consapevolezza della presenza e dell'incidenza, accanto al livello della
rappresentazione della conoscenza, anche di un livello ulteriore, che riguarda
l'organizzazione della conoscenza medesima. Infatti uno degli aspetti cruciali
che caratterizza l'impatto della cultura tecnologica sulla formazione delle persone
è costituito dalla crescente integrazione delle tecnologie nei saperi.
Le tecnologie non costituiscono più soltanto un momento prevalentemente
(o esclusivamente) applicativo: esse diventano un fondamentale momento costitutivo
della conoscenza. Per quanto
riguarda il primo aspetto, la modalità di rappresentazione della conoscenza
che si sta imponendo in seguito all'irruzione delle TIC risulta caratterizzata
dal seguenti tratti distintivi: 1)
la conoscenza non è statica bensì dinamica e sempre incompleta.
Essa non può essere vista come un corpus di idee e/o di competenze da acquisire
bensì come capacità del soggetto di vederne i limiti, le manchevolezze,
le insufficienze, la necessità di approfondimento. Ciò che è
centrale non sono quindi le nozioni (quantità) ma la capacità di
riflettere su di esse, di analizzarle di criticarle, di adattarle e, soprattutto,
di orientarsi all'interno dell'intricato labirinto costituito da un corpus di
informazioni e conoscenze che si espande sempre di più e in modo sempre
più rapido e all'interno del quale si infittiscono in maniera impressionante
le interrelazioni tra le diverse componenti e tra i differenti contenuti;
2)
La conoscenza ha rilevanza solo e in quanto si accompagna alla capacità
di uso della stessa. Se è così, allora essa deve esprimersi nella
capacità di affrontare e risolvere problemi reali. Viene così posta
in risalto la dimensione operativa della conoscenza, vale a dire l'esigenza di
tenere nella massima considerazione il nesso tra sapere e saper fare, tra le conoscenze
acquisite e la capacità di affrontare e risolvere con successo problemi
concreti in cui quelle conoscenze siano in qualche modo implicate, e di tradurre
quindi le nozioni e i concetti in schemi d'azione e comportamenti pratici. Questa
finalità ha un suo preciso significato teorico e una sua specifica dignità
culturale, in quanto si inserisce all'interno di quell'orizzonte epistemologico
che tende ad assumere, come punto di avvio del processo conoscitivo, non tanto
dati certi e inoppugnabili, a partire di quali innescare, ad esempio, il processo
di generalizzazione induttiva, o ai quali ancorare le "sensate esperienze",
quanto piuttosto problemi. Riferimento obbligato per quanto riguarda questo spostamento
di prospettiva è ovviamente Popper, il quale ritiene, com'è noto,
che oggetto di studio ed elemento di partenza del percorso che conduce all'acquisizione
di una nuova conoscenza sia sempre P, cioè un problema iniziale, al quale
l'agente che se ne occupa e che è alla prese con esso risponde cercando
di elaborare TT, cioè un tentativo teorico di soluzione, che poi viene
sottoposto a controllo continuo tramite EE, cioè procedure di individuazione
e di eliminazione dell'errore, che condurranno poi, eventualmente, alla formulazione
di un altro problema P2 più avanzato rispetto al precedente. Da questo
punto di vista, dunque, operativizzare il sapere significa prestare la dovuta
attenzione all'importanza e al valore essenziale che hanno, nell'ambito dei nostri
processi conoscitivi, i problemi e la capacità operativa, appunto, di affrontarli
e risolverli, che è cosa diversa dalla semplice disponibilità di
cognizioni teoriche, il cui possesso costituisce, ovviamente, requisito necessario
ma non sufficiente ai fini dell'acquisizione della suddetta capacità. 3)
La conoscenza non può essere pensata come l'apprendimento di regole e concetti
che descrivono il mondo, al contrario essa è il risultato di un processo
di costruzione collettivo, sociale. Pertanto l'unica forma di apprendimento efficace
è la partecipazione a tale processo. Il
primo di questi trattii è particolarmente importante, in quanto fa venir
meno la metafora del contenitore, cioè che la conoscenza acquisita dai
soggetti individuale e collettivi, e dall'umanità nel suo complesso, possa
in qualche modo essere accumulata e "stipata" all'interno di un archivio
grande quanto si vuole ma dalle dimensioni comunque finite e avente, quindi, confini
che lo differenziano in modo netto e definito rispetto a tutto ciò che
si trova all'esterno di esso. Questa conoscenza è piuttosto assimilabile
al "libro-labirinto" di cui parla Jorge Luis Borges nel racconto Il
giardino dei sentieri che si biforcano: "Ts'ui Pên avrà etto
qualche volta: 'Mi ritiro a scrivere un libro'. E qualche altra volta: 'Mi ritiro
a costruire un labirinto'. Tutti pensarono a due opere: nessuno pensò che
libro e labirinto fossero una cosa sola" [1] Come si fa a costruire un
libro-labirinto? Basta pensare a un qualcosa che sia strettamente infinito e senza
centro e realizzarlo elaborando una serie infinita di biforcazioni. "In tutte
le opere narrative, ogni volta che si è di fronte a diverse alternative,
ci si decide per una e si eliminano le altre; in quella del quasi inestricabile
Ts'ui Pên, ci si decide- simultaneamente- per tutte. Si creano, così,
diversi futuri, diversi tempi, che a loro volta proliferano e si biforcano. Di
qui le contraddizioni del romanzo"[2]. Ogni scioglimento diventa così
il punto di partenza di nuove alternative, e quindi di nuove biforcazioni: e il
testo diviene una rete crescente e vertiginosa di sentieri divergenti, convergenti
e paralleli di tempi che s'accostano, si biforcano, si tagliano o s'ignorano per
secoli fino a comporre una trama che comprende tutte le possibilità. Il
libro-labirinto, perfetta descrizione ante litteram di Internet, per essere letto
e interpretato richiede che si sviluppi una discussione e un confronto in cui
sia possibile vagliare tutti gli argomenti a favore e contro le alternative via
via proposte: ed è altrettanto ovvio che, affinché la discussione
possa aiutare nella ricerca dei suoi più autentici significati e non si
presenti come la sterile contrapposizione di posizioni diverse, o addirittura
opposte, i partecipanti ad essa devono accordarsi su alcune premesse, da assumere
come proposizioni condivise e che possano essere fatte proprie anche da qualsiasi
persona competente in materia. In questo modo, a partire da uno sfondo condiviso,
si possono sviluppare forme di ragionamento distribuito, in cui la comunicazione
svolge un ruolo essenziale . Da questo punto di vista, e proprio per le caratteristiche
e le funzioni fondamentali, di carattere eminentemente sociale, che vengono attribuite
al linguaggio, la situazione problematica ideale dalla quale partire per specificarne
la natura non è quella della "presa di decisioni" in cui è
impegnata una mente riflessiva solitaria, cosciente e razionale, che studia complesse
alternative e si vale di tecniche sistematiche di valutazione considerate astrattamente.
Occorre invece prendere le mosse da soggetti collettivi, come le comunità
e le organizzazioni, considerati come reti di scambi interattivi e di impegni
reciproci, fatte principalmente di promesse e richieste che si sviluppano tra
i membri che li compongono. Questo processo, in virtù del quale non
solo il linguaggio, ma anche il pensiero si presentano come strumenti interattivi,
tesi alla costruzione di uno sfondo il più possibile condiviso tra soggetti
che partono da punti di vista magari profondamente diversi, pone problemi nuovi
che hanno stimolato più ambiti (filosofia della conoscenza e dell'azione,
logica, informatica, economia) a studiare, a partire dagli anni '80, modelli atti
a rappresentare l'interazione di più agenti, capaci sia di conoscere, sia
di agire. In tali contesti risulta essenziale sviluppare un'articolata strumentazione
razionale, che permetta a questi agenti di rappresentare conoscenze, di eseguire
inferenze, di applicare diverse modalità comunicative e, infine, di pianificare
azioni, in quanto singoli, ma anche in quanto gruppo con i connessi problemi di
coordinazione. E' in questo senso ad esempio che vanno le ricerche che Derrick
De Kerckhove, allievo ed erede culturale di Marshall McLuhan, dedica a quelle
che egli chiama le forme di "intelligenza connettiva" . In seguito a
questi sviluppi il pensiero diventa sempre più una forma di connessione
e collaborazione tra persone diverse, il risultato di una condivisione con la
famiglia, con l'impresa, con gli amici ecc;, cioè un fenomeno di gruppo[3]. L'importanza
e l'attualità di questo nuovo filone di ricerca sono oggi confermati dallo
sviluppo, nell'ambito della logica formale, di teorie sistemiche per sistemi multiagente
-formalmente dei sistemi multimodali, che possono incorporare anche una dimensione
temporale- le quali prevedono la possibilità, da parte di ciascun agente,
di ragionare sulle proprie conoscenze e su quelle altrui, e permettono l'identificazione
di conoscenze distribuite (distribuite knowledge) o condivise da un gruppo di
agenti (common knowledge)[4]. Nelle logiche dei sistemi multiagente, un aspetto
molto interessante è l'introduzione di operatori common knowledge mediante
i quali si esprime il fatto che tutti i membri di un gruppo di agenti sanno qualcosa,
e ciascuno sa anche che tutti gli altri sanno questo, ecc. Vengono introdotti
anche operatori di "conoscenza distribuita", mediante i quali si evidenzia
che gli agenti sanno qualcosa "insieme", cioè una forma di conoscenza
collettiva, o connettiva, come più propriamente, a mio giudizio, la definisce
De Kerckhove. Per facilitare la creazione di questo sfondo condiviso anche
all'interno del Web e ridurre l'anarchia che oggi regna all'interno di esso si
stanno attualmente sviluppando ricerche e applicazioni basate sull'integrazione
dell'uso di un linguaggio di meta-descrizione, come XML, con il cosiddetto Web
semantico. L'idea alla base di quest'ultimo è di fornire una struttura
e un'organizzazione comuni in modo che i dati possano avere significato anche
per i programmi che li gestiscono ed essere così condivisi e riutilizzati
nelle diverse applicazioni. Ciò che si richiede, in sostanza, ai servizi
offerti dal web semantico è di offrire il pezzo mancante per superare l'aspetto
modulare e distribuito, che caratterizza la conoscenza reticolare, e muovere verso
una maggiore integrazione, attraverso il collegamento dei vari servizi e la gestione
della capacità d'informazione da realizzarsi mediante lo sviluppo di vocabolari
comuni e di strutture per i metadati condivise. Non si tratta semplicemente, come
n ell'attuale web, di avere la possibilità in ogni pagina di riferirsi
ad altre pagine, ma di avere URL unici e condivisibili per ogni oggetto, sia reale
sia virtuale, insieme alle appropriate asserzioni di equivalenza fra questi. Ciò
si traduce concretamente nel riconoscimento, da parte delle comunità scientifiche,
dell'esigenza di collegare le diverse risorse e renderle nominabili sul web. Come
si possa andare concretamente verso l'elaborazione e il consolidamento progressivo
di questo sfondo condiviso ce lo mostra l'evoluzione dai primi motori di ricerca,
come Lycoos o Altavista, che stabilivano la gerarchia dei risultati di una ricerca
in base alla ricorrenza delle parole chiave nelle pagine Web, ai motori di ricerca
di seconda generazione, come Google. Questi ultimi operano in base ad un algoritmo
che calcola il risultato di una ricerca usando come informazione la struttura
dei link tra le pagine: se una pagina riceve molti link da altre, allora risale
nella gerarchia dei risultati. Ciò significa spostare il baricentro dell'attenzione
dalla singola parola o frase alla struttura dei link, cioè al sistema delle
relazioni tra questi ultimi, che contiene una grande quantità di informazioni
sulle conoscenze di coloro che utilizzano il Web. L'estrazione di questa conoscenza
implicita dal groviglio dei link tra le pagine Web, oltre a costituire uno dei
risultati scientifici più significativi della ricerca infortmatica degli
ultimi anni, come viene sottolineato da J. Kleinberg [5], recupera un pezzo significativo
di informazione nella fitta rete della nostra cultura e realizza una sorta di
meta-memoria, che influenzerà a sua volta le scelte successive degli utilizzatori,
contribuendo in qualche modo a farle convergere verso obiettivi e punti di vista
comuni e a far quindi emergere, via via, uno sfondo di conoscenze condivise. E
tutto questo, come si può facilmente riscontrare connettendosi al sito
www.news.google.com, in virtù della disponibilità di un algoritmo
che filtra le notizie di tutto il mondo utilizzando sempre l'informazione contenuta
nella struttura dei link da un sito a un altro, vale a dire l'organizzazione dell'informazione
e della conoscenza nel suo complesso. La notizia più "cliccata"
mondialmente risale quindi automaticamente in prima posizione, e ciò non
soltanto (e non tanto) in virtù del suo significato intrinseco, ma spintavi
dal complesso dei "campi di forza" e dei legami reciproci dei link che
partono da altre fonti (altre notizie, altre pagine, altri siti) verso di essa,
e che sono valutate e assunte come una sorta di "valutazione" che queste
altre fonti le assegnano. Siamo dunque di fronte non ad un meccanismo composizionale,
bottom-up, ma, al contrario, a un percorso chiaramente top-down, dove è
il tutto (l'nsieme dei link e l'organizzazione complessiva dell'informazione)
che conferisce significato e valore a ogni singola parte di cui si compone e la
valuta. Lo scopo dell'organizzazione della conoscenza che si può ottenere
attraverso il Web Semantico è dunque quello di agevolare e di rendere più
efficienti e proficui la condivisione della conoscenza e lo scambio di informazioni
e contenuti da parte di agenti intelligenti. Questo scopo appare in sintonia con
il progressivo emergere di un'intelligenza ibrida, naturale/artificiale, all'interno
della quale il flusso della produzione ininterrotta e spontanea di cultura da
parte degli essere umani alimenta di continuo il sapere generato dagli automi,
e quest'ultimo, a sua volta, con il filtraggio automatico dell'informazione e
della conoscenza che produce, condiziona e influenza quella produzione. Questo
processo di crescente co-evoluzione di strategie culturali e cognitive e di sistemi
di knowledge management sta già cambiando profondamente la trasmissione
del sapere, e sempre più è destinato a farlo. Per convincersene
basta dare anche una rapida occhiata al programma educativo "StarLogo"
(www.education.mit.-edu/starlogo), sviluppato all'MIT Media Lab, e rendersi conto
del contributo concreto che esso può dare per familiarizzare gli studenti
con il pensiero distribuito e con i sistemi decentralizzati. In seguito a questi
sviluppi il cardine della razionalità sociale -anche di quella scientifica-
si sta progressivamente spostando dall'intersoggettività, intesa come conseguenza,
in qualche modo spontanea e ineluttabile, della disponibilità di metodi
(il calcolo, l'esperimento) che hanno la proprietà di costringere all'assenso,
e quindi di prendere atto di una verità considerata inoppugnabile, alla
condivisione, che è invece il risultato della ricerca paziente di una convergenza
di approcci, orientamenti e obiettivi tra soggetti, individuali e collettivi,
che partono da premesse e punti di vista il più delle volte eterogenei,
e che quindi è il risultato di un approccio incardinato, come detto, sulla
comunicazione e sul confronto dialogico.
Note
[1] J .L. Borges, Finzioni, Milano, 1974, p. 73. [2] Ibidem,
pp. 76-77. [3] De Kerckhove ha sviluppato questa tematica soprattutto nelle
opere Connected intelligence, del 1997, e The architecture of intelligence, pubblicato
nel 2000. [4] Questi sistemi multimodali sono stati introdotti nel volume di
R. Fagin et alii, Reasoning about Knowledge, MIT, 1996, (in particolare c.f.r.
il cap. 4). [5] J. Kleinberg, "Authoritative Sources in a Hyperlinked
Environnement", Proceedings of the 9th ACM-SIAM Symposium on Discrete Algorithms,
1998. |