giornalediconfine.net

 

Silvano Tagliagambe

Dall'Intersoggettività alla Condivisione:
Conoscenza, Immagine della conoscenza e Organizzazione della conoscenza

 

S. Tagliagambe, Dall'Intersoggettività alla Condivisione: Conoscenza, Immagine della conoscenza e Organizzazione della conoscenza, in "XÁOS. Giornale di confine", Anno IV, N.1 Marzo -Giugno 2005/2006 URL:
http://www.giornalediconfine.net/n_4/7.htm

 

L'aspetto che vorrei trattare, all'interno del tema generale proposto "Comunicazione, Immagine, Verità", è quello del rapporto tra conoscenza, immagine o rappresentazione della conoscenza e organizzazione della conoscenza medesima, che lo sviluppo delle tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione (TIC) stanno facendo emergere in modo sempre più esplicito e diretto.
I contenuti della conoscenza e del sapere che vengono trasmessi sono infatti sempre inseriti all'interno di uni stile di pensiero e di razionalità che ne influenza e condiziona sia l'erogazione, sia la fruizione.
Lo sviluppo delle TIC sta incidendo in modo sempre più determinante su questo intreccio per almeno due aspetti di particolare rilievo:

- " esso sta proponendo e imponendo un nuovo modello di rappresentazione della conoscenza, secondo il quale l'intero sistema dei saperi assomiglia a un patchwork di reti altamente cooperative, non omogenee e distribuite, assemblate da una complicata storia di bricolage che ne fa non un'entità unitaria, ma piuttosto una collezione di processi eterogenea, che può ovviamente essere considerata a più di un livello;
- " esso ci costinge oggi ad assumere sempre maggiore consapevolezza della presenza e dell'incidenza, accanto al livello della rappresentazione della conoscenza, anche di un livello ulteriore, che riguarda l'organizzazione della conoscenza medesima. Infatti uno degli aspetti cruciali che caratterizza l'impatto della cultura tecnologica sulla formazione delle persone è costituito dalla crescente integrazione delle tecnologie nei saperi. Le tecnologie non costituiscono più soltanto un momento prevalentemente (o esclusivamente) applicativo: esse diventano un fondamentale momento costitutivo della conoscenza.

Per quanto riguarda il primo aspetto, la modalità di rappresentazione della conoscenza che si sta imponendo in seguito all'irruzione delle TIC risulta caratterizzata dal seguenti tratti distintivi:

1) la conoscenza non è statica bensì dinamica e sempre incompleta. Essa non può essere vista come un corpus di idee e/o di competenze da acquisire bensì come capacità del soggetto di vederne i limiti, le manchevolezze, le insufficienze, la necessità di approfondimento. Ciò che è centrale non sono quindi le nozioni (quantità) ma la capacità di riflettere su di esse, di analizzarle di criticarle, di adattarle e, soprattutto, di orientarsi all'interno dell'intricato labirinto costituito da un corpus di informazioni e conoscenze che si espande sempre di più e in modo sempre più rapido e all'interno del quale si infittiscono in maniera impressionante le interrelazioni tra le diverse componenti e tra i differenti contenuti;

2) La conoscenza ha rilevanza solo e in quanto si accompagna alla capacità di uso della stessa. Se è così, allora essa deve esprimersi nella capacità di affrontare e risolvere problemi reali. Viene così posta in risalto la dimensione operativa della conoscenza, vale a dire l'esigenza di tenere nella massima considerazione il nesso tra sapere e saper fare, tra le conoscenze acquisite e la capacità di affrontare e risolvere con successo problemi concreti in cui quelle conoscenze siano in qualche modo implicate, e di tradurre quindi le nozioni e i concetti in schemi d'azione e comportamenti pratici. Questa finalità ha un suo preciso significato teorico e una sua specifica dignità culturale, in quanto si inserisce all'interno di quell'orizzonte epistemologico che tende ad assumere, come punto di avvio del processo conoscitivo, non tanto dati certi e inoppugnabili, a partire di quali innescare, ad esempio, il processo di generalizzazione induttiva, o ai quali ancorare le "sensate esperienze", quanto piuttosto problemi. Riferimento obbligato per quanto riguarda questo spostamento di prospettiva è ovviamente Popper, il quale ritiene, com'è noto, che oggetto di studio ed elemento di partenza del percorso che conduce all'acquisizione di una nuova conoscenza sia sempre P, cioè un problema iniziale, al quale l'agente che se ne occupa e che è alla prese con esso risponde cercando di elaborare TT, cioè un tentativo teorico di soluzione, che poi viene sottoposto a controllo continuo tramite EE, cioè procedure di individuazione e di eliminazione dell'errore, che condurranno poi, eventualmente, alla formulazione di un altro problema P2 più avanzato rispetto al precedente. Da questo punto di vista, dunque, operativizzare il sapere significa prestare la dovuta attenzione all'importanza e al valore essenziale che hanno, nell'ambito dei nostri processi conoscitivi, i problemi e la capacità operativa, appunto, di affrontarli e risolverli, che è cosa diversa dalla semplice disponibilità di cognizioni teoriche, il cui possesso costituisce, ovviamente, requisito necessario ma non sufficiente ai fini dell'acquisizione della suddetta capacità.

3) La conoscenza non può essere pensata come l'apprendimento di regole e concetti che descrivono il mondo, al contrario essa è il risultato di un processo di costruzione collettivo, sociale. Pertanto l'unica forma di apprendimento efficace è la partecipazione a tale processo.

Il primo di questi trattii è particolarmente importante, in quanto fa venir meno la metafora del contenitore, cioè che la conoscenza acquisita dai soggetti individuale e collettivi, e dall'umanità nel suo complesso, possa in qualche modo essere accumulata e "stipata" all'interno di un archivio grande quanto si vuole ma dalle dimensioni comunque finite e avente, quindi, confini che lo differenziano in modo netto e definito rispetto a tutto ciò che si trova all'esterno di esso. Questa conoscenza è piuttosto assimilabile al "libro-labirinto" di cui parla Jorge Luis Borges nel racconto Il giardino dei sentieri che si biforcano: "Ts'ui Pên avrà etto qualche volta: 'Mi ritiro a scrivere un libro'. E qualche altra volta: 'Mi ritiro a costruire un labirinto'. Tutti pensarono a due opere: nessuno pensò che libro e labirinto fossero una cosa sola" [1]
Come si fa a costruire un libro-labirinto? Basta pensare a un qualcosa che sia strettamente infinito e senza centro e realizzarlo elaborando una serie infinita di biforcazioni. "In tutte le opere narrative, ogni volta che si è di fronte a diverse alternative, ci si decide per una e si eliminano le altre; in quella del quasi inestricabile Ts'ui Pên, ci si decide- simultaneamente- per tutte. Si creano, così, diversi futuri, diversi tempi, che a loro volta proliferano e si biforcano. Di qui le contraddizioni del romanzo"[2]. Ogni scioglimento diventa così il punto di partenza di nuove alternative, e quindi di nuove biforcazioni: e il testo diviene una rete crescente e vertiginosa di sentieri divergenti, convergenti e paralleli di tempi che s'accostano, si biforcano, si tagliano o s'ignorano per secoli fino a comporre una trama che comprende tutte le possibilità.
Il libro-labirinto, perfetta descrizione ante litteram di Internet, per essere letto e interpretato richiede che si sviluppi una discussione e un confronto in cui sia possibile vagliare tutti gli argomenti a favore e contro le alternative via via proposte: ed è altrettanto ovvio che, affinché la discussione possa aiutare nella ricerca dei suoi più autentici significati e non si presenti come la sterile contrapposizione di posizioni diverse, o addirittura opposte, i partecipanti ad essa devono accordarsi su alcune premesse, da assumere come proposizioni condivise e che possano essere fatte proprie anche da qualsiasi persona competente in materia. In questo modo, a partire da uno sfondo condiviso, si possono sviluppare forme di ragionamento distribuito, in cui la comunicazione svolge un ruolo essenziale .
Da questo punto di vista, e proprio per le caratteristiche e le funzioni fondamentali, di carattere eminentemente sociale, che vengono attribuite al linguaggio, la situazione problematica ideale dalla quale partire per specificarne la natura non è quella della "presa di decisioni" in cui è impegnata una mente riflessiva solitaria, cosciente e razionale, che studia complesse alternative e si vale di tecniche sistematiche di valutazione considerate astrattamente. Occorre invece prendere le mosse da soggetti collettivi, come le comunità e le organizzazioni, considerati come reti di scambi interattivi e di impegni reciproci, fatte principalmente di promesse e richieste che si sviluppano tra i membri che li compongono.
Questo processo, in virtù del quale non solo il linguaggio, ma anche il pensiero si presentano come strumenti interattivi, tesi alla costruzione di uno sfondo il più possibile condiviso tra soggetti che partono da punti di vista magari profondamente diversi, pone problemi nuovi che hanno stimolato più ambiti (filosofia della conoscenza e dell'azione, logica, informatica, economia) a studiare, a partire dagli anni '80, modelli atti a rappresentare l'interazione di più agenti, capaci sia di conoscere, sia di agire. In tali contesti risulta essenziale sviluppare un'articolata strumentazione razionale, che permetta a questi agenti di rappresentare conoscenze, di eseguire inferenze, di applicare diverse modalità comunicative e, infine, di pianificare azioni, in quanto singoli, ma anche in quanto gruppo con i connessi problemi di coordinazione. E' in questo senso ad esempio che vanno le ricerche che Derrick De Kerckhove, allievo ed erede culturale di Marshall McLuhan, dedica a quelle che egli chiama le forme di "intelligenza connettiva" . In seguito a questi sviluppi il pensiero diventa sempre più una forma di connessione e collaborazione tra persone diverse, il risultato di una condivisione con la famiglia, con l'impresa, con gli amici ecc;, cioè un fenomeno di gruppo[3].
L'importanza e l'attualità di questo nuovo filone di ricerca sono oggi confermati dallo sviluppo, nell'ambito della logica formale, di teorie sistemiche per sistemi multiagente -formalmente dei sistemi multimodali, che possono incorporare anche una dimensione temporale- le quali prevedono la possibilità, da parte di ciascun agente, di ragionare sulle proprie conoscenze e su quelle altrui, e permettono l'identificazione di conoscenze distribuite (distribuite knowledge) o condivise da un gruppo di agenti (common knowledge)[4]. Nelle logiche dei sistemi multiagente, un aspetto molto interessante è l'introduzione di operatori common knowledge mediante i quali si esprime il fatto che tutti i membri di un gruppo di agenti sanno qualcosa, e ciascuno sa anche che tutti gli altri sanno questo, ecc. Vengono introdotti anche operatori di "conoscenza distribuita", mediante i quali si evidenzia che gli agenti sanno qualcosa "insieme", cioè una forma di conoscenza collettiva, o connettiva, come più propriamente, a mio giudizio, la definisce De Kerckhove.
Per facilitare la creazione di questo sfondo condiviso anche all'interno del Web e ridurre l'anarchia che oggi regna all'interno di esso si stanno attualmente sviluppando ricerche e applicazioni basate sull'integrazione dell'uso di un linguaggio di meta-descrizione, come XML, con il cosiddetto Web semantico. L'idea alla base di quest'ultimo è di fornire una struttura e un'organizzazione comuni in modo che i dati possano avere significato anche per i programmi che li gestiscono ed essere così condivisi e riutilizzati nelle diverse applicazioni. Ciò che si richiede, in sostanza, ai servizi offerti dal web semantico è di offrire il pezzo mancante per superare l'aspetto modulare e distribuito, che caratterizza la conoscenza reticolare, e muovere verso una maggiore integrazione, attraverso il collegamento dei vari servizi e la gestione della capacità d'informazione da realizzarsi mediante lo sviluppo di vocabolari comuni e di strutture per i metadati condivise. Non si tratta semplicemente, come n ell'attuale web, di avere la possibilità in ogni pagina di riferirsi ad altre pagine, ma di avere URL unici e condivisibili per ogni oggetto, sia reale sia virtuale, insieme alle appropriate asserzioni di equivalenza fra questi. Ciò si traduce concretamente nel riconoscimento, da parte delle comunità scientifiche, dell'esigenza di collegare le diverse risorse e renderle nominabili sul web.
Come si possa andare concretamente verso l'elaborazione e il consolidamento progressivo di questo sfondo condiviso ce lo mostra l'evoluzione dai primi motori di ricerca, come Lycoos o Altavista, che stabilivano la gerarchia dei risultati di una ricerca in base alla ricorrenza delle parole chiave nelle pagine Web, ai motori di ricerca di seconda generazione, come Google. Questi ultimi operano in base ad un algoritmo che calcola il risultato di una ricerca usando come informazione la struttura dei link tra le pagine: se una pagina riceve molti link da altre, allora risale nella gerarchia dei risultati. Ciò significa spostare il baricentro dell'attenzione dalla singola parola o frase alla struttura dei link, cioè al sistema delle relazioni tra questi ultimi, che contiene una grande quantità di informazioni sulle conoscenze di coloro che utilizzano il Web. L'estrazione di questa conoscenza implicita dal groviglio dei link tra le pagine Web, oltre a costituire uno dei risultati scientifici più significativi della ricerca infortmatica degli ultimi anni, come viene sottolineato da J. Kleinberg [5], recupera un pezzo significativo di informazione nella fitta rete della nostra cultura e realizza una sorta di meta-memoria, che influenzerà a sua volta le scelte successive degli utilizzatori, contribuendo in qualche modo a farle convergere verso obiettivi e punti di vista comuni e a far quindi emergere, via via, uno sfondo di conoscenze condivise. E tutto questo, come si può facilmente riscontrare connettendosi al sito www.news.google.com, in virtù della disponibilità di un algoritmo che filtra le notizie di tutto il mondo utilizzando sempre l'informazione contenuta nella struttura dei link da un sito a un altro, vale a dire l'organizzazione dell'informazione e della conoscenza nel suo complesso. La notizia più "cliccata" mondialmente risale quindi automaticamente in prima posizione, e ciò non soltanto (e non tanto) in virtù del suo significato intrinseco, ma spintavi dal complesso dei "campi di forza" e dei legami reciproci dei link che partono da altre fonti (altre notizie, altre pagine, altri siti) verso di essa, e che sono valutate e assunte come una sorta di "valutazione" che queste altre fonti le assegnano. Siamo dunque di fronte non ad un meccanismo composizionale, bottom-up, ma, al contrario, a un percorso chiaramente top-down, dove è il tutto (l'nsieme dei link e l'organizzazione complessiva dell'informazione) che conferisce significato e valore a ogni singola parte di cui si compone e la valuta.
Lo scopo dell'organizzazione della conoscenza che si può ottenere attraverso il Web Semantico è dunque quello di agevolare e di rendere più efficienti e proficui la condivisione della conoscenza e lo scambio di informazioni e contenuti da parte di agenti intelligenti. Questo scopo appare in sintonia con il progressivo emergere di un'intelligenza ibrida, naturale/artificiale, all'interno della quale il flusso della produzione ininterrotta e spontanea di cultura da parte degli essere umani alimenta di continuo il sapere generato dagli automi, e quest'ultimo, a sua volta, con il filtraggio automatico dell'informazione e della conoscenza che produce, condiziona e influenza quella produzione.
Questo processo di crescente co-evoluzione di strategie culturali e cognitive e di sistemi di knowledge management sta già cambiando profondamente la trasmissione del sapere, e sempre più è destinato a farlo. Per convincersene basta dare anche una rapida occhiata al programma educativo "StarLogo" (www.education.mit.-edu/starlogo), sviluppato all'MIT Media Lab, e rendersi conto del contributo concreto che esso può dare per familiarizzare gli studenti con il pensiero distribuito e con i sistemi decentralizzati.
In seguito a questi sviluppi il cardine della razionalità sociale -anche di quella scientifica- si sta progressivamente spostando dall'intersoggettività, intesa come conseguenza, in qualche modo spontanea e ineluttabile, della disponibilità di metodi (il calcolo, l'esperimento) che hanno la proprietà di costringere all'assenso, e quindi di prendere atto di una verità considerata inoppugnabile, alla condivisione, che è invece il risultato della ricerca paziente di una convergenza di approcci, orientamenti e obiettivi tra soggetti, individuali e collettivi, che partono da premesse e punti di vista il più delle volte eterogenei, e che quindi è il risultato di un approccio incardinato, come detto, sulla comunicazione e sul confronto dialogico.


Note

[1] J .L. Borges, Finzioni, Milano, 1974, p. 73.
[2] Ibidem, pp. 76-77.
[3] De Kerckhove ha sviluppato questa tematica soprattutto nelle opere Connected intelligence, del 1997, e The architecture of intelligence, pubblicato nel 2000.
[4] Questi sistemi multimodali sono stati introdotti nel volume di R. Fagin et alii, Reasoning about Knowledge, MIT, 1996, (in particolare c.f.r. il cap. 4).
[5] J. Kleinberg, "Authoritative Sources in a Hyperlinked Environnement", Proceedings of the 9th ACM-SIAM Symposium on Discrete Algorithms, 1998.