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ARCHIVIO. | SPAZIDELCONTEMPORANEO

COMUNICAZIONE, IMMAGINE, VERITA'
L'attualità di un archivio.

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MA TU ... DOVE ABITI?
In un mondo comunicato che ne è della verità?

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ARCHIVIO. SPAZIDELCONTEMPORANEO | COMUNICAZIONE IMMAGINE VERITA'

FILOSOFIA, ARTE, COMUNICAZIONE


Massimo Donà

(...) là dove verità e menzogna sembrano sempre più pericolosamente equivalersi, là dove persuasione e retorica ormai si confondono, là dove l'immagine s'è rivelata un mezzo potentissimo di persuasione occulta, v'è ancora spazio per un'immagine 'di verità', ossia per la verità dell'immagine ?

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ARCHIVIO. SPAZIDELCONTEMPORANEO | COMUNICAZIONE IMMAGINE VERITA'

DA NICEA A SEHAVEN. LA VERITA' DELL'IMMAGINE


Andrea Tagliapietra

(...) solo dopo Nicea diviene effettivamente concepibile quell'immensa galleria di immagini, segni e figure che risponde al nome di arte occidentale: da Michelangelo a Renoir, da Giotto a Bacon, da Piero della Francesca a Mondrian. Ma non solo, con Nicea si compie il passo decisivo, che porterà al trionfo contemporaneo della cosiddetta civiltà dell'immagine, a Hollywood, a Internet, al mondo virtuale del cyberspazio. "La verità non è venuta nuda in questo mondo, ma in simboli e immagini", recitavano le parole di un antico vangelo gnostico. Tuttavia, con Nicea, l'immagine non è solo un vestito della verità, ma diviene, nonostante Platone e nonostante l'interdetto anti-idolatrico del libro biblico dell'"Esodo", l'epifania stessa della verità. Dopo Nicea la verità è, cioè, una questione che si consuma all'interno dell'orizzonte del visibile, giocando non più con la negazione, bensì con l'iperbole del vedere. ?

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ABITARE SPAZI; ...
in corso di allestimento

 

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L'IMMAGINE è sempre fuori tempo massimo

Vediamo in essa epifanie e rivelazioni, ma quando arriviamo a vederla (ovvero: subito) è già ultimatum, biglietto di solo ritorno che non ci dice nulla su chi o cosa mai fosse arrivato al luogo di provenienza. Le mutazioni dell’immagine nel tempo non dicono nulla salvo illuderci malinconicamente e rovinosamente del pur rovinoso consistere di esso.
La malinconia estrema sta infine proprio nel loro dir nulla.

Non si sa se l’immagine sia il sogno della cosa o la cosa il sogno dell’immagine

Che sia la farfalla o il filosofo, a non saperlo, poco importa.

enrico ghezzi, "a p o f a n i e: resistenza dell’immagine ", (spazidelcontemporaneo 2004, Comunicazione Immagine Verità)



L'ARCHIVIO. SPAZIDELCONTEMPORANEO
MITO E SCIENZA:
due modi di comunicare l'indicibile

Abitualmente si contrappone il mythos al logos, o si pensa che la razionalità filosofica o scientifica liquidi definitivamente il patrimonio delle antiche mitologie.
Invece, non diversamente dalla Fenice, il mito rinasce sempre dalle proprie ceneri e si trasforma a confronto con le conquiste dell’impresa tecnico-scientifica, come dimostrano il Prometeo di Mary Shelley o l’Ulisse di James Joyce.


Giulio Giorello, "Mito e Scienza: due modi di comunicare l’indicibile", (spazidelcontemporaneo 2004, Comunicazione Immagine Verità)


L'ARCHIVIO. SPAZIDELCONTEMPORANEO

LA VERITA'
fra esser e dover-essere

Largamente egemone nella filosofia continentale (ma in via di affermazione crescente anche in quella anglosassone) è la posizione “ermeneutica” che coniuga e modula in vario modo la tesi di Nietzsche secondo cui il mondo è ormai diventato favola e quella di Heidegger secondo cui la filosofia deve risalire al pensiero “originario” di una verità che sempre si dà, contemporaneamente, come velamento e svelamento. Di modo che non avremmo ormai più “verità” in nessuno dei sensi correnti del termine (e meno che mai nel senso della scienza sperimentale o della logica), e gli stessi fatti (compresi e in primo luogo quelli che Hannah Arendt rivendicava come “modeste verità di fatto”) altro non sarebbero che interpretazioni (e interpretazioni di interpretazioni, eventualmente, in una “mise en abime” vertiginoso e senza fine). Ma tale convinzione costituisce “essenzialmente” solo la variante ultra-metafisica del tradizionale rifiuto metafisico di sottrarre il dover-essere (e la sua “logica”) al dominio dell’essere e della verità di questo: e dunque fallisce proprio nella pretesa che più gli sta a cuore, di costituire “oltrepassamento” della metafisica (...)

Paolo Flores D'Arcais, "La verità fra essere e dover-essere", (spazidelcontemporaneo 2004, Comunicazione Immagine Verità)


 
 

 

PHONÈ KAÌ SCHÊMA
Dal gesto vocale alla verità della comunicazione

1. È opinione diffusa che la comunicazione abbia a suo fondamento la comunità.

Si sosterrà l'opposta tesi che è la comunicazione che fonda la comunità.

Ed inoltre che la "prima" comunicazione non è affatto intenzionale.

2. All'origine del linguaggio è la scrittura del corpo, il gesto che è insieme figura e suono (phonè kaì schêma). Ma il gesto vocale produce l'immagine, tracciandola - l'esibisce, non la "crea": l'immagine vive oltre il gesto, seguendo una sua autonoma "logica". La logica dell'immagine, o logica del corpo, è l'Estetica trascendentale che
fonda l'iconologia della mente, la "verità dell'immagine".

3. Verità è solo l'immagine, l'icono-logia, "idea", o al di là di questa, verità dice altro, accenna ad altro? E a che propriamente?

Vincenzo Vitiello, "Phonè kaì schêma, dal gesto vocale alla verità della comunicazione", (spazidelcontemporaneo)


CITTÀ E SCRITTURA

Cosa significa abitare “poeticamente”, o filosoficamente, il mondo? .

di Giulio Giorello

La forma della città è la risposta alla domanda

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ABITARE L'ARTE

L'arte è ancora una forma dell' “essere al mondo” e l'essere abita tuttora il linguaggio delle cose e degli uomini ?

di Toni Toniato

(...) In questi ultimi decenni l'arte ha rappresentato addirittura i luoghi fisici dell'abitare (casa, strada, città) quali “oggetti” del proprio linguaggio. Perciò tale realtà – relativa al ‘cosa' e al ‘come' abitare – è divenuta per tanti aspetti il repertorio ormai privilegiato delle nuove produzioni artistiche.


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ESSERE, ABITARE, COSTRUIRE, VEDERE
Non si può essere al mondo senza abitare. Si abita non meno di quanto si sia.

di Sebastiano Ghisu

L’abitare rappresenta una delle relazioni fondamentali che gli uomini intrattengono con il mondo e il mondo con gli uomini. Troppo spesso lo si è dimenticato. È bene allora chiederci: che cosa significa abitare?
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ABITARE IL LINGUAGGIO
Il linguaggio è una pratica familiare che si abita.

di Aldo Giorgio Gargani

(...) l’atmosfera particolare dei presunti processi mentali occulti che spiegherebbero mitologicamente il linguaggio, vengono ricondotti al fenomeno della familiarità, ossia al linguaggio come forma di vita che noi abitiamo.

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ABITARE LO SPAZIO LIQUIDO
DELL'
ARCHITETTURA

Viviamo sempre più in una realtà di confine, che è il risultato della convergenza, dell'interazione e del nesso ormai indissolubile tra spazio fisico e spazio virtuale.

di Silvano Tagliagambe


Che lo si voglia o no, che lo si comprenda o meno, il nostro modo di abitare lo spazio è sempre più condizionato e modificato dalla presenza ormai determinante nella nostra cultura del ciberspazio.

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ABITARE
LA
(mia)

SCRITTURA

Dove abitano i personaggi dei miei libri e dei libri che amo?

di Roberto Ferrucci

Come e dove si muovono dentro lo spazio circoscritto della pagina? Quali e quanti luoghi attraversano insieme a me, fittizi o reali, dove e come si spostano, come e cosa guardano. Abitano al contempo luoghi e spazi e ci si muovono circospetti, credo. Ma alla fine, insieme a me, non fanno che abitare in un unico luogo, quello della scrittura.

   
 

 

Xáos Giornale di confine
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NOTE DA ARCHIVIO
Reg. Tribunale di Sassari n. 381/2001 - 08/05/2001

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